oggi la decisione

Lo sgambetto a Draghi indebolisce lo scudo anti-spread della Bce

Mariarosaria Marchesano

I falchi della Banca centrale europea contrari a quello che considerano l’ennesimo regalo all’Italia si rafforzano. Soprattutto ora che il paese si ritrova un governo azzoppato dalla crisi politica

Mentre a Roma si decidevano le sorti del governo italiano, a Francoforte per tutta la giornata di ieri si sono susseguite riunioni preparatorie al board della Bce che oggi potrebbe mettere fine all’epoca dei tassi zero o negativi con un rialzo superiore alle attese. Ma al centro della scena ci sarà lo strumento che dovrebbe scongiurare la frammentazione dell’Eurozona proprio in seguito alla normalizzazione della politica monetaria, il famigerato scudo anti spread. E l’Italia, alla luce della profonda crisi politica, è più che mai il paese da cui questo movimento tellurico potrebbe partire se gli investitori si convincono che il rischio-paese è tornato per restare (prima di conoscere il verdetto del Parlamento sul futuro del governo Draghi, lo spread si era assestato a 220 punti con i rendimenti dei Btp al 3,47 per cento, mentre il Ftse-Mib ha perso l’1,6 per cento).

 

Il nervosismo tra gli operatori di mercato è palese. “Ci aspettiamo che la Bce sia più esplicita o addirittura che già annunci l’operatività di uno strumento anti frammentazione – dice un’analisi di Generali Investments –. Intravediamo il rischio però che possa non corrispondere alle aspettative del mercato. In tal caso, il debito periferico potrebbe essere messo sotto pressione”. Nervosismo e anche scarsa fiducia che oggi la Banca centrale europea possa annunciare qualcosa di concreto. E il motivo è che negli ultimi giorni si sarebbe rafforzata l’ala dei falchi della Bce contraria a fare quello che considera l’ennesimo regalo all’Italia, soprattutto ora che il paese si ritrova un governo azzoppato dalla crisi politica e potenzialmente non in grado di soddisfare le condizionalità richieste.

 

Su questo punto in particolare, osservatori attenti e informati spiegano al Foglio come in Germania stia crescendo il fronte di coloro, soprattutto nel mondo accademico tra giuristi ed economisti, che sono pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale tedesca e alla Corte di giustizia europea se la Bce dovesse intervenire a favore dei titoli governativi di un singolo paese. Vero è, questo il ragionamento in sintesi, che rientra nei compiti della Bce assicurarsi che la politica monetaria venga trasmessa correttamente nei vari paesi e che un aumento allarmante del differenziale dei rendimenti tra btp e bund tedeschi (per esempio oltre la soglia di 300 punti base) si ripercuoterebbe in modo negativo sulle condizioni di finanziamento bancario a famiglie e imprese italiane, ma uno scudo anti spread che non sia subordinato a precisi impegni su riforme e rigore dei conti pubblici avrebbe tutte le caratteristiche per essere considerato finanziamento ai governi e, quindi, fuori dal mandato della Bce. Uno scenario simile si è già verificato negli anni passati prima con il Qe e poi con il Pepp, entrambi programmi di acquisto titoli di stato – il primo più generico e il secondo varato in epoca pandemica –  con il risultato che i ricorsi tedeschi hanno avuto l’effetto di esercitare pressione sui banchieri centrali affinchè accelerassero la fine dei programmi non appena le condizioni economiche della zona euro fossero migliorate. Cosa che è puntualmente accaduta.

 

E adesso che l’economia rischia di arretrare di nuovo in seguito alla guerra russo-ucraina, è la corsa dell’inflazione a costringere la Bce a terminare la sua politica accomodante e avviare l’aumento dei tassi d’interesse. Di quanto? “Le ultime indicazioni trasmesse da fonti della Bce segnalano che domani (oggi per chi legge, ndr) potremmo assistere a un aumento di 50 bp rispetto ai 25 inizialmente stimati – spiega Giancarlo Bilotta di Plenisfer Investment sgr – ma vedremo. In ogni caso, se la recessione dovesse concretizzarsi, potremmo presto tornare nella ‘trappola dei tassi’ che ha imprigionato l’Europa negli ultimi anni”. Ma le stime sono discordanti. Lale Akoner, senior market strategist di Bny Mellon Investment, dice di aspettarsi, invece, un rialzo dei tassi di 25 bp base questa settimana e un possibile rialzo di 50 bps a settembre. “In questo modo la Bce si lascerebbe un margine di manovra per la fine dell’anno, quando saremo in grado di vedere con maggior chiarezza gli impatti di più lungo termine della crisi delle forniture di gas e petrolio russo”. Per Akoner, le Banche centrali hanno compiuto l’errore durante la pandemia di sovrastimarne le conseguenze negative di lungo termine, e di conseguenza hanno allentato sin troppo le proprie politiche monetarie, generando così l’elevato livello di inflazione attuale.