Sostenibilità e futuro. Le parole d'ordine al Salone nautico di Venezia
Tre anni fa Venezia ha lanciato la sfida a Genova con il suo Salone della nautica. “E’ un’altra cosa”, disse il sindaco Luigi Brugnaro, per rimarcare la differenza. Due anni di pandemia sono apparsi come un imprevisto ostacolo per la crescita internazionale di questa rassegna che, invece, quest’anno ha fatto registrare il 25 per cento in più di partecipanti rispetto al 2021 (300 imbarcazioni esposte, 240 delle quali in acqua).
Ma la cosa più importante è che il Salone lagunare, con l’expo nell’Arsenale che gli ha dato una connotazione storica ma riconoscibile in tutto il mondo, è riuscito a caratterizzarsi grazie al suo approccio alla sostenibilità, pragmatico e trasversale. La riduzione delle emissioni inquinanti è considerato un obiettivo irrinunciabile dal settore che è un’eccellenza italiana nel mondo, ma quello che si sta cercando di fare è coinvolgere in questo cambiamento non solo tutti gli attori della filiera, i produttori, i loro fornitori e i clienti, ma l’intero sistema energetico e industriale che vi ruota intorno.
E nei numerosi tavoli che sul tema si sono svolti durante i nove giorni di rassegna (dal 28 maggio al 5 giugno), si è ragionato della necessità di considerare sostenibilità e crescita come alleate, non come antagoniste. Uno dei progetti di cui si è parlato molto è, per esempio, quello per la produzione di idrogeno verde a Porto Marghera che sta trasformando l’area industriale dismessa in un hub energetico internazionale con investimenti per centinaia di milioni di euro e una intensa attività di collaborazione tra autorità portuale e privati.
È uno degli otto progetti che attribuiscono un significato concreto a “Venezia capitale mondiale della sostenibilità” e al nuovo modello di sviluppo ambientale, economico e sociale che la città vuole assumere (con tanto di Fondazione alla cui presidenza è stato nominato il ministro per la pubblica istruzione Renato Brunetta, su proposta del premier Mario Draghi). Così, il Salone nautico di Venezia (“la più antica città del futuro”) non si è limitato a essere una semplice esposizione di barche, seppure all’Arsenale sta sfilando il meglio del made in Italy di un settore che movimenta 3 miliardi di esportazioni, ma un momento di confronto tra operatori e istituzioni che cercano nuove soluzioni praticabili per assecondare una transizione energetica che si sta complicando con gli ultimi capovolgimenti internazionali. C
omunque, il settore della nautica, pur non essendo tra i più inquinanti al mondo, ci tiene a dimostrare il suo impegno nella riduzione delle emissioni, nei limiti che le nuove tecnologie per la produzione di carburanti e motori ibridi consentono. Quest’anno, oltre alla tradizionale carrellata di yacht e superyacht, ad attrarre l’attenzione dei visitatori è stata la presenza delle proposte di motori ad alimentazione elettrica: 36 imbarcazioni a ‘corrente’, come quella presentata in anteprima da Yamaha (prodotta però da un’azienda locale) e persino di catamarani elettrici e la presentazione di nuove stazioni di ricarica nell’area lagunare.
Ampia anche l’esposizione dedicata al mondo dell’elettrico e dell’ibrido, con 60 imbarcazioni dotate di soluzioni di refitting, ossia di conversione da termico a elettrico. A sentire gli esperti del settore, c’è ancora tanta strada prima che la mobilità via mare diventi veramente green, compresi gli sforzi che i produttori devono fare per convincere gli acquirenti a rinunciare a un po’ di potenza e velocità in cambio di barche più amiche dell’ambiente. Ma ricerca e innovazione corrono veloci e i tempi potrebbero essere più brevi di quanto si pensi.