ritorno al passato
Con le sanzioni in Russia tornano a sfornare auto obsolete
Nel paese sono rimasti aperti due solo stabilimenti. A maggio le vendite di auto sono tornate al minimo dal 2006. E pur di non bloccare la produzione da domani si tornerà a produrre modelli vintage (senza nemmeno l'airbag)
Si riparte. Con un bel tuffo nel passato. Sono passati più di cinquant’anni dalla prima Zigulì sfornata in quel di Togliattigrad dalla fabbrica italo-sovietica. Ma la “nuova” Lada, che da domani uscirà dallo stabilimento sul Volga, ricorderà da vicino le prime, spartane vetture degli anni Settanta. Per necessità, mica per scelta. Lada Granta, infatti, nasce povera: niente Airbag, niente sistemi di controlli della stabilità della vettura o dei freni o tantomeno filtri o altri congegni antinquinamento, merce rara, anzi introvabili nella Russia di Putin, azzoppata dalle sanzioni occidentali che hanno messo in ginocchio il mondo a quattro ruote.
A maggio le vendite di auto sono precipitate dell’84 per cento rispetto ad un anno fa a non più di 25 mila unità, il minimo dal 2006. Intanto il settore, già considerato tra i più promettenti, sembra avviato all’estinzione: sui 20 stabilimenti attivi fino a pochi mesi fa, ne restano in attività solo due: uno di proprietà cinese, l’altro, Autovaz, rilevato dalla mano pubblica dalla Renault in fuga per la cifra simbolica di un rublo più la promessa di un buyback tra sei anni quando, si spera, l’attuale tempesta sarà solo un brutto ricordo. Intanto, però, il settore si è fermato. “Ero convinto che presto avremmo potuto sfidare i tedeschi per qualità e design – afferma il direttore del sito speedme.ru Nikita Novikov – Invece dovrò adattarmi a guidare una Lada senza Abs – Quel che accadeva negli anni Novanta”. Gioca l’effetto sanzioni, certo, ma ancor di più i problemi della logistica e della fragilità della struttura industriale russa. “La nostra industria è cresciuta nella più assoluta dipendenza dai componenti stranieri” spiega Georgy Ostapkovich, esperto della moscovita Higher School of Economics. “Non esistono in pratica fabbriche che non dipendano dalle forniture da Ovest. La Russia dell’auto è solo una sterminata catena di montaggio di pezzi in arrivo da fuori”. L’alternativa potrebbe essere il nuovo amico cinese. Peggio che andar di notte, esclama Igor, meccanico di Bryansk, una cittadina del Sud non lontana dal confine ucraino.
“I pezzi di ricambio turchi o cinesi hanno prezzi da usura: costano un occhio e la qualità è pessima. I miei clienti preferiscono lasciare la macchina nei box”. Anche un sindacalista di Autovaz, intervistato dalla Bbc, la mette giù dura: “Gli operai mi hanno presentato una lunga lista di componenti essenziali in via di esaurimento: roba francese, italiana, turca o spagnola ma nessuna di produzione russa”. In questa cornice la decisione di ripartire presa dal nuovo ceo, Maksim Sokolov, già viceministro dei trasporti, ha il sapore di una scelta politica più che industriale. L’importante, insomma, è dimostrare che l’auto russa è ancora viva: anche se fa impressione rivedere in strada modelli da vintage. Ma che male c’è? Per le strade russe circolano ancora tante Lada 3 e 5, fanno sapere dal quartier generale moscovita. L’auto è l’altra faccia della medaglia della crisi industriale del colosso di Putin, sostenuto dalle entrate petrolifere e del gas, nonché dal ricatto sui cereali. Una crisi che, almeno per ora, non è alleviata dall’alleato cinese. Pechino, nell’auto come in altri business, è un partner robusto ed aggressivo propenso a vendere i prodotti finiti, ma restio a fornire componenti o a favorire un’industria concorrente. Un gigante dai piedi di argilla, quello moscovita, condannato a viaggiare in Moskvitch (l’equivalente della Topolino) come i nonni. O a patire alcuni aspetti di questa surreale autarchia che colpisce un po’ tutti gli aspetti della vita comune. Al cinema, visto l’embargo delle majors e dello streaming, ci si deve accontentare dei “Lupi di Wall Street”, vecchia replica di un hit di Leonardo di Caprio. Chissà, forse è meglio una corsa in Lada cabrio sull’autostrada per San Pietroburgo, sgombra dai camion: il traffico pesante rispetto ad un anno fa è sceso del 30 per cento.