W il campo magnetico
Così i vincoli europei salveranno l'Italia dall'opportunismo dei sovranisti
“Se è meglio essere comandati da qualcuno all’esterno allora i ministri che ci stanno a fare?”. Battute, si dirà, ma sta riaffiorando, in seno alla maggioranza, il bestiario ben noto sulle “pagelle”, “i compiti a casa”, la nostalgia della sovranità perduta
E’ una storia che viene da lontano, purtroppo trita e ritrita. Riavvolgiamo il nastro a trent’anni fa, quando fu siglato il Trattato di Maastricht. A negoziare per l’Italia, con un ruolo di primo piano, c’era Guido Carli. Quel Trattato era – nelle sue parole – “una nuova occasione per ritentare l’impresa ripetutamente fallita in questi decenni: innestare l’economia di mercato nel tessuto vivente, nelle fibre della società, introdurla a mentalità della classe dirigente, favorire la nascita di una nuova classe dirigente”. Fu dunque lui, come nessun altro, a individuare, con estrema onestà intellettuale, il beneficio del “vincolo esterno” per un paese come il nostro, a riconoscere come alla cessione di quote di sovranità siano sempre corrisposti progressi dal punto di vista economico e sociale.
Le tappe dell’integrazione europea, dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951) a oggi, ci dimostrano quanto la frattura tra europeismo e nazionalismo (allora si chiamava così) abbia attraversato l’intero processo. Da un lato l’accento sui valori della “membership”, ossia della cooperazione e dell’interdipendenza tra gli Stati; dall’altro lato, l’accento sui difetti e i vizi dello stare insieme. In Italia, per troppi anni, questa dialettica ha assunto la fisionomia dell’“azzardo morale” cronico: far finta di stare al gioco, salvo tenersi le mani libere, per sparare sulle regole e sui giocatori. Siglare contratti, sapendo già di non volerli rispettare. L’azzardo morale e i conseguenti fallimenti sono stati all’origine della progressiva perdita di credibilità e reputazione del nostro paese in Europa, della scarsa crescita e della marginalizzazione dell’Italia. In sintesi, della condanna all’immagine di un’Italietta inaffidabile e fragile, vittima di se stessa, a cui si presta denaro a fatica e a costi altissimi, magari chiedendo l’oro a garanzia.
E’ davvero inevitabile? Gli ultimi 16 mesi ci dimostrano che no, non è inevitabile. Angela Merkel si è fatta carico di inaugurare un nuovo paradigma a livello europeo – il Next Generation Eu – che prevede la solidarietà dell’Unione in cambio dell’addio, per tutti, ma per noi in particolare, di ogni comportamento opportunistico. I 27 Pnrr sono, infatti, dei contratti, soldi in cambio di riforme, costruiti insieme alla Commissione europea, passo dopo passo. Contratti fatti di milestone, target, tempi: tutto verificabile e verificato, come ogni buon contratto che si rispetti.
A incarnare per l’Italia questa nuova fase c’è, da febbraio 2021, Mario Draghi. Con lui e con il suo governo, di cui mi onoro di far parte, abbiamo scritto il Pnrr, valutato con 10 “A” e una “B” dalla Commissione, e abbiamo finora mantenuto tutti gli impegni: le prime riforme abilitanti su semplificazioni, governance e Pa, l’estate scorsa, ci sono valsi l’anticipo di 25 miliardi di euro; l’aver raggiunto tutti i 51 obiettivi del 2021 ci ha fatto ottenere, ad aprile, la prima rata da 24,1 miliardi. Al 30 giugno centreremo, di nuovo, i target previsti, nonostante la guerra, nonostante le (cattive) sirene che chiedono rinvii e revisioni. Quasi un miracolo, vero? L’Italia che rispetta i contratti, acquista credibilità e reputazione, recupera la faccia davanti al mondo.
Lunedì scorso sono arrivate le Raccomandazioni specifiche per paese da parte della Commissione europea. Chi le racconta come “pagelle”, magari declamate da un professore pedante a un alunno un po’ discolo e distratto, è ancora una volta fuori strada o in malafede. Perché le Raccomandazioni, mai come quest’anno, sono il frutto di un lavoro comune, gomito a gomito, tra le amministrazioni, nel contesto di un dialogo – costante, paritario e spesso esigente da entrambe le parti – che abbiamo instaurato con Bruxelles in questi 16 mesi di lavoro. Per la prima volta, dal primo ciclo del “Semestre europeo” nel 2011, l’esigenza di riformare la Pubblica amministrazione e di rafforzare la capacità amministrativa delle istituzioni italiane non è inserita, né direttamente né indirettamente, nell’elenco delle cose da fare, ossia la parte dispositiva delle Raccomandazioni di correzione. Per la prima volta si dà conto dello sforzo in corso sul fronte degli investimenti pubblici.
Draghi funziona, l’Italia funziona, il vincolo esterno, in questo caso l’Europa e il suo Next Generation Eu, funziona. Ma torniamo a Carli, ai 30 anni da Maastricht: pare quasi un ciclo che si stia compiendo. Oggi il ping pong dell’azzardo morale, di chi rispolvera la vecchia retorica dell’Europa matrigna, dell’Europa dei “compiti a casa” di fronte a stati membri giocosamente inadempienti, dell’Europa tecnocratica insensibile alle necessità dei popoli, non può più essere accettato. E’ un bluff. Perché quella retorica è del tutto superata e smentita dalla realtà dell’approccio partecipativo e contrattuale di Next Generation Eu. Perché sappiamo bene che con l’azzardo morale (continuare a fare i furbi) non si va da nessuna parte. Perché la pandemia ci ha dimostrato che nessuno si salva da solo: la salvezza è nell’Europa.
Dobbiamo continuare su questa strada, difendendo la politica della speranza, della responsabilità e della fiducia dai sovranisti opportunisti e dall’egoismo della solitudine. Whatever it takes. Non è solo la lezione economica del Mario Draghi presidente della Bce del 2012, ma la lezione politica del Mario Draghi premier italiano dal 2021: l’eredità di Draghi, di cui ha scritto ieri su queste pagine il direttore Cerasa, il campo magnetico che chiunque abbia a cuore questo Paese non può più permettersi di abbandonare. La drammaticità di questa fase richiede, infatti, un salto di maturità in tutte le forze politiche, la capacità di andare oltre le miopie, oltre le manovre elettorali di piccolo cabotaggio, oltre gli ideologismi. “L’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle risposte a quelle crisi”, diceva Jean Monnet. Oggi è il tempo delle risposte. E per favore, smettiamola tutti con il ping pong dell’opportunismo autolesionista come categoria eterna dello spirito della peggiore Italia.
Renato Brunetta
ministro della Pubblica amministrazione