Si vota, e l'agenda energetica di Draghi sparisce dall'orizzonte
La crisi detta le priorità dei prossimi mesi: bollette, accise, rigassificatori, gas nazionale e rinnovabili. Ma i partiti si fanno accarezzare dalla tentazione dell'agenda Greta e i "no" sono dietro l'angolo
Nella campagna elettorale più rovente della storia, l’ambiente si è già ricavato uno spazio centrale. Ma mentre si discute di piantare un milione di alberi o di rivalutare il nucleare per il futuro, è la crisi energetica che detta le priorità dei prossimi mesi: di fronte ai prezzi del gas quintuplicati e all’urgenza di riempire gli stoccaggi, nessuna proposta può essere credibile se non affronta la realtà con più pragmatismo e meno ideologia di quanto fatto in passato. I temi spinosi sono moltissimi.
Quando il prossimo governo si insedierà, in autunno, l’Italia potrebbe trovarsi a dover gestire la riduzione dei consumi di gas del 15 per cento richiesta dalla Commissione europea: significherebbe fare a meno di circa 8,3 miliardi di metri cubi di gas nel periodo compreso tra il primo agosto e il 31 marzo 2023. La partita è ancora aperta e oggi il Consiglio Energia proverà a trovare una sintesi tra le posizioni divergenti dei paesi membri. Con una lettera inviata la scorsa settimana a Bruxelles, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha espresso la sua contrarietà verso l’obbligatorietà del taglio. I paesi contrari sono dodici e secondo una bozza vista da Politico le trattative potrebbero portare all’introduzione di alcune deroghe per chi dipende fortemente dal gas per la produzione di energia elettrica, come l’Italia.
Al netto delle modifiche su cui lavorano le diplomazie europee, il tema resta e sarà una delle grane di cui occuparsi. Anche perché parlare di ambiente senza affrontare il tema della dipendenza energetica del paese sarà solo un esercizio retorico. Cosa ne sarà per esempio dell’estrazione di gas nazionale che il governo Draghi ha definito “strategica”? Ora che sono state pubblicate le manifestazioni di interesse per gli operatori del settore, il piano inizia a prendere forma. Ma nasce già azzoppato. Un motivo su tutti è il perimetro limitato delle aree dentro cui potrà avvenire l'estrazione: il nuovo governo avrà la volontà di modificare la mappa delle zone idonee (Pitesai) o lascerà tutto così? Se la visione politica del nuovo esecutivo dovesse essere poco chiara o peggio critica nei confronti dell’upstream nazionale, non sarà semplice convincere le imprese a investire per fornire più gas al paese.
Quello che arriverà in forma liquida in seguito agli accordi degli ultimi mesi con diversi paesi produttori avrà invece bisogno dei nuovi rigassificatori. Mettere in funzione quello galleggiante destinato al porto di Piombino entro primavera “è una questione di sicurezza nazionale”, ha detto Mario Draghi nel suo discorso in Senato la settimana scorsa. “Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture”, ha aggiunto.
Secondo il cronoprogramma, i lavori dovrebbero essere avviati a ottobre, ma praticamente tutte le forze politiche sul territorio si sono unite in un coro di no. La campagna elettorale potrebbe rappresentare l’affondo definitivo se i partiti cederanno alla tentazione di sposare l’agenda Greta invece dell’agenda Draghi. In ballo c’è la sostituzione di 5 miliardi di metri cubi di gas proveniente da Mosca con il Gnl acquistato via nave. Altri 5 miliardi di metri cubi dovrebbero finire a Ravenna quando Snam concluderà l’acquisto della seconda unità galleggiante, sempre che la strategia energetica nazionale tratteggiata da questo governo non venga nel frattempo smantellata.
Sul fronte dei prezzi energetici che rischiano di deprimere l’economia nazionale, penalizzando in particolar modo l’industria, la legge di bilancio sarà decisiva. Il governo Draghi è intervenuto tagliando gli oneri di sistema ma oltre alle proroghe è ora di ragionare su una riforma strutturale e sulle relative coperture. Discorso analogo riguarda il taglio delle accise per i carburanti, tema caro alla campagna elettorale della Lega di cinque anni fa.
Resta poi il tema delle rinnovabili. Tutti le vogliono, ma con quale ricetta? Il decreto sui criteri per individuare le aree idonee non è ancora stato pubblicato ed è un passaggio obbligato perché le regioni possano decidere le proprie mappe sul territorio. Va concluso entro dicembre.
Stabilire come accompagnare le semplificazioni introdotte finora e valutare se attribuire nuove risorse alla commissione speciale che si occupa dell’approvazione dei progetti è uno dei (tanti) temi sospesi.