Scenari

Scudo anti spread e riduzione del debito per non tornare al 2012

Giampaolo Conte

Il lieve rialzo dei tassi della Bce può essere una cosa necessaria ma c’è bisogno di vigilare sulla speculazione. Se la Banca centrale europea e il governo italiano operano in sinergia possiamo salvarci. Altrimenti prepariamoci a tornare ai nefasti anni post crisi economica

La politica di rialzo dei tassi annunciata dalla Banca centrale europea targata Christine Lagarde suona come un avvertimento per gli stati a elevato debito pubblico come l’Italia. Conti alla mano stiamo parlando di un rialzo di 0,25 punti base entro luglio per arrivare a 0,5 punti in più a settembre. Non è certamente una scelta giacobina, bensì potrebbe servire da segnale per raffreddare l’inflazione galoppante ed eventuali bolle speculative causate da un eccesso di liquidità. Per intenderci, non stiamo parlando di un rialzo notevole. Basti pensare che la Federal Reserve americana alla fine degli anni Settanta aumentò i tassi di quasi il 6 per cento tra il 1979 e il 1980. In realtà, l’azione della Banca centrale europea potrebbe andare al di là di una semplice manovra monetaria. Si possono infatti leggere alcuni segnali e ammonimenti verso i paesi dell’area euro: state attenti ai conti pubblici. Già, perché il Recovery Plan europeo non è un assegno in bianco e la quota prestiti può mettere sotto pressione il debito pubblico. L’Italia, dunque, è un’osservata speciale.


Ancora lontani dal ripristino del Patto di Stabilità e Crescita, la nuova scelta politica della Banca centrale europea riporta alta l’attenzione su modelli di spesa pubblica giudicati troppo allegri. Certo, l’inflazione trascinata dal rialzo del costo delle materie prime e dal caro energia, aggravata dalla guerra in Ucraina e dalla ripesa post-Covid, gioca la sua parte nella scelta annunciata dall’Eurotower. Ma l’aumento di spesa pubblica improduttiva da parte di molti stati, cioè destinata a non conferire un ritorno in termini economici utile all’aumento della ricchezza futura e al pagamento di debiti e interessi, ha fatto storcere il naso a qualche funzionario a Bruxelles. 


Tuttavia, non possiamo tornare indietro di dieci anni. Il lieve rialzo dei tassi della Banca centrale europea può essere una cosa necessaria ma c’è bisogno di vigilare sulla speculazione. Il ritorno del famigerato spread in Italia sopra i 230 punti e il tonfo della Borsa italiana che ha lasciato sul terreno il 5,17 per cento sono la prova che i mercati lanciano per vedere se la Banca centrale gioca o meno allo scoperto. Si vuole testare se la Bce è intenzionata ad attivare il famoso scudo anti-spread; una scelta necessaria davanti all’aumento generale dei debiti pubblici per far fronte alla crisi Covid. Permettere un attacco speculativo sui titoli di debito dei paesi più deboli vorrebbe dire annullare gli effetti benefici del Recovery Plan, tornando indietro al 2012 e alla crisi dei debiti sovrani. 


Avanti dunque con il rialzo dei tassi, ma che sia accompagnato da uno scudo anti-spread e da un impegno ancora più formale da parte degli stati membri di ridurre il proprio debito pubblico (in Portogallo, ad esempio, il governo socialista ha annunciato l’impegno su un serio piano di riduzione del debito). Ma per farlo, evitando pericolosi contraccolpi sociali che potrebbero minare al contempo la compattezza del fronte europeo anti-russo, abbiamo bisogno di tassi di crescita dell’economia più alti dei tassi d’interesse che paghiamo per il servizio del debito. In sostanza, c’è bisogno di spendere bene i fondi del Recovery e impegnarsi fattivamente a ridurre il deficit e la spesa improduttiva accumulata per la crisi sanitaria. Infatti, più che il livello del debito per sé, i mercati guardano alle prospettive macroeconomiche. Se la Banca centrale europea fa il suo compito e il governo Draghi (e quello che verrà dopo) il suo, il debito pubblico italiano è salvo. Altrimenti prepariamoci a tornare ai nefasti anni post crisi economica.

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