l'intervista
“Gas? Ecco la nostra strategia. Non è ora di razionare”. Parla il braccio destro di Timmermans
Green deal, nucleare, autonomia dalla Russia. Quali sono i piani dell'Ue? Intervista a Mauro Petriccione, DG Clima della Commissione europea
“Il Green deal, in quanto politica industriale, si fonda sul pragmatismo”, dice così al Foglio il DG Clima della Commissione Ue Mauro Petriccione, braccio destro del vicepresidente esecutivo di Palazzo Berlaymont Frans Timmermans, a proposito delle accuse di eccesso ideologico nelle politiche europee. Si avvertono gli echi del manifesto firmato dai ministri Andrea Orlando ed Enzo Amendola ma la conversazione verte soprattutto sull’Europa. “Quando parliamo di autonomia strategica europea – prosegue – non intendiamo ‘autarchia’ ma equilibrio economico. Non saremo mai autosufficienti, viviamo di commercio. Dobbiamo tornare a produrre e a investire nell’industria europea, la logica del meno caro a tutti i costi va abbandonata. Lo sa come diceva mia madre? Chi più spende meno spende”.
Motori elettrici e pannelli fotovoltaici rischiano di sostituire la vulnerabilità europea verso la Russia con quella verso la Cina? “Il rischio esiste. Oggigiorno affrontiamo un grosso problema con le forniture cinesi perché Pechino è ancora alle prese con l’emergenza Covid. Dobbiamo tornare a investire nell’industria europea. Guardiamo l’innovazione: nei brevetti sull’efficienza energetica siamo secondi soltanto agli Usa. Nei brevetti sulle tecnologie verdi primeggiamo in modo assoluto. Il pannello solare è cinese solo se deve costare il meno possibile. Se accettiamo di pagare un po’ di più, il pannello lo realizziamo in Italia. Abbiamo sostenuto il progetto di Enel Green Power per la Gigafactory di pannelli a Catania. Eni ha brevettato una tecnologia di pellicole solari che si arrotolano come un poster in un tubo. Abbiamo sostenuto il progetto di un’azienda francese produttrice di tegole solari. Se puntiamo sulle nostre aziende possiamo produrre ricchezza e lavoro diversificando i fornitori e senza temere per il futuro”.
Al quinto mese di conflitto ucraino e con lo stato di preallarme in Italia per la fornitura di gas, le fonti fossili tornano necessarie. “L’impatto della guerra è complesso, non per forza negativo. Affrontiamo l’ennesima crisi dei combustibili fossili. Molti non credevano o non volevano crederci: i fossili vengono usati come arma di intimidazione e aumentano il nostro senso di insicurezza. Dobbiamo raddoppiare gli sforzi per disintossicarci da questa dipendenza. Nell’immediato c’è un problema di scorte e rifornimenti sebbene, a livello di stoccaggi, siamo messi meglio rispetto ad un anno fa. Esiste una doppia agenda: a breve termine vanno ricercate le alternative al gas russo, nel medio e lungo il passaggio alle rinnovabili è inevitabile”. I tempi per azzerare l’import russo restano lunghi. “Già prima del conflitto, avevamo previsto una transizione graduale, nell’arco di trent’anni, su una traiettoria dritta. Probabilmente rallenteremo nei prossimi due o tre anni ma investiremo di più nella transizione verso le rinnovabili. Da qui al 2050 i numeri restano immutati. Cambia il ruolo del gas che continua a essere tecnologia di transizione ma disponibile in quantità minore e a prezzi maggiori”. Per gli operatori i vincoli fissati per il gas nella tassonomia verde sono troppo restrittivi, ai limiti dell’impraticabilità. “Siamo stati chiari con l’industria: nel 2050 o non c’è più gas nel nostro sistema o non c’è più Co2 nel sistema gas. La decisione spetta a loro: o si riconvertono o chiudono. Gran parte del settore sta virando sui gas decarbonizzati, gli investimenti in idrogeno sono positivi”.
Il nucleare, incluso anella tassonomia verde, può essere il perno di un’economia a zero emissioni? “Il nucleare non produce emissioni, è un fatto. Tuttavia, che sia una tecnologia sostenibile è da vedere. La sostenibilità economica di progetti onerosi che richiedono non meno di dieci anni e producono scorie difficilmente smaltibili è questione critica, considerando che nel medesimo lasso di tempo si costruisce l’equivalente di rinnovabili. Il nucleare sicuro è caro, non conviene”. Per la Commissaria europea all’Energia Kadri Simson, il “risparmio preventivo” per industria e famiglie dovrebbe iniziare già oggi. È un modo soft per anticipare il razionamento? “Noi della Commissione siamo noti per una certa pignoleria nell’uso delle parole. Se volessimo parlare di razionamento lo faremmo. Stiamo parlando di risparmio, comportamenti responsabili. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, se nelle abitazioni europee abbassassimo il termostato di un grado, potremmo tagliare l’energia del 7% con un risparmio in bolletta di 70 euro l’anno per ogni famiglia. Il risparmio è una misura preventiva. Se tutto dovesse andar male, ricorreremo al razionamento in inverno”.