Perché la vendita di Ita è solo nelle mani di Draghi
L’accordo con Msc e Lufthansa per l’acquisizione di Ita Airways è stato approvato dal Ministero dell’economia e finanze. Manca solo la firma del capo del governo che non vuole "lasciare le cose a metà" prima di terminare il suo mandato
Roma. La sorte di Ita Airways è nelle mani di Mario Draghi. L’accordo con Msc e Lufthansa per l’acquisizione rispettivamente del 60 per cento e del 20 per cento (il resto rimane per ora al Tesoro) è stato approvato dal Ministero dell’economia e finanze, azionista della compagnia, la vendita è incastonata in un dpcm (in Gazzetta ufficiale dal 2 marzo), a questo punto manca solo la firma del capo del governo il quale può portare il dossier al consiglio dei ministri, oppure varare l’intesa anche di propria iniziativa.
Non sarebbe un atto d’imperio, è del tutto legittimo, rientra negli “affari correnti” e a certificarlo è un parere del maggior costituzionalista italiano, Sabino Cassese, inviato sia a Palazzo Sella, sede del Mef, sia a Palazzo Chigi. Oggi si riunisce anche il consiglio di amministrazione della compagnia per decidere l’aumento di capitale da 400 milioni di euro slittato in attesa delle nozze.
Poche volte come in questo caso la corsa contro il tempo non è una frase fatta. Ita ha chiuso giugno in utile e probabilmente guadagnerà anche a luglio visto il boom dei viaggi passeggeri, ma poi arriva l’autunno, mentre il costo dei carburanti continua a salire. Non solo, con la bassa stagione ci saranno anche un nuovo parlamento e un nuovo governo, nulla sarà più scontato. Le divisioni sono già emerse. In Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli ha sollevato il tricolore: "Avremo il tempo per far gestire il business del trasporto aereo italiano all’Italia”, ha dichiarato sentendosi vincitore. Ma ci ha pensato Guido Crosetto a raddrizzare ancora una volta la barra con un tweet dal taglio governativo: “Non possiamo ancora permetterci si spostare ancora in avanti le scelte su Ita e Ilva. A settembre avremo già troppi altri problemi”.
Ieri durante l’incontro con il governo, i sindacati hanno fatto pressione. Anche per loro non c’è tempo da perdere, se salta l’accordo i piani della compagnia vanno ridimensionati, ciò vuol dire altri tagli, con il rischio di finire per consunzione. Per sei mesi si può tirare avanti, fra otto mesi si galleggia a mala pena, tra dodici mesi si va con i libri in tribunale. Di tempo, del resto, se ne è perduto già molto. Draghi se ne rendo conto e fonti sindacali informano che si è impegnato a portare in porto l’operazione: “State sicuri che non lascio le cose a metà”, ha detto.
L’offerta di Msc e Lufthansa risale al 24 gennaio (il Foglio l’ha scritto per primo) e allora valeva circa un miliardo di euro. Ora siamo scesi a una forchetta tra 800 e 850 milioni. Resta un buon affare secondo l’azionista Tesoro e non solo sul piano finanziario. E’ la sua dimensione industriale ad aver spostato il piatto della bilancia, facendo superare obiezioni presenti anche nel ministero dove si è a lungo discusso sui tempi, i modi, il valore da assegnare a Ita che a sua volta determina il valore della quota pubblica. L’argomento forte è che si tratta di un progetto integrato: merci e passeggeri, cielo e mare visto che Msc è leader mondiale nelle navi container e in quelle da crociera. Il futuro anche per il trasporto aereo è sempre più legato alla logistica, Air France vi sta investendo molto, quanto a Lufthansa l’anno scorso ha guadagnato un miliardo e mezzo di euro con i cargo e ne ha persi 2,6 con i voli passeggeri. Nasce, dunque, una compagnia più piccola di Alitalia, ma con un’offerta più ampia e articolata, quindi un profilo di rischio minore.
Ita resta una scommessa, tuttavia l’accordo è basato su un progetto complesso grazie al quale sono state ridimensionate anche le tradizionali bizze della Lega preoccupata dalla sorte di Malpensa. Se va in porto l’operazione, l’aeroporto brianzolo oggi privo di identità diventa un hub europeo per le merci. Ancora molti puntano i piedi e non solo a destra. Nel Pd sono tornati gli azzeccagarbugli, i difensori di uno status quo inesistente e i benaltristi (ci vuole sempre ben altro).
Ma si dimentica che è pronta a scattare anche la tagliola europea. L’Italia ha ottenuto di stanziare un miliardo e 350 milioni di euro a condizione che venga completata entro la fine di quest’anno l’alleanza con un partner. Solo così è possibile evitare che il finanziamento pubblico venga considerato aiuto di stato mettendo seriamente a rischio la continuità aziendale. E fino a quando potrà durare la pazienza di Msc e Lufthansa? La compagnia tedesca ha nel mirino anche la Tap (le linee aeree portoghesi) e in Germania sulla stampa cominciano a chiedersi se le dimissioni di Draghi e le elezioni non rendano tutto troppo complicato riportando l’Italia al vecchio andazzo. Non si tratta dei soliti pregiudizi, è la domanda che si fanno anche gli italiani.