finanze pubbliche
Vietato dire “stagflazione”, ma senza Bce non si può sostenere la crescita
L’Europa dice basta agli aiuti generalizzati che aumentano l’inflazione. Le misure mirate da far accettare agli elettori
Bruxelles. Misure “mirate” e “temporanee” per aiutare chi è davvero in difficoltà per l’aumento dei prezzi dell’energia. Questo è il nuovo mantra dei ministri delle Finanze della zona euro che, nella riunione dell’Eurogruppo di ieri, hanno cercato di trovare una risposta coordinata a una sfida quasi impossibile: come usare la politica fiscale per attutire l’impatto dell’inflazione record e dare una mano alla crescita, senza alimentare ulteriormente l’inflazione e correre il rischio della stagflazione? “Non possiamo più avere misure perenni e universali per affrontare la crisi energetica”, ha avvertito il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni.
Ma la fine degli stimoli è politicamente difficile da realizzare per governi confrontati a tensioni economiche e sociali. La parola “stagflazione” è bandita dal discorso ufficiale europeo. Giovedì la Commissione presenterà le previsioni economiche estive, rivedendo al ribasso le stime di crescita e al rialzo quelle sull’inflazione. Il pil per quest’anno dovrebbe rimanere positivo. “Non siamo in territorio negativo in questo momento”, ha anticipato Gentiloni. Ma “ciò che può cambiare la situazione e portarci in una situazione economica più difficile sono tagli delle forniture e vere penurie” di gas, ha aggiunto il commissario.
La Banca centrale europea non ci sarà più per sostenere la crescita. Al contrario: la prossima settimana inizierà ad alzare i tassi. La “sfida” per i ministri delle Finanze della zona euro è “come affrontare l’inflazione in un modo che non danneggi la crescita”, spiega al Foglio una fonte dell’Eurogruppo: “Le politiche fiscali devono tenere conto” dell’inflazione a livelli così alti “per evitare di alimentare ulteriormente le dinamiche di inflazione”. Con la Bce che ritira gli stimoli, malgrado la promessa di un nuovo strumento anti frammentazione, riemerge la preoccupazione della sostenibilità del debito, in particolare per l’Italia. Il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, ha voluto inviare un messaggio chiaro: “E’ il momento di uscire” dagli stimoli adottati durante la pandemia.
Le parole di Donohoe si ritrovano nella dichiarazione finale sottoscritta dai ministri delle Finanze: “L’Eurogruppo ritiene che non sia giustificato sostenere la domanda complessiva attraverso politiche fiscali nel 2023”. Basta con i bonus e il sostegno al redditto per tutti, le compensazioni o i ristori per le imprese. Vale anche per gli aiuti nel settore energetico, come gli sconti sul carburante o sulla bolletta di gas ed elettricità. “Misure fiscali di ampia portata, come riduzioni generali di tasse e accise, miravano a mitigare l’impatto del rapido aumento dei prezzi dell’energia a livello nazionale, ma dovrebbero essere temporanee e sempre più aggiustate per concentrarsi sui più vulnerabili”, dice la dichiarazione dell’Eurogruppo: “L’effetto negativo sui redditi dovuto ai prezzi elevati dell’energia non può essere affrontato in modo duraturo attraverso misure fiscali compensative, ma richiederà investimenti a medio termine nell’efficienza energetica e nello sviluppo di fonti energetiche locali sostenibili”.
I governi devono anche evitare la tentazione di lanciarsi in aumenti di salari e pensioni, che avrebbero effetti secondari sull’aumento dell’inflazione. Nella dichiarazione dell’Eurogruppo, i ministri si sono impegnati a facilitare “il compito della politica monetaria di garantire la stabilità dei prezzi non aggiungendo pressioni inflazionistiche”.
“Dobbiamo essere trasparenti su cosa è possibile fare per i nostri cittadini e imprese. E su ciò che non è nelle nostre possibilità”, ha avvertito il ministro olandese delle Finanze, Sigrid Kaag, lanciando un invito a tutti ad “agire in modo prudente sulle finanze pubbliche”. Dopo che la Bce ha decretato la fine degli stimoli monetari, ieri l’Eurogruppo ha fatto lo stesso con gli stimoli fiscali. La vera sfida sarà di farlo accettare gli elettori.
tra debito e crescita