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Solo Salvini vede nella riforma fiscale e del catasto un aumento delle tasse
Lega e Forza Italia hanno paura che gli interventi economici del governo (di cui fanno parte) portino a un aumento della pressione fiscale. Ecco perché non è così
La maggioranza che sostiene il governo Draghi si sta accartocciando su sé stessa sulla riforma fiscale. Il problema è il più vecchio di tutti: la paura di nuove tasse. Si era capito da tempo che il fisco sarebbe stato il terreno di scontro capace di disintegrare il già debole sostegno dei partiti politici all’esecutivo. La guerra in Ucraina ha probabilmente solo ritardato lo scontro.
Lega e Forza Italia infatti stanno facendo marcia indietro sulla riforma del fisco, approvata dai ministri nell’ottobre del 2021. Secondo una nota della Lega "al momento non ci sono le condizioni per approvare la delega". La preoccupazione è sempre la stessa: che la riforma porti a un rialzo delle tasse. Secondo Matteo Salvini "nel provvedimento c’è scritto che si ipotizza un aumento col sistema duale sui Bot, sui titoli di Stato, sulla cedolare secca sugli affitti. E con la riforma del catasto evidentemente se aumenta il valore di una casa aumentano le tasse che i cittadini pagano sulla casa e ci sono ripercussioni sull’Isee, sui contributi pubblici e sul portafoglio delle famiglie. Ci sono la guerra e la pandemia ancora in corso, ipotizzare aumenti di tasse non è assolutamente immaginabile".
E allora andiamo a leggerla questa proposta di riforma fiscale, per capire dove si nasconderebbero questi aumenti surrettizi delle tasse. Sul sito della Camera è disponibile solo la versione approvata dal Consiglio dei ministri e inviata al Parlamento il 29 ottobre scorso. Online sui siti specializzati è però disponibile anche la bozza frutto dell’ultima mediazione tentata dal governo in Commissione Finanze, alla fine saltata. All’articolo 10, quello relativo alle disposizioni finanziarie che specifica le coperture del provvedimento, nella versione più recente è stata aggiunta la seguente frase: "Non deve derivare un incremento della pressione tributaria rispetto a quella derivate dall’applicazione della legislazione vigente". Nessun aumento di gettito insomma, una riforma a costo zero per i contribuenti, almeno in media.
Per quanto riguarda invece la riforma del catasto, la questione è ancora più semplice. La proposta di legge delega prevede all’articolo 6 che si provveda a una nuova rilevazione catastale per aggiornare le informazioni sugli immobili e sul loro reale valore, in molti casi oggi ormai datate. Anche qui la narrazione di Matteo Salvini sul governo-che-mette-le-mani-nelle-tasche-degli-italiani si scontra con la realtà. Primo perché la revisione del catasto sarebbe "disponibile a decorrere dal primo gennaio 2026". Quindi le novità, se ci saranno, non arriveranno in tempi di guerra e/o di pandemia. Almeno, speriamo. Secondo perché anche l’articolo 6 prevede che in fondo non cambierà nulla: "Non si ascrivono effetti di natura finanziaria sul lato delle entrate, stante la prevista invarianza della base imponibile dei tributi, la cui determinazione continuerà a fondarsi sulle risultanze catastali vigente". Fuori di legalese, non sono previste maggiori entrate né cambiamenti delle basi imponibili su cui i proprietari di casa pagano le imposte. Tanto che la riforma è stata aspramente criticata da tutti quelli che ritengono invece necessario un aggiornamento del catasto per ridurre le disuguaglianze e il disallineamento dai valori reali venutisi a creare nel tempo, che svantaggiano in particolare i proprietari di immobili nelle aree interne del Sud Italia che pagano più di quanto dovrebbero.
Sulla tassazione sul risparmio la questione è leggermente più complessa, per quanto l’esito sia lo stesso. Salvini fa riferimento alla nuova formulazione dell’articolo 2, che prevede la semplificazione del sistema riducendo a due le aliquote proporzionali (che cioè non crescono all’aumentare del reddito) per i redditi derivanti dall’impiego del capitale, anche nel mercato immobiliare. Oggi le aliquote sono decisamente di più: c’è quella al 43 per cento che si applica sugli introiti degli affitti di negozi e capannoni, al 26 per cento sulle rendite finanziarie, al 21 per l’affitto di un appartamento, al 20 per i rendimenti del risparmio postale e previdenziale, al 12,5 per i buoni del tesoro. Troppe aliquote diverse secondo i ministri (anche leghisti) che hanno approvato il disegno di legge: meglio alleggerirle, per ridurre le distorsioni sul risparmio degli italiani (che così potrebbero decidere di investire i propri soldi solo sulla base del rendimento atteso e non sui trattamenti, di favore o meno, riservati dall’Agenzia delle Entrate) e le disparità del sistema (perché chi affitta un negozio deve pagare il doppio delle tasse di chi mette in locazione una casa?). Nella legge delega non sono specificate le percentuali a cui si attesterebbero le nuove aliquote, né a quali redditi verrebbero applicate. Ma tanto basta per far urlare Matteo Salvini e la Lega tutta al rialzo delle tasse. Strano ma vero, visto che la Lega siede in Consiglio dei ministri, da cui dovrà passare il decreto legislativo che definirà per iscritto il nuovo sistema fiscale sul risparmio degli italiani.