le voci degli esperti
La crescita del pil spinge il mercato del lavoro: in Italia cresce l'occupazione
Il tasso di occupati tocca un record, aumentano i contratti indeterminati e dimuiscono anche gli inattivi. Ma è ancora troppo presto per individuare un trend. L'età media della popolazione, il mismatch e la possibile frenata economica restano incognite aperte
Dopo il calo registrato nel mese di maggio, a giugno il livello degli occupati in Italia è aumentato dello 0,4 per cento (pari a 86mila unità), mentre diminuiscono i disoccupati (-0,2 per cento) e gli inattivi (-0,7 per cento) come segnalato da Istat. In particolare sono cresciuti i contratti da dipendenti permanenti (+0,8 per cento), che danno maggiore robustezza al sistema economico. I buoni risultati sono dimostrati anche dal record che registra il tasso di occupazione, cioè il rapporto percentuale tra gli occupati e il numero totale delle persone disposte a lavorare, che ha raggiunto il 60,1 per cento, il massimo dal 1977, quando sono cominciate queste rilevazioni. Anche nel confronto con giugno 2021, la crescita degli occupati risulta considerevole dato che l'aumento è stato pari a 400 mila persone.
Ma qual è il motivo di questa crescita così positiva per il mercato del lavoro italiano? “Sono certamente dati buoni, ma sono mesi che si racconta che le imprese fanno fatica a riempire i posti vacanti quindi il dato non sorprende”, racconta Maurizio Del Conte, ex presidente dell’Anpal e docente di diritto del lavoro all'Università Bocconi di Milano. “Tutto è legato alla ripresa post pandemica: quando cresce il pil – nel secondo trimestre è aumentato dell'1 per cento rispetto al primo – è normale che cresca anche l'occupazione. Il tasso di disoccupazione ha toccato l'8,1 per cento".
Tuttavia, i problemi del mercato del lavoro italiano sono distanti dall'essere risolti: “Il tasso di occupazione ha raggiunto il record, ma se lo analizziamo con attenzione notiamo che il dato resta inferiore alla media europea. E quello della popolazione femminile è ancora troppo basso perché inferiore al 50 per cento. C'è poi una questione di qualità del lavoro: sono stati aggiunte posizioni ad alta o a bassa produttività? Purtroppo questi dati non ci permettono di rispondere alla domanda per via del modo in cui sono costruiti”.
Francesco Giubileo, sociologo e consulente in materia di lavoro e formazione professionale, fornisce una diversa lettura ai numeri. “Tra le motivazioni principali degli ottimi dati c'è la causa demografica: molti lavoratori sono andati in pensione e quindi ora, piano piano, le imprese stanno riempiendo quei posti rimasti vuoti”.
La crescita dell'occupazione potrebbe aumentare anche nei prossimi mesi, aggiunge quindi Giubileo, che vede però tutt'altro che risolto il problema del mismatch lavorativo: “Nonostante il livello di disoccupati resti intorno ai 3 milioni di persone, è altamente probabile che circa un milione, anche un milione e mezzo, di posti di lavoro restino vacanti. E le motivazioni sono varie: competenze dei disoccupati non all'altezza del posto vuoto, contratti di breve durata e salari non sufficienti per spingere i disoccupati a lavorare. È una situazione estremamente particolare. Ad esempio, il settore Horeca – che include hotel, ristoranti e caffè – ha forte bisogno di manodopera ma ha grosse difficoltà a trovare personale. Questa penuria di lavoratori è un problema estremamente diffuso.”
Secondo entrambi gli esperti, gli ottimi dati sull'occupazione però non sono sufficienti a definire trend assoluti. Anzi, Giubileo sottolinea il fatto che un'eventuale recessione intaccherebbe i dati del mercato del lavoro con vari mesi di ritardo. Osservando i dati con uno sguardo temporale maggiore, c'è poi la preoccupazione dell'invecchiamento della popolazione. “Non è detto che un aumento dei lavoratori sia sufficiente a sostenere la crescita del pil”, dice Del Conte. “La popolazione italiana sta diminuendo, in particolar modo sta diminuendo quella in età da lavoro e questo sarà un problema sempre maggiore ogni volta che osserveremo questi dati”.