Nasce il Nasdaq europeo: una chance per investire di più e frignare di meno
Euronext lancia "Tech leaders", segmento borsistico dedicato alle aziende attive nel settore tecnologico. Raggruppa 108 società ad alta crescita di cui 19 italiane
Ci sono anche Illimity, Fineco, StMicroelectronics, Mutuionline e Reply nel nuovo listino tecnologico lanciato dal gruppo Euronext, che controlla anche le Borse di Parigi, Amsterdam e Milano. Le società italiane sono 19 delle 108 ‘Tech Leaders’ selezionate su un totale di 700 operatori. In pratica, nasce un nuovo segmento borsistico che per semplificare si potrebbe definire un Nasdaq europeo, ma in realtà numeri e dimensioni sono molto distanti poiché quello newyorkese è un listino globale che capitalizza 25 mila miliardi di dollari, mentre per Euronext Tech leaders si sta parlando di appena 1000 miliardi. E’ vero, però, che per crescere le aziende tecnologiche hanno bisogno di un ecosistema finanziario interconnesso che negli Stati Uniti esiste fin dal dagli anni Settanta e che finora in Europa è mancato. Una delle tante lacune di un mercato unico dei capitali che sta cercando di prendere forma e in cui Euronext punta a ritagliarsi un ruolo di primo piano candidandosi con la Commissione Ue a gestire l’emissione di debito comune, i famosi eurobond, attraverso la piattaforma Mts che ha acquisito con Borsa italiana. Ma questo è un percorso che ha i suoi tempi anche per il livello di complessità politica.
Nel frattempo, la società che gestisce l’infrastruttura borsistica guidata da Stephane Boujnah deve aver riflettuto sulla necessità di dare una risposta efficace al fenomeno incalzante del delisting e allo stesso tempo di stimolare la crescita di un settore chiave come quello tecnologico e digitale provando ad accorciare le distanze tra Europa e America. L’esistenza di un mercato finanziario tech, infatti, come ha spiegato anche Boujnah, sarà un catalizzatore di interesse per investitori e analisti, mentre l’offerta rafforzata di servizi pre-ipo aiuterà a formare la prossima generazione di Tech Leaders, “grande fonte di crescita per l’economia europea”.
L’obiettivo, dunque, è duplice: da un lato si cerca di stimolare la nascita di campioni tecnologici in grado di competere sui mercati globali e dall’altro, offrendo più servizi e più facilitazioni per le quotazioni, di convincere le aziende che la Borsa resta la via maestra per realizzare un progetto di crescita. Con buona pace dei fondi di private equity – soprattutto americani - che, grazie al momento di crisi che attraversano le Borse europee a causa della guerra, stanno facendo campagne acquisto a prezzi da saldo oppure si propongono direttamente alle imprese come soluzione alternativa alla quotazione. Il fatto è che in mancanza di un programma europeo condiviso di crescita nel settore tecnologico, ogni paese fa per sé in base alle sue possibilità e sogna di sfornare i suoi campioni di domani.
La Germania, per esempio, ha messo a punto un programma massiccio avendo stanziato ben 30 miliardi per le start up, di cui 10 miliardi sono fondi pubblici. In pratica, il paese sta indirizzando la sua crescita futura verso questo settore. Anche la Francia si sta mobilitando finanziando nuovi programmi di investimento attraverso la Caisse de Dépots e di Bpi France, anche se di entità molto più contenuta rispetto ai tedeschi. L’Italia continua a sostenere poco l’innovazione frenata dalla mancanza di risorse ma anche da una cultura scarsamente propensa a favorire il capitale di rischio, lacuna che probabilmente neanche il Pnrr riuscirà a correggere. Perciò, un’iniziativa come quella di Euronext potrebbe essere utile perché funge da collante tra diversi sistemi borsistici (la società è presente in sette paesi, ma non c’è la Germania con la Borsa di Francoforte) e perché proietta le 19 società italiane in una vetrina che sarà sotto i riflettori internazionali. Ma non sono tutte rose e fiori e la tempistica non gioca a favore del settore tech.
In una fase in cui si prospetta una crescita di tassi d’interesse, infatti, i maggiori benefici ricadono più sulle società “value”, per esempio le banche, e molto meno sulle “growth”, vale a dire le imprese tecnologiche e digitali che prosperano con un costo del denaro basso o negativo. Analisti e osservatori di mercato, infatti, avvertono che potrebbe esserci una correzione dei valori verso il basso nei prossimi mesi. D’altra parte, quella tra “growth” e “value” è una eterna diatriba che accompagna le fasi di politica monetaria che sono destinate ad alternarsi nel tempo e così non avrebbe avuto senso rinviare la nascita del piccolo Nasdaq europeo. Se non ora, quando?