L'accordo
Uber firma la pace con i tassisti italiani. Due servizi, un'unica app
Basta scioperi e proteste: da nemici i due sono diventati partner commerciali. I 12 mila taxi italiani guadagneranno più corse e i clienti della piattaforma americana un servizio in più
Fine delle barricate e degli scioperi, da oggi anche gli striscioni possono essere messi in soffitta. Alla fine l’americana Uber è scesa a patti con i tassisti italiani. L’armistizio è stato siglato ieri a Roma, città simbolo della lunga battaglia ma anche della futura collaborazione che parte proprio da qui prima di raggiungere Milano, Napoli e pian piano il resto del paese. “Per i tassisti Uber era quasi una parolaccia, il nemico più ostile della categoria”, dice al Foglio Loreno Bittarelli, attivissimo presidente di ItTaxi e di altre associazioni di settore, nel giorno in cui il suo consorzio ha firmato un accordo con la compagnia americana. “Oggi che abbiamo trovato un punto di equilibrio, i colleghi si rendono conto dell’opportunità e c’è grande soddisfazione”.
Con il Colosseo sullo sfondo, ieri c’erano Bittarelli e l’amministratore delegato di Uber, Dara Khosrowshahi, a firmare la collaborazione commerciale che permetterà di integrare su un’unica app i due servizi. “Per noi è un modo di estendere la copertura nel paese”, spiega Lorenzo Pireddu, general manager di Uber Italia, parlando con il Foglio. Nella dote che la piattaforma italiana porta ci sono infatti più di 12 mila taxi operativi in poco più di 90 città, di cui 3.700 solo a Roma. I numeri della rete italiana degli autisti invece “non possono essere condivisi”, dicono da Uber, “ma si parla nell’ordine delle migliaia”. Uber Black, il servizio di noleggio con conducente, è presente in sette città – Milano, Roma, Torino, Firenze e Bologna, Catania e Palermo – mentre Uber Taxi a Napoli e Torino.
Il principio dell’accordo è semplice e conviene a entrambe le parti. I tassisti ci guadagnano più corse, intercettando nuovi clienti che una volta aperta l’app potranno scegliere se salire in taxi in base al prezzo e alla disponibilità di vetture. Dalla sua, la piattaforma americana potrà essere usata anche nelle città che oggi non sono coperte dal servizio, oltre a trattenere una commissione pari al 7 per cento per ogni corsa portata ai tassisti. Per avere una misura, l’anno scorso in Italia l’app è stata aperta 6,7 milioni di volte per prenotare un passaggio. Ora che il turismo internazionale è ripartito, ci si aspetta una crescita ulteriore. Così la forza che il brand Uber si porta dietro, quella di essere presente in tutto il mondo, può essere una svolta per i taxi italiani. Non solo perché l’app mette a disposizione un circuito di pagamento sicuro riconosciuto a livello internazionale, ma anche per l’expertise tecnologico. “Ora la sfida è garantire che l’esperienza d’uso funzioni”, dice Pireddu, “mantenendo alta la qualità del servizio per i clienti”. Questo vuol dire garantire immediatezza, stime puntuali delle tariffe, oltre che comfort nelle corse.
A livello globale, l’idea di integrare nella rete Uber altri conducenti si sposa con l’asse degli affari che pende sempre più verso il delivery, non solo del food. Al contrario, sembra perdere peso il servizio di trasporto passeggeri. Durante la pandemia in molti mercati si è fatto complicato trovare nuovi autisti. Da qui anche l’accordo analogo a quello con ItTaxi firmato a New York, altra città in cui la compagnia ha collezionato proteste e sentenze contrarie al proprio business. In Italia, dice tuttavia Pireddu, il piano è quello di crescere: “Questo accordo ci permette di investire nel paese e avvicina i nostri obiettivi di essere più presenti e capillari”. Non solo appoggiandosi alla rete dei taxi, ma anche estendendo i propri dipendenti. “L’intenzione è di ampliare la rete di Uber Black”, cioè il servizio accusato di concorrenza sleale nei confronti dei tassisti e bloccato per qualche anno dal Tribunale di Roma.
Questa volta, firmato l’armistizio, non dovrebbero ripartire gli scioperi. “Da antagonisti a partner commerciali i rapporti sono diversi”, dice Bittarelli quando gli si chiede se con questo accordo si può considerare sotterrata l’ascia di guerra. “Prima Uber era quello che ci sottraeva i clienti. Oggi invece ce li porta. Sì, è vero, c’è un prezzo da pagare ma mi sembra anche una commissione accettabile, la più bassa del mercato in Europa”. E pazienza se qualcuno tra i tassisti resta ancora scettico, pensa che “Uber c’ha colonizzato” e teme che “mo’ diventamo schiavi come i rider”. Perché in fondo è più vero il contrario. Invece di continuare la guerra, Uber s’è fatto tassinaro.