I mercati reagiscono male al rialzo dei tassi delle banche centrali
Il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi ha superato i 200 punti base, il Nasdaq ha registrato un calo del 5 per cento. Le decisioni della Fed e le altre si riflettono sulle Borse. L'inflazione continua a far paura
Lo spread, il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi ha superato i 200 punti base: è la prima volta dal 2020, quando, però, eravamo in piena pandemia e la stabilità finanziaria dell’Italia era a rischio. Oggi le cause sono quasi tutte esterne al nostro paese e da ricondurre all’atteggiamento sempre più aggressivo delle Banche centrali nel contrastare il ritorno dell’inflazione. Oltre alla Fed, che il 4 aprile ha operato un rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base, anche la Banca d’Inghilterra, la Banca nazionale della Repubblica Ceca e quella polacca hanno aumentato i tassi, rispettivamente di 25, 75 e 75 punti base.
Queste manovre monetarie hanno turbato i mercati. In particolare, a Wall Street ieri è stato il giorno peggiore di questo 2022. Il Nasdaq ha registrato un calo del 5 per cento, il più grande in un giorno da giugno 2020 e la maggiore inversione a U dall'inizio della pandemia. Non solo, il Dow Jones ha perso il 2,99 per cento e lo S&P 500 ha lasciato sul terreno il 3,36 per cento. L’iniziale euforia dei mercati, che ha fatto seguito alle ultime decisioni di Jerome Powell, presidente della Fed, si è rivelata soltanto temporanea. Il rischio primario è che i rialzi si rivelino insufficienti, rendendo necessarie misure più aggressive in un futuro prossimo. Al contrario, se l’aumento si rivelasse troppo aggressivo potrebbe manifestarsi un brusco rallentamento della crescita che porterebbe allo scenario maggiormente temuto dagli analisti: la stagflazione.
Intanto la Bce non ha ancora operato alcun rialzo dei tassi di interesse ma stanno crescendo le richieste e le possibilità che un aumento si concretizzi a luglio. Il capo economista della Bce Philip Lane e il membro del consiglio esecutivo Fabio Panetta si sono detti aperti a un aumento nei prossimi mesi, anche se lo stesso Panetta, in un’intervista di ieri alla Stampa ha segnalato che sarebbe “imprudente muoversi senza aver visto i dati del secondo trimestre e discutere misure ulteriori senza una piena comprensione dell’evoluzione dell’economia nei mesi successivi”, gettando acqua sul fuoco delle crescenti attese.
Il tasso sui depositi è ancora in negativo e la normalizzazione significherebbe il ritorno a un tasso neutrale, in terreno positivo. Risulta quasi inevitabile, quindi, una manovra monetaria di questo tipo nei prossimi mesi, resta solo da capire come reagiranno le economie europee e soprattutto quella italiana, che deve sostenere il macigno di un debito pubblico al 150 per cento del pil.