Ideologie da combattere quando si parla di siccità. Parla il n°1 dell'Ance
"La consapevolezza del problema è piena e diffusa e, soprattutto, il Pnrr dà un impulso fondamentale con fondi dedicati al ciclo dell’acqua, dalla raccolta alla distribuzione", dice Federica Brancaccio
Più di una volta, parlando di rete di distribuzione dell’acqua, di impianti per la raccolta, dei lavori per rendere tutto il sistema più efficiente e dei puntualissimi allarmi estivi sulla siccità, la presidente dell’Ance Federica Brancaccio ci ripete che costruzione e manutenzione sono due componenti paritarie dello stesso progetto di recupero dell’efficienza idrica. E c’è un’altra coppia interessante nella sua lettura, non polemica e non allarmistica, ma agganciata ai fatti cui stiamo assistendo e ai disagi che cominciamo tutti a sentire, ed è quella formata dagli interventi per la rete idrica e da quelli per contrastare il dissesto idrogeologico.
“Perché le due questioni sono associate e se non affrontiamo, con opere e con attenzione continua alla manutenzione, la prima di esse, e cioè la sistemazione della rete, non potremo mai venire a capo del dissesto del territorio. Perché su città non efficienti e prive della sufficiente manutenzione e su terreni colpiti dalla siccità e dalla mancanza di cura anche l’arrivo delle attesissime piogge estive sarebbe più un problema che un vantaggio, con immediate conseguenze e rischi di alluvioni e scarsissime capacità di raccolta e conservazione delle acque piovane”.
Il tono, come si diceva, non è polemico né allarmista, e Brancaccio dice persino che “forse questa è la volta buona, la consapevolezza del problema è piena e diffusa e, soprattutto, il Pnrr dà un impulso fondamentale, con 900 milioni già richiesti e tutti dedicati a opere che riguardano il ciclo dell’acqua, dalla raccolta alla distribuzione e altri fondi attivabili nei vari capitoli ambientali del bilancio”.
“Certo – ci dice – i comuni, che sono tra i principali destinatari e responsabili dell’uso di questi fondi, non sempre hanno le competenze necessarie, in termini di personale tecnico, per completare il percorso dalla individuazione delle necessità alla realizzazione dei lavori. Ma, ancora una volta, il metodo Pnrr, che contempla una certa dose di possibilità di assistenza o anche di poteri sostitutivi a carico delle strutture centrali, potrebbe permettere di stare nei tempi e vedere miglioramenti come non succedeva da molti anni. Gli italiani hanno una storia di gestione ben fatta delle acque e solo da qualche tempo se ne è un po’ persa la pratica nelle amministrazioni, ma è rimasta una forte attitudine al consumo. Siamo i maggiori utilizzatori pro capite di acqua, ed è una tendenza nazionale, che riguarda tutti, perché al primo posto per consumi c’è Milano, ma al secondo posto c’è Catanzaro”.
Serve anche più sensibilizzazione, maggiore comprensione del valore dell’acqua? “Siamo sempre al punto iniziale, e cioè alla necessità di opere e manutenzione, e vale anche nel piccolo, anche per un condominio. Non per aggiungere altri bonus, ma è strano che non si sia incentivata nelle case la raccolta dell’acqua piovana o il riuso per fini non alimentari, e così lasciamo scappare via la pioggia e, intanto, annaffiamo il giardino con ottima acqua potabile”.
E la raccolta, salendo di scala, vi vede coinvolti come imprese dell’edilizia, il Pnrr tocca anche questo aspetto? “Sì, c’è una parte importante che riguarda gli invasi, utili per la conservazione dell’acqua piovana ma anche di quella che si raccoglie da altre origini. In passato ci sono state forti obiezioni ambientaliste, anche per la messa a repentaglio dell’habitat delle lontre, bisognose di zone umide e di piccoli corsi d’acqua, ma la tecnica ha fatto progressi e la costruzione degli invasi e delle opere idriche a loro servizio e, soprattutto, ci siamo ancora, la loro gestione e manutenzione, possono essere compatibili con la vita di tutte le specie che hanno bisogno di acque naturali nel loro ambiente. Su questo siamo pronti a confrontarci serenamente con qualunque obiezione di tipo ambientale e, comunque, le valutazioni vanno fatte complessivamente, chiedendosi, ad esempio, anche quali sono le conseguenze ambientali della siccità e dello spreco di acqua. Soprattutto auspichiamo un dibattito serio e continuo sul tema, il che vuol dire evitare di parlarne, e di porlo all’agenda della politica, solo nei giorni siccitosi dell’estate e non nei periodi in cui la consapevolezza delle cose da fare sarebbe ben più feconda”.