Crisi energetiche
Il taglio del gas russo mette in crisi il gigante Uniper e costringe la Germania al bailout
Berlino è costretto a varare un piano statale di salvataggio per il colosso del gas Uniper da 9 miliardi di euro prima che diventi una nuova “Lehman Brothers” dell’energia. Tutti i paesi preparano piani d’emergenza nel caso di un blocco totale delle forniture da parte di Mosca
La Russia chiude i rubinetti del gas alla Germania che è costretta a varare un piano statale di salvataggio per il colosso del gas Uniper da 9 miliardi di euro prima che diventi una nuova “Lehman Brothers” dell’energia. C’è anche questo nel braccio di ferro tra Putin e l’Europa, che non intende cedere al ricatto del gas ma comincia a fare i conti con conseguenze inimmaginabili fino a poco tempo fa. In una corsa contro il tempo, tutti i paesi preparano piani d’emergenza nel caso di un blocco totale delle forniture da parte di Mosca mentre l’Ue discute ancora sul tetto al prezzo del gas, che nel frattempo ha superato i 175 euro al MWh (+700 per cento da inizio 2021) con i futures in costante aumento.
Ma è la Germania il primo paese a sperimentare un impatto diretto e violento della riduzione delle forniture russe, che per il momento è stata del 60 per cento. Non è un caso che a riferirsi al crac della banca d’affari americana che nel 2008 scatenò la grande crisi finanziaria globale, sia stato nei giorni scorsi il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, affermando che la crisi del settore energetico rischia di innescare “un momento Lehman Brothers”, vale a dire un effetto domino sul mercato che potrebbe trasmettersi non solo ad altre società del settore, ma all’intero tessuto economico del paese. In pratica, se si verificassero ulteriori tagli del flusso di gas proveniente della Russia, a essere in discussione sarebbe l’intero modello economico tedesco. E ulteriori riduzioni non sono affatto escluse visto che il principale gasdotto Nord Stream chiuderà temporaneamente, dall’11 al 21 luglio, “per manutenzioni” come sibillinamente affermato dalle autorità russe facendo presagire lo scenario peggiore che è quello del black out.
Ecco perché Berlino vuole salvare il colosso Uniper, che ha accumulato perdite per oltre 800 milioni di euro da metà giugno – cioè da quando sono rallentati gli approvvigionamenti – mentre il suo valore di Borsa si è ridotto a poco più di 4 miliardi, dai quasi 16 miliardi di poche settimane fa. Una crisi che, ha tenuto a specificare Habeck, non è generata da errate scelte strategiche da parte della società, ma da una causa esterna, così com’era accaduto alla compagnia aerea Lufthansa durante la crisi Covid (anche in quel caso il costo per le casse pubbliche è stato di circa 9 miliardi di euro). Con la differenza, però, che la stretta di Mosca sta producendo effetti più estesi in Germania come quello di mandare in deficit la bilancia commerciale, cosa non si vedeva dai tempi della riunificazione.
Uniper ha 200 terawattora di contratti di fornitura a lungo termine con la Russia, ma negli ultimi venti giorni ha ricevuto solo il 40 per cento. Costretta a coprire la carenza di offerta nel mercato spot, l’azienda – scorporata dal gruppo Eon nel 2016 – starebbe perdendo circa 35 milioni di euro al giorno, secondo le stime di alcuni analisti, e la sua liquidità si sta progressivamente esaurendo. Una situazione insostenibile anche per il colosso energetico – il cui nome nasce dalla fusione delle parole “unique” e “performance“ – che potrebbe essere non un caso “unico”, ma il primo di una serie di società tedesche ad aver bisogno del salvataggio del governo. Un sostegno che potrebbe spingersi fino alla partecipazione al capitale in una sorta nazionalizzazione forzata del settore energetico.
In questo scenario, ci sono altri due fattori che rischiano di appesantire l’emergenza gas in Europa. Il primo è l’annunciato sciopero dei lavoratori norvegesi del settore che rischia di provocare una riduzione del 60 per cento delle esportazioni dal paese scandinavo proprio nel momento in cui l’Europa ha più bisogno di approvvigionarsi da fonti alternative a quella russa. I lavoratori, infatti, protestano contro l’erosione dei salari dovuta all’inflazione, ma il paradosso è che il loro sciopero contribuisce all’aumento del prezzo del gas perché riduce ulteriormente l’offerta della materia prima sul mercato. Il secondo è rappresentato dal fatto che un gran numero di centrali nucleari francesi (20 su 58) sono in manutenzione, cosa che sta facendo crescere il fabbisogno energetico del paese contribuendo a far schizzare i prezzi del gas. Ma una buona notizia viene dalla Shell, la più grande compagnia petrolifera e del gas d’Europa, diventata partner internazionale del più grande progetto mondiale di gas naturale liquefatto in Qatar. Un progetto da 29 miliardi di dollari che dovrebbe aumentare la capacità di esportazione di Gnl dallo stato del Golfo da 77 milioni di tonnellate a 110 milioni di tonnellate entro il 2026. Ma la diversificazione non può più attendere.