L'India non è l'Europa, le sanzioni sul petrolio faranno male a Putin
Logistica, aumento dei prezzi e geopolitica: perché per Mosca fare a meno del mercato europeo sarà un duro colpo al bilancio dello stato
La strada verso l’embargo europeo del petrolio russo è tracciata. Martedì il ministro tedesco dell'Economia e del Clima Robert Habeck ha detto che la Germania è vicinissima all’indipendenza dal petrolio russo e che un embargo “è diventato gestibile”. Tolte le obiezioni di Berlino, la possibilità che il sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione europea colpisca il settore è quasi una certezza. Le sanzioni sull’export petrolifero colpiranno duramente la capacità di resistenza dell’economia russa e per scongiurarne gli effetti Vladimir Putin ha promesso di dirottare le esportazioni verso nuovi mercati per sostituire i paesi “ostili”, ma per il Cremlino sarà impossibile mantenere la promessa.
Il mercato europeo è fondamentale per la Russia: circa il 60 per cento delle esportazioni di petrolio russo va ai paesi europei dell’Ocse e un altro 20 per cento alla Cina (dati Iea - Agenzia internazionale dell’energia). Nonostante alcuni paesi abbiano già iniziato a ridurre o rifiutare il petrolio russo finora l’impatto è stato poco evidente, le spedizioni sono diminuite ma non c’è stato un crollo. Il principale dei nuovi clienti è l’India, che pur essendo un grandissimo consumatore di petrolio non ha la Russia tra i suoi fornitori principali – nel 2021 il petrolio russo rappresentava solo il 2 per cento del totale importato.
L’eccezionalità della guerra, la scelta di Nuova Delhi di non allinearsi alle sanzioni dell’Occidente e soprattutto l’offerta a prezzi fortemente scontati (anche del 30 per cento) ha fatto aumentare la domanda, ma le condizioni stanno cambiando. In primo luogo c’è un limite alla disponibilità indiana. L’aumento delle importazioni dalla Russia sostituisce gli acquisti dai paesi del Medio Oriente, e sia il governo sia gli acquirenti privati non vogliono danneggiare le relazioni con i loro fornitori tradizionali, più vicini e affidabili. In secondo luogo, a minare la possibilità che l’India diventi il grande consumatore del petrolio russo c’è l’intensificarsi delle relazioni con l’Occidente, che ha molto da offrire anche in funzione di quelli che saranno i nuovi equilibri globali dopo la guerra.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier indiano Narendra Modi hanno annunciato una nuova alleanza bilaterale su commercio, tecnologia e sicurezza. Mentre il Regno Unito sta cercando di aumentare le sue esportazioni militari nel paese per ridurre la dipendenza delle forze armate indiane dagli armamenti russi. Probabilmente l’India non arriverà mai a sanzionare direttamente la Russia, ma non diventerà un mercato di sbocco a disposizione di Putin.
Inoltre, a limitare la trasformazione del mercato del petrolio russo c’è la geografia. L’aumento dei flussi di carico dai porti della Russia occidentale verso l’India e la Cina, compensati da maggiori flussi di greggio dal Medio Oriente verso l’Europa, metterà a dura prova la disponibilità di navi petroliere. Secondo i dati di Bloomberg, i carichi che partono dai terminal russi nel Baltico ci mettono neanche due giorni per arrivare in Finlandia, Lituania e Polonia e una settimana per raggiungere la Germania e i Paesi Bassi. Invece per raggiungere la costa occidentale dell’India ci vuole un mese, periodo che aumenta di altre settimane se il carico deve attraccare in un porto della costa orientale del subcontinente indiano.
Le maggiori distanze da coprire occupano le navi per un periodo maggiore di tempo per ogni consegna, riducendone la disponibilità. La geografia del mercato petrolifero russo post-invasione richiede almeno cinque/sei volte il numero di petroliere attualmente utilizzate, un aumento della domanda che porterà a una saturazione del mercato e farà aumentare i prezzi. Tutto questo sempre che si trovino armatori disposti a lavorare con le società russe sottoposte a sanzioni, cosa che le più importanti compagnie di logistica da tempo si rifiutano di fare.
Nel 2021 i prodotti petroliferi costituivano più di un terzo dei ricavi dalle esportazioni totali della Russia. Anche se l’Ue non dovesse riuscire a introdurre un embargo completo, il colpo al bilancio pubblico della Federazione Russa sarà notevole.