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L'euro: arma in più dell'Europa per rispondere alla Russia

Alberto Chiumento

Senza la moneta unica le sanzioni sarebbero state più sterili e l’inflazione sarebbe stata peggiore per molti paesi, tra cui l’Italia

Mentre il governo russo cerca affannosamente di proteggere il valore della propria valuta, imponendo il pagamento in rubli dei beni energetici che esporta, l’euro si sta dimostrando un potentissimo strumento a disposizione dell’Europa per contrastare l’aggressività russa. I governi degli stati europei hanno potuto opporsi in modo collettivo alle richieste di Putin di pagare in rubli perché protetti dalla condivisione di una rispettata valuta unica, gestita da una banca centrale che non risente di influenze politiche. In questa nuova circostanza di guerra, l’euro non solo ha agito come scudo alle pretese russe, ma anche come strumento di contrattacco, favorendo una risposta rapida e decisa in attesa che si trovi il modo per rinunciare completamente alle forniture energetiche russe.

 

È quindi interessante chiedersi cosa sarebbe successo se ogni paese dell’Eurozona si fosse trovato ad affrontare l’invasione russa e le richieste di Putin con la propria moneta nazionale, senza poter contare sulla forza garantita dall’euro.

 

I maggiori problemi di coordinamento internazionale avrebbero reso più sterili le sanzioni, ma soprattutto ci sarebbero state drastiche ricadute di tipo monetario sugli stessi paesi europei, secondo Angelo Baglioni, professore ordinario di economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. “Prima della creazione dell’euro, nessuna delle valute nazionali europee poteva ambire ad avere un ruolo internazionale al pari di quello che ha adesso l’euro. Anche solo paragonarle al dollaro era impensabile. Nemmeno il marco tedesco, che era la valuta più forte, poteva aspirare a tanto”. La presenza dell’euro ha garantito tre elementi fondamentali sia per rispondere alla Russia, sia per evitare problemi economici nei singoli stati.

 

Il primo è il ruolo di valuta globale raggiunto dall’euro. “In soli due decenni, esso è diventato la seconda valuta al mondo – dietro al dollaro – sia come strumento negli scambi internazionali, sia come valuta di riserva, cioè come moneta usata dalle varie banche centrali per detenere le riserve in valuta estera. Questo ha conferito solidità e robustezza alla risposta dell’Europa, che ha potuto pretendere di pagare in euro e non in rubli perché fa riferimento alla seconda valuta più potente al mondo”, dice Baglioni.

 

A questo è strettamente legato il secondo elemento, quello dei sistemi di pagamento. Senza il ruolo assunto dall’euro, il sistema di pagamento internazionale Swift non sarebbe così dominante e incisivo come arma di sanzione. L’esclusione di molte banche russe da Swift ha fatto emergere che i sistemi di pagamento alternativi, creati da Cina e Russia, non sono in grado si sostituire quello occidentale. “Questi non sono riusciti a erodere significative quote di mercato a Swift, confermando la sua centralità e indicando che l’euro e il dollaro restano le valute dominanti”.

 

Il terzo aspetto per Baglioni “è probabilmente il più importante e riguarda il rapporto tra politica monetaria e inflazione”. La Banca Centrale europea ha “un mandato molto preciso, che mette al primo posto la stabilità dei prezzi. In pochi anni ha raggiunto una credibilità antinflazionistica che contribuisce a tenere base le aspettative inflazionistiche e sotto controllo i prezzi. Questo asset, che non è scontato per una banca centrale, permette di pensare che la spirale prezzi-salari non si stia creando al momento. O comunque è molto minore di quanto sarebbe stato se ogni paese avesse ancora una valuta nazionale benchè a marzo l’eurozona abbia raggiunto un livello record di inflazione (+7,5% annuo).”

 

L’ombrello di protezione inflazionistica è particolare importante proprio per l’Italia, che ai tempi della lira ricadeva spesso nella spirale prezzi-salari. “Negli anni ’70, gli shock energetici hanno portato l’inflazione italiana oltre il 20 per cento perché da soli non eravamo capaci di tenere il livello dei prezzi sotto controllo. L’aumento attuale dei prezzi dell’energia e dei beni alimentari, intensificato anche dalla guerra, ha un’intensità maggiore rispetto agli anni ’70: ma il livello di inflazione non è nemmeno paragonabile perché abbiamo l’euro, che in appena 20 anni di esistenza ci ha fatto dimenticare degli effetti disastrosi dell’inflazione.

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