Gli accordi di Draghi in Algeria per fare dell'Italia l'hub europeo del gas
Algeri è diventato il nostro primo fornitore di metano e agli attuali flussi si aggiungeranno altri quattro miliardi di metri cubi. Tra Transmed e il raddoppio del Tap la rotta italiana diventa sempre più centrale in Europa
Mentre nella capitale italiana si susseguivano le riunioni dei partiti sulla crisi di governo in vista del D-day di mercoledì, Mario Draghi è volato nella capitale algerina per il quarto vertice intergovernativo Italia-Algeria in cui sono stati siglati accordi e contratti di fornitura con il paese che in questi mesi è diventato il nostro primo fornitore di gas naturale. Prima della guerra la Russia forniva all’Italia 29 miliardi di metri cubi di gas all’anno contro i 23 dell’Algeria, ma quest’anno nel gasdotto che collega i due paesi sono già transitati 13,9 miliardi di metri cubi, ai quali si aggiungeranno ora altri 4 miliardi, oltre ai 2 miliardi concordati la scorsa primavera. Forniture aggiuntive da sommare a quelle già pianificate dei prossimi mesi, con lo scopo di aiutare l’Italia a superare l’inverno. Ciò è possibile grazie al rapporto speciale tra l’algerina Sonatrach e l’Eni, presente nel paese dal oltre 40 anni.
Al termine del vertice intergovernativo Draghi ha confermato la forza del partenariato privilegiato, sottolineando che gli accordi sui volumi aggiuntivi sono un’accelerazione che “anticipa forniture ancora più cospicue nei prossimi anni”. Draghi era accompagnato da sei ministri: il titolare degli Esteri Luigi Di Maio, dell’Interno Luciana Lamorgese, della Giustizia Marta Cartabia, della Transizione ecologica Roberto Cingolani, delle Infrastrutture Enrico Giovannini, delle Pari opportunità Elena Bonetti. Una delegazione che ha firmato con gli omologhi algerini 15 tra accordi e protocolli d’intesa su temi quali giustizia, lotta alla corruzione, sviluppo sociale, costruzione di strade e grandi opere, cooperazione industriale, farmaceutica, investimenti, ambiente, patrimonio culturale, energie rinnovabili, e tanto altro. Lamorgese si è occupata anche di colloqui sulla questione delle rotte migratorie.
La visita si è conclusa con l’intervento di Draghi e del premier algerino Aymen Benabderrahmane all’inaugurazione del Business Forum dove erano presenti circa 200 imprese italiane e 100 algerine. Anche a livello economico i due paesi hanno relazioni consolidate: l’Italia è il secondo partner commerciale dell’Algeria tra i paesi dell’Unione europea, l’Algeria è il primo partner commerciale dell’Italia in Africa. Ma adesso la relazione italo-algerina vuole evolversi e diventare un pilastro della strategia per fare dell’Italia l’hub principale del passaggio del gas dal Mediterraneo all’Europa.
Ciò nonostante, non sono tutte rose. Oltre ai problemi di stabilità sempre presenti in uno stato non pienamente democratico, l’Algeria è uno dei principali acquirenti di armamenti russi. E alle ottime relazioni con l’Italia va contrapposto un peggioramento dei rapporti con la Spagna: a seguito della nuova posizione spagnola nei confronti del Marocco e del Sahara occidentale, a giugno Algeri ha sospeso il trattato di amicizia con Madrid, al quale è seguita l’apertura di un contenzioso con Bruxelles per spingere gli algerini a rivedere la decisione.
Niente di drammatico, ma che ricorda quanto sia necessario per l’Ue dotarsi di una strategia comunitaria sull’energia, che infatti sta iniziando a prendere forma. Nelle stesse ore in cui Draghi era ad Algeri, Ursula von der Leyen era a Baku a chiudere un accordo per il raddoppio delle forniture di gas dall’Azerbaijan all’Europa attraverso il corridoio meridionale e il gasdotto Tap, quello che il M5s cercò in tutti i modi di chiudere (per fortuna fallendo).
L’Italia è in una posizione che la rende la via di accesso privilegiata e quasi insostituibile per le importazioni di energia dai giacimenti del Mediterraneo centrale e orientale, e potenzialmente dall’Africa, dall’Asia centrale e dal Qatar. Per farlo però è necessario costruite gasdotti e terminal per la rigassificazione, in un paese dove le follie populiste hanno rischiato seriamente di mandare a monte un’infrastruttura oggi vitale come la Tap, dove partiti nazionali protestano a Piombino contro il rigassificatore e dove la discussione sul termovalorizzatore di Roma è diventata uno dei punti centrali della crisi di governo che Draghi dovrà affrontare nelle prossime 48 ore.