Quattro idee per quattro crisi. Numeri e soluzioni per le piccole imprese
Cosa si può fare per contrastare gli effetti della guerra, dei prezzo energetici, dell'inflazione e della siccità sulle nostre economie? Innanzitutto, puntare sul lavoro. E su chi cotribuisce a rendere competitivo questo paese
Alle piccole imprese italiane non mancano la capacità di resilienza e la volontà di ripartire dopo la crisi pandemica, ma sulla loro strada si moltiplicano ostacoli vecchi e nuovi. Oggi sono almeno quattro le grandi emergenze, scatenate o peggiorate dal conflitto in Ucraina, con le quali devono fare i conti: cibo, energia, acqua e lavoro. Gli effetti della guerra sulle commodities agroalimentari, con la carenza di materie prime e le tensioni sui prezzi, si ripercuotono – segnala Confartigianato – sulle 70mila imprese artigiane, con 271mila addetti, protagoniste dell’eccellenza del food made in Italy. A complicare la situazione si è aggiunta la perdurante siccità con l’emergenza idrica che coinvolge in tutta Italia 71mila imprese artigiane con 287mila addetti nei dieci comparti manifatturieri a maggiore intensità di utilizzo dell’acqua, a cominciare da quello estrattivo, seguito da tessile, petrolchimico, farmaceutico, gomma, materie plastiche, vetro, ceramica, cemento, carta e prodotti in metallo. E mentre gli imprenditori sono alle prese con la carenza idrica, dobbiamo fare i conti con la dispersione di questa preziosa risorsa a causa delle cattive condizioni delle infrastrutture: il 36,2 per cento dell’acqua immessa nella rete nazionale, pari a 0,9 miliardi di metri cubi, non arriva ai rubinetti degli italiani.
Va decisamente peggio sul fronte dell’energia dove i rincari di elettricità, gas, carburanti continuano a galoppare a ritmi insostenibili: per le imprese, nel secondo trimestre 2022 il prezzo dell’energia elettrica è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno. Ma per molti artigiani e piccole aziende di settori energivori gli aumenti, in particolare del prezzo del gas, sono ben superiori e spesso costringono addirittura a lavorare in perdita, mettendo a grave rischio la tenuta dell’occupazione.
E proprio il lavoro rappresenta un’altra emergenza a causa della carenza di personale, un altro ostacolo sulla strada della ripresa. Siamo al paradosso, denunciato da Confartigianato, che vede le micro e piccole aziende in difficoltà a trovare il 34,2 per cento della necessaria manodopera qualificata, pari a 1 milione di potenziali assunzioni, mentre 1,1 milione di giovani under 35 non studia e non cerca occupazione e 40mila giovani tra 25 e 34 anni sono espatriati per trovare lavoro. Due mondi che non si incontrano.
“Questa tragica guerra nel cuore dell'Europa – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – ci mette a dura prova anche perché fa venire al pettine vecchi problemi irrisolti come, nel caso della difficoltà di reperimento di manodopera, la distanza tra la scuola e il sistema dell’istruzione e il mercato del lavoro. Il governo ha fatto e sta facendo molto anche per attenuare le conseguenze del conflitto. Ma è difficile poter affrontare una crisi di queste dimensioni senza interventi coordinati a livello europeo e senza rimuovere gli storici ostacoli alla competitività del nostro sistema produttivo, valorizzando le capacità e le potenzialità delle piccole imprese italiane. Le nostre attività economiche sono frenate da storiche inefficienze, ritardi mai recuperati che oggi vanno assolutamente affrontati se si vuole davvero ripartire. I nostri imprenditori non aspettano altro che segnali concreti per rimettersi in moto, sia con misure strutturali di riduzione della pressione fiscale e semplificazione degli adempimenti burocratici, sia facilitandone l’accesso a nuovi strumenti di finanza d’impresa, alla ricerca e ai progetti di innovazione digitale e tecnologica, di transizione ecologica e di internazionalizzazione”.
“Servono – aggiunge Granelli – nuove politiche di rilancio per tutto il paese, per i diversi territori che lo compongono. Serve una visione chiara, impegni precisi e mantenuti con coerenza. Quello di cui non abbiamo bisogno sono i ‘passi indietro’, come nel caso della vicenda dei bonus edilizia che, dopo mesi di stop and go normativi, vede oggi migliaia di imprenditori con i crediti fiscali bloccati e in balia dell’incertezza. Dalla tempesta del Covid siamo usciti con la consapevolezza che l’Italia ha retto anche grazie a noi e che il nostro modello di impresa è stato determinante nel sostenere il tessuto economico e sociale italiano. L’orgoglio, la passione, la voglia di farcela non ci mancano. Non saremmo imprenditori se non avessimo la forza di metterci alla prova ogni giorno. Quello che vogliamo è un paese che sostenga con convinzione 4 milioni di ‘piccoli giganti’ coraggiosi che contribuiscono a fare dell’Italia la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania e che si battono per restare competitive, nonostante tutto”.