Il puzzle delle sanzioni contro Mosca
Biden chiede all'Europa di allentare il ban sulle assicurazioni per le petroliere perché fa salire il prezzo del petrolio e Putin taglia le forniture per far salire il costo del gas. Così si cercano nuove soluzioni per colpire la Russia: prende forza il "price cap" proposto da Draghi
La visita a Kyiv di Draghi, Macron e Scholz ha ricompattato il fronte occidentale. I tre presidenti hanno parlato di “sostegno incondizionato” dell’Europa al popolo ucraino, di appoggio allo “status di candidato dell’Ucraina” nel processo di adesione all’Ue e di impegno a proseguire con gli aiuti “finanziari, umanitari, ma anche per quanto riguarda le armi”. I dubbi, le incomprensioni e le ambiguità delle settimane scorse – su concessioni da fare a Putin, sull’invio di armi e sull’adesione dell’Ucraina all’Ue – sembrano superati, tanto che si è tornato a parlare apertamente di “vittoria dell’Ucraina”.
Ma mentre l’Europa arriva a una ricomposizione della posizione politica con gli Stati Uniti, si inizia a intravedere qualche crepa in quella economica, o meglio sul tema delle sanzioni, su cui non c’erano mai state profonde divergenze. Scrive il Financial Times che Washington sta chiedendo alle capitali europee di allentare il divieto di assicurare le navi che trasportano greggio russo, dato che la misura potrebbe far salire oltremisura il prezzo del petrolio. La sanzione è stata adottata dall’Unione europea e dal Regno Unito, che rappresentano la quota preponderante del settore assicurativo globale. E il timore degli Stati Uniti è che la misura possa essere dannosa perché troppo efficace, nel senso che rendendo quasi impossibile il trasporto e il commercio del petrolio russo farebbe crollare l’offerta globale di petrolio e, di conseguenza, aumentare il prezzo. In America l’inflazione è all’8%, ai massimi da 40 anni, tanto che la Federal Reserve è stata costretta ad alzare i tassi di 75 punti base, il maggiore rialzo da quasi 30 anni. L’Amministrazione Biden, già in difficoltà politica, è molto preoccupata da un ulteriore aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto per le ricadute sulle elezioni di medio termine che si terranno a novembre.
Ma oltre alla pressione puramente politica da parte della Casa Bianca, ci sono anche delle ragioni economiche che portano a dubitare dell’efficacia di questa misura. Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, ha ad esempio affermato che la stretta sulle assicurazioni è una “cattiva idea”. Perché se da un lato bisogna ridurre le entrate della Russia costringendola attraverso l’embargo di Usa e Ue a cercare nuovi sbocchi, “è anche importante consentire alla Russia di vendere il proprio petrolio, anche se a prezzi fortemente scontati, in modo che l’offerta globale e il prezzo del mercato mondiale rimangano sostanzialmente invariati. In questo modo la Russia soffre, mentre l’Europa e gli Stati Uniti no”, sostiene l’economista francese. Invece il blocco delle assicurazioni, comporterebbe un costo troppo elevato anche per noi attraverso l’aumento del prezzo del petrolio.
Il puzzle delle sanzioni non è affatto semplice. Perché bisogna considerare l’interazione tra prezzi e volumi per valutare l’effetto sulle casse del Cremlino, considerando al contempo le conseguenze sulle nostre economie. La coperta è molto corta. E al momento le cose, sul fronte energetico, non stanno andando male per Mosca. Un report dell’Agenzia internazionale dell’energia mostra che a maggio le esportazioni russe di petrolio sono salite a 20 miliardi di dollari, l’11% in più rispetto ad aprile, nonostante i volumi esportati siano diminuiti del 3%. Seppure sia costretta a vendere a sconto di 35 dollari in Cina e India a causa delle sanzioni, la Russia continua a guadagnarci perché il prezzo continua a essere elevato anche a causa delle sanzioni.
L’effetto prezzo è dominante e Putin ha deciso di utilizzarlo per il gas. In questo caso non è l’Europa ad aver imposto le sanzioni, ma Gazprom a tagliare le forniture a Germania e Italia. Una mossa che mette in difficoltà politica i governi europei (esattamente per gli stessi motivi che preoccupano Biden sul petrolio) e che al contempo fa incassare più rubli alla Russia (il prezzo del gas è salito del 70%). A Kyiv Draghi ha detto chiaramente che i presunti problemi tecnici di Gazprom, causati dalle sanzioni che impediscono la manutenzione sono “bugie”, perché in realtà Mosca fa “un uso politico del gas, così come del grano”. Ma proprio questa consapevolezza potrebbe far cambiare approccio anche sulle sanzioni, spingendo ad esempio l’Europa a imporre un tetto al prezzo del gas. Una proposta che l’Italia fa da 3 mesi e che ha sempre incontrato le resistenze della Germania, che temeva che Putin avesse potuto reagire tagliando le forniture. Ora che Putin ha chiuso autonomamente i rubinetti, i motivi per non mettere un “price cap” sono sempre meno.
tra debito e crescita