nemici e alleati
Il trade-off per l'Ue e Putin che usa il Kazakistan come una pedina
Il rialzo dei prezzi del petrolio e i nuovi accordi di Biden in Arabia Saudita potrebbero innescare nuove dinamiche geopolitiche da parte di paesi non allineati
L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ha pubblicato il suo ultimo rapporto sul mercato del petrolio. Per ora una crescita della domanda delle economie avanzate più debole del previsto e la resilienza dell’offerta russa hanno mantenuto gli equilibri, ma il peggioramento delle prospettive macroeconomiche e i rischi dal lato dell’offerta rendono le prospettive estremamente incerte. La Banca mondiale aveva avvertito degli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina sui mercati delle materie prime, sulle supply-chain, sull’inflazione e di conseguenza sul rallentamento dell’attività economica globale: le previsioni della Banca mondiale sono di un rallentamento della crescita del pil mondiale al 2,9 per cento nel 2022 rispetto al 5,7 per cento del 2021.
Tuttavia, vista la domanda delle economie emergenti trainata dalla ripresa della Cina dopo l’uscita dai lockdown, l’Iea non ha ridotto drasticamente le prospettive della domanda di petrolio per il 2022 e 2023. Una previsione rivista leggermente al rialzo anche per via della performance russa, molto buona, che nonostante guerra e sanzioni ha tenuto alta la produzione addirittura aumentandola (a giugno 9,74 milioni di barili al giorno rispetto ai 9,26 di maggio). Dall’anno prossimo però la Russia dovrà affrontare la piena entrata in vigore dell’embargo dell’Unione europea, che potrebbe portare a un inasprimento del mercato petrolifero. Il trade-off delle sanzioni infatti è questo: se funzionano colpiscono il settore petrolifero russo facendo scendere la produzione, ma così fanno anche aumentare il prezzo del petrolio.
Per mitigare questo effetto e annullarlo nel lungo periodo sarebbe necessario un aumento della produzione nei paesi dotati di una vasta capacità inutilizzata, al momento presente soprattutto in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, ma potenzialmente anche paesi come Libia, Kazakistan, e altri. Il gruppo dei paesi Opec+ (il cartello allargato di cui fa parte anche la Russia) si riunirà il 3 agosto per tracciare la strategia di settembre. La missione del presidente americano Joe Biden in Medio Oriente, che prevede per venerdì anche un incontro “riabilitante” con il principe Mohammed bin Salman, ha lo scopo di convincere Riyad a sostenere un aumento generale della produzione.
Vladimir Putin tutto questo lo sa bene, e consapevole di avere un periodo di tempo limitato per esercitare la massima pressione economica su opinioni pubbliche e governi europei, non esita a usare il Kazakistan – un paese in teoria alleato naturale della Russia – come pedina della sua guerra. Martedì scorso un tribunale locale della città russa di Novorossiysk ha ordinato al Caspian Pipeline Consortium (Cpc) di sospendere il transito di petrolio per 30 giorni a causa di “violazioni documentali”. Questo oleodotto appartiene a un consorzio di società occidentali, asiatiche, russe e kazake e, sebbene sia in Russia, circa il 90 per cento del greggio trasportato proviene dal Kazakistan. Lunedì il tribunale ha annullato la sentenza convertendola in una (ridicola) multa di 3.300 dollari, dimostrando però che Mosca ha il potere di interrompere a suo piacimento i flussi di petrolio.
Dopo l’accaduto il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha affermato che è necessario diversificare e costruire nuove infrastrutture, come il Trans-Caspian Transport Corridor, un oleodotto che collegherebbe direttamente il Kazakistan all’Azerbaijan (e da lì all’Europa) evitando di passare per la Russia. Un progetto che interessa anche alla Cina, ma che richiede tempo e denaro. Tokayev ne ha parlato in una telefonata con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, affermando la volontà del Kazakistan di utilizzare il potenziale dei suoi idrocarburi per stabilizzare i mercati energetici mondiali ed europei.
La rottura dei legami energetici tra Europa e Russia ha innescato un cambiamento delle relazioni internazionali che darà vita a nuovi legami tra Europa e paesi finora trascurati. La Russia di Putin invece è entrata nell’ordine di idee che chi non è un amico è un nemico, o una pedina, e molto presto anche i paesi “non allineati” potrebbero trovarsi costretti a fare delle scelte.