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L'attrazione immobiliare serve se poi attrae anche i cervelli. Il monito di Assolombarda

Dario Di Vico

Come si fa a passare da capitale degli investimenti nel mattone a capitale della conoscenza? Milano dovrà capirlo per affrontare al meglio il suo anno di grazia. Gli spunti emersi durante l'assemblea confindustriale

Per la sua assemblea annuale Assolombarda, la più grande territoriale di Confindustria, ha scelto come teatro Mind, la cittadella della scienza che sta sorgendo sui terreni di Expo. E mai opzione è stata più opportuna, perché al di là dei discorsi – peraltro innovativi in materia di lavoro 4.0 – contenuti nella relazione del presidente Alessandro Spada, mette Mind sotto le luci dei riflettori e promette di introdurre il tema della città della scienza nel discorso pubblico. Perché, è questa l’amara verità, a Milano ormai si parla sempre e ovunque di mattone. E’ il centro del dibattito cittadino nella stagione in cui la città di Ambrogio deve decidere come riprendere la sua fantastica corsa traumaticamente interrotta dal coronavirus. Si parla sempre del mattone non solo perché si attendono ingenti investimenti – la cifra indicata è di 10 miliardi –, non solo perché la rigenerazione degli ex Scali ferroviari apre scenari di ridisegno urbanistico affascinanti ma soprattutto perché i prezzi delle case in vendita e degli affitti stanno schizzando alle stelle. Secondo Alessandro Maggioni, presidente del Consorzio cooperative lavoratori, quello delle abitazioni è il vero tallone d’Achille della città ed è il principale fattore di generazione di diseguaglianze. Per Maurizio Del Conte, presidente dell’Agenzia del lavoro metropoliatana, bocconiano di solidi riferimenti riformisti, “anche se hai un buon posto in banca fatichi a permetterti una buona casa”. La Milano dell’anno di grazia 2022 sembra off limits addirittura per il ceto medio.


Del resto secondo il rilievo del database di Idealista, riportato da Repubblica, negli ultimi 12 mesi gli affitti sono saliti del 13 per cento a fronte di un +3 per cento per l’Italia e il costo è di 20 euro a metro quadro contro 11,2 euro nel resto del paese. Come si spiega questa corsa al rialzo? Guardano al mattone diversi tipi di investitore. C’è il milanese che ha accumulato risparmio nei due anni della pandemia e immagina di comprare un piccolo appartamento da mettere a reddito magari tramite Airbnb, c’è il nonno o il neo genitore del sud Italia che pensa che un giorno o l’altro i suoi eredi andranno a studiare a Milano; ma c’è l’investitore più speculativo che possiede buona liquidità e pensa che un appartamento meneghino possa dargli ritorni quanto nessun altro investimento. La somma di tutto ciò crea pressione sul mercato, abbondanza di richiesta e prezzi sostenuti. Si viene a creare così una constituency del mattone piuttosto larga perché al suo interno non ci sono solo, come è ovvio, gli operatori professionali interessati ai grandi progetti e i proprietari delle mura (d’oro) dei negozi del centro ma anche una sorta di rendita democratica di chi vede nella circolazione del bene mattone una sicura fonte di reddito, un bel bancomat. “E’ il mercato, bellezza”, si può obiettare. E infatti in linea di principio nessuno contesta che le economie urbane della grandi città vivano molto di immobiliare (Londra docet) e che questa tendenza sia come il vento che non si può fermare con le mani, tesi implicitamente sostenuta dal sindaco Beppe Sala nel suo apprezzato intervento davanti agli industriali di Assolombarda. Il guaio è che questa modernissima economia del mattone non sta creando un modernissimo terziario avanzato. Anche nei servizi di architettura e urbanistica, accanto a significativi successi di critica, non si sviluppano altrettante aziende robuste capaci di remunerare bene il lavoro creativo come il visionario Richard Florida aveva prescritto. Anzi troppo spesso Milano non onora le promesse minime che fa ai talenti che da tutta Italia convergono sotto il Duomo.

La vera obiezione al trionfo del mattone, alla fin fine, investe il futuro di Milano. E’ credibile che quella che è stata la capitale della moda e del design possa ambire a diventare una città universitaria e della scienza di solido calibro europeo? In molti sostengono questa tesi e questo sogno ma l’impressione del cronista è che entrambi fatichino a entrare in vena, come si dice in gergo. Non diventano lessico quotidiano. Perciò è stato importante che Assolombarda abbia scelto Mind per la sua assemblea e implicitamente abbia messo la sua force de frappe al servizio della MilanoSapere, in un’ottica di riequilibrio dello strapotere della MilanoMattone. Per i non milanesi vale la pena ricordare che nell’area Mind andranno via via a insediarsi l’ospedale Galeazzi e le facoltà scientifiche dell’Università Statale che faranno compagnia a Human Technopole, il centro di eccellenza sulle scienze della vita voluto dal governo Renzi nel 2016. A sentire Igor De Biasio, amministratore delegato di Arexpo, la società pubblico-privata che sta gestendo la transizione, Mind ha l’ambizione di competere con Cambridge, la Baviera, la Catalogna e Tel Aviv facendo rientrare ricercatori dall’estero, dando ospitalità ad almeno 60 startup e aspettando con fiducia che gli australiani di Lendlease, partner del progetto, attraggano nell’area ex Expo altre aziende oltre AstraZeneca e le sette sorelle già accasate.

Il tempo dirà se si tratta per l’appunto di sogni o di progetti già incamminati verso il successo. Come ebbe a dire al Foglio l’architetto Stefano Boeri, “Milano con 200 mila studenti è una capitale universitaria, ma non lo sa” e quindi fatica anche a tenere un bilancio aggiornato delle iscrizioni di giovani stranieri nei suoi atenei. E’ come se le élite milanesi non fossero del tutto convinte sulla strada da prendere, eppure gli economisti di buona tradizione bocconiana sostengono che l’auspicato cambio di marcia della città in termini di produttività, reddito pro capite e progresso individuale non può che arrivare dagli investimenti in conoscenza. L’assemblea di Assolombarda discutendo molto di talenti, lavoro e buoni stipendi per i giovani (“assumete di più e pagate di più”, ha detto il ministro Colao) un contributo per cambiare l’agenda della città l’ha dato.

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