Cari sovranisti, sveglia: l'embargo dovrebbe essere una vostra battaglia
Se l'Europa smettesse di compare il gas di Mosca ci sarebbe solo un'alternativa da cui rimediare 130 miliardi di metri cubi all'anno di metano: il Mediterraneo e attraverso di esso l'Africa. Un'opportunità incredibile per l'Italia
Se noi italiani fossimo davvero furbi come a volte amiamo descriverci, ci staremmo fregando le mani al solo pensiero che l’Europa chiuda il rubinetto a Putin. Da un giorno all’altro la rotta artica del metano cadrebbe in disuso, e il vecchio continente sarebbe costretto a rifornirsi dal Mediterraneo. Lo Stivale, da estrema periferia dei flussi del metano, ne diventerebbe la porta d’ingresso. Un capovolgimento epocale, che da soli non saremmo riusciti a ottenere nemmeno con decenni di politica energetica (ammesso che ci avessimo provato). Ancora tre mesi fa, l’imminente apertura del gasdotto Nord Stream 2 rischiava di incatenare ancora più strettamente l’Europa all’Artico per gli approvvigionamenti di metano: un punto di non ritorno che avrebbe reso definitiva la marginalità dell’Italia.
Un solo dato: nei dodici anni dal 2008 al 2019 non c’era stato neanche un mese in cui l’Italia avesse pagato il gas meno di Germania, Danimarca, Regno Unito e Benelux. C’erano stati appena 30 mesi in cui l’Italia aveva pagato il gas meno della Francia. Nel 2021, anno della ripresa dal Covid, la situazione era sempre quella. Difficile immaginare che ciò non influisse per niente sulle magre performance dell’economia italiana rispetto alle altre. Il Nord Stream 2, insomma, sarebbe stato la pietra tombale sulla competitività delle nostre aziende e sui conti delle nostre famiglie, ed era già in dirittura d’arrivo, ostacolato soltanto dalle grida di qualche ambientalista e dai cavilli di qualche burocrate… quando la bestiale e sanguinaria invasione dell’Ucraina ha cambiato del tutto lo scenario. Non solo il fatidico gasdotto non è entrato in funzione, ma ormai si discute di un embargo completo contro il gas di Mosca. L’Europarlamento, per quel che può valere, ha votato una risoluzione a favore del blocco totale immediato. E dunque la domanda sorge spontanea: che cosa aspetta l’Italia a mettersi a capo della crociata? C’è solo un posto, infatti, dove l’Europa potrà rimediare 130 miliardi di metri cubi all’anno in sostituzione di quelli russi: il Mediterraneo – e, attraverso di esso, l’Africa.
Le aziende italiane partecipano già alla gestione dei giacimenti in Israele, Cipro, Egitto, Algeria, Nigeria, Congo e Mozambico. Basterebbero le riserve scoperte a largo dei primi due paesi, democratici e amici, per alimentare l’Europa fino al 2030. E il prezzo più basso, a quel punto, lo pagheremmo noi italiani. Certo, dopo anni di complesso d’inferiorità fatichiamo a immaginarci come mazzieri del tavolo da gioco, dotati di un vantaggio competitivo rispetto ai tedeschi o agli olandesi. Lo percepiremmo come un fatto innaturale, forse persino ingiusto. I nostri stessi sovranisti hanno un disperato bisogno che la posizione svantaggiata dell’Italia rispetto alla Germania resti uno stato di cose irreversibile del quale potersi lamentare all’infinito. E non a caso, invece di invocare a gran voce il blocco del metano artico e la rivincita storica del Mediterraneo, si rannicchiano in un cantuccio a fare i paladini dell’uovo oggi: “Le sanzioni ci affamano!” “E le imprese che chiuderanno?” “E i posti di lavoro che si perderanno?” “Che importa ai politici se la gente non arriva a fine mese? Tanto loro prendono 15.000 euro” è il meglio che sanno dire. Certo, a nessuno fa piacere un inverno di sacrifici, ma i sedicenti difensori dell’interesse nazionale (tanto più se abituati a una retorica fascistoide, anti-consumista e pro-servizio militare) dovrebbero andare in sollucchero di fronte alla promessa di una lunga primavera di gas a basso prezzo conquistata con quel sacrificio. Ma tant’è. Peraltro, la crisi climatica e la transizione verde non sono scomparse con la guerra in Ucraina. Fra non molto, l’infrastruttura che oggi trasporta il metano diventerà quella che trasporterà l’idrogeno. E per produrre idrogeno verde, ossia da fonti rinnovabili, il Mediterraneo è messo un po’ meglio rispetto all’Artico. Davvero vale la pena di restare attaccati al carro (armato) di Putin?