Retroscena del board della Bce
Tutto quello che c'è da sapere sulla riunione che ha fatto crollare le borse e riacceso rischio Italia. La ricostruzione di Codogno
Attribuire la reazione aggressiva dei mercati finanziari europei alla riunione della Bce del 9 luglio ad una comunicazione fuorviante di Christine Lagarde, come talvolta è accaduto in passato, sarebbe questa volta un errore. La presidente della Bce si è attenuta rigorosamente alla comunicazione ufficiale e questo è un fatto che va interpretato alla luce di quanto accaduto nelle settimane che hanno preceduto il board, quando ci sarebbe stato un vero colpo di mano da parte dell’ala rigorista della Bce. I falchi si sono coordinati per un’operazione mediatica sull’imminente manovra ristrettiva inducendo la Lagarde a utilizzare, in modo abbastanza irrituale, il suo blog per far capire che ci sarebbe stato un aumento dei tassi già a luglio.
Questa comunicazione così “hawkish” era stata, però, controbilanciata dall’annuncio, nel medesimo post, di strumenti per affrontare il rischio di frammentazione della Zona euro in seguito alla fine degli acquisti di obbligazioni governative. La Lagarde aveva parlato non solo della possibilità di reinvestire i bond in scadenza del Pepp, il piano d’acquisti pandemico, ma anche di “nuovi strumenti” da mettere in campo. Così, i mercati hanno scontato l’aumento dei tassi, anche a stretto giro e a più riprese fino alla fine dell’anno, ma hanno prezzato il famoso scudo anti spread di cui, invece, non si è saputo nulla o quasi. E questo fa capire che tra falchi e colombe c’è un nuovo fronte di disaccordo su un punto cruciale. Lorenzo Codogno, economista (London School of Economics) e fondatore della società di ricerche Mc Macro Advisors, prova a ricostruire con Il Foglio che cosa ha scatenato il “venerdì nero” delle Borse europee e cosa c’è dietro il ritorno del “rischio italia” sui mercati finanziari e questo è, in sintesi il suo racconto da osservatore più che attento dell’attività della Bce e anche delle sue liturgie.
Per Codogno nell’Eurotower è prevalsa la linea di quella che definisce “ambiguità costruttiva”, che equivale a correre deliberatamente il rischio “che prima o poi i mercati finanziari mettano in discussione la sua reale determinazione ad affrontare i rischi di frammentazione dell’Eurozona”. E sul piano della sostanza, “La decisione del 9 giugno ha segnato un cambiamento decisivo della politica monetaria che nell’era di Mario Draghi aveva dato la priorità alla stabilità finanziaria piuttosto che alla stabilità dei prezzi”. Un cambio di passo, dunque, che riporta la Bce al suo compito originario di tenere l’inflazione entro il limite del 2 per cento. “Una visione più da falco, forse – scherza Codogno – per gentile concessione di una fredda raffica di vento nordica che si è sentita ad Amsterdam”.
L’economista fa notare che la discussione all’interno del board dell’Eurotower è stata probabilmente vivace, ma la decisione di far partire gli aumenti dei tassi a luglio è stata presa all’unanimità e tutto sommato la Bce è ancora lontana da un vero inasprimento. Quello che appare più nebuloso è in che modo intende supportare i paesi periferici visto che dice di non voler tollerare un rischio di frammentazione, che si sta già verificando con l’ondata di vendite di Btp intensificata proprio a cavallo dell’ultima riunione, Poco si sa, infatti, di questa politica di reinvestimento e della sua sbandierata flessibilità (nella riunione di dicembre 2021) soprattutto in relazione, fa notare Codogno, alla possibilità di comprare btp con i bund tedeschi in scadenza. Ma soprattutto “la Bce non ha raggiunto un consenso sulla presentazione di un nuovo strumento per contrastare le frammentazioni. Per ora il board mantiene una certa dose di ambiguità lasciando che i mercati finanziari indovinino il suo grado di determinazione”.
E la Lagarde finge che la Bce sia pronta a fare “qualsiasi cosa serva” per rendere sicura la trasmissione della politica monetaria, imitando in un certo senso lo stile draghiano, ma alla prova dei fatti fa un passo indietro rispetto al post sul suo blog del 23 maggio. Secondo l’economista “un ulteriore allargamento dello spread dei rendimenti tra btp e bund tedeschi resta una preoccupazione molto forte, anche perché solo di fronte a un pericolo imminente il consiglio della Bce si vedrebbe costretto a scoprire le carte sugli strumenti politici per contrastare la frammentazione, quindi a luglio o anche a settembre”. Insomma, bisogna che si arrivi a un punto molto vicino alla crisi finanziaria del 2011 per agire. Con buona pace del costo del debito per l’Italia che nel frattempo diventa astronomico.