Vladimir Putin con un'espressione dubbiosa durante una visita a Berlino, Germania (Getty Images)

il report

Dalla Bce arriva la conferma che le sanzioni alla Russia funzionano

Alberto Chiumento

Il primo round di sanzioni ha fatto diminuire l'import russo del 15 per cento. Mosca ha grosse difficoltà nel sostituire beni industriali legati ai macchinari e ai trasporti e non possiede le tecnologie necessarie a creare prodotti alternativi. A luglio la vendita di petrolio russo ha recuperato i volumi del 2021 ma grazie a costosissimi sconti ai paesi asiatici

Definire l'efficacia delle sanzioni imposte alla Russia è estremamente complesso perché riguardano beni e settori diversi e sono entrate in vigore in modo dilazionato nel tempo. Una nuova analisi arriva dalla Banca centrale europea che, studiando come sono cambiati i flussi commerciali con la Russia dall'inizio dell'invasione, calcola che il primo round di sanzioni imposte dall'Unione europea a marzo ha ridotto l'import russo di circa il 15 per cento, con i beni sanzionati che hanno subito le flessioni più profonde. Un'importante conferma per proseguire con la strategia delle sanzioni, i cui effetti non si limitano soltanto agli aspetti economici.

 

La contrazione di export dei beni industriali dalla zona Euro ha coinvolto soprattutto il settore dei macchinari e dei beni legati ai trasporti. La carenza di questi materiali ha già messo fortemente in difficoltà l'industria manifatturiera russa, tanto che il governo di Putin ha eliminato a maggio per le auto l'obbligatorietà di Abs, airbag e pretensionatore delle cinture di sicurezza.

 

Dall'inizio della guerra, per la Russia rifornirsi di beni industriali è diventato un problema sia in relazione ai paesi che hanno imposto numerose sanzioni – tra maggio 2022 e maggio 2021 il flusso con gli Usa si è ridotto dell'85 per cento e quello con l'area Euro del 45 per cento – sia con quelli che non ne hanno imposte. L'import dalla Cina ad esempio è diminuito del 23 per cento, molto probabilmente come conseguenza indiretta delle sanzioni occidentali.

 

Molti cambiamenti sono avvenuti anche nel settore energetico. Nelle prime settimane dall'invasione, l'export via mare di petrolio russo si era ridotto del 15 per cento rispetto a un anno prima, un calo particolarmente evidente negli scambi commerciali con alcuni paesi occidentali: l'export verso gli Usa è diminuito del 60 per cento e quello verso l'Ue del 35 per cento, una quota che dovrebbe aumentare ancora a partire dal 2023, quando diventerà effettivo l'embargo al petrolio russo già definito dai paesi europei.

 

Guardando a luglio, tuttavia, le esportazioni di via mare di greggio hanno quasi recuperato i livelli pre invasione, ma a un costo economico elevatissimo. Mosca ha dovuto offrire sconti incredibilmente alti a Cina e India. Da marzo l'Urals, la qualità di petrolio russa scambiata sui mercati internazionali, ha perso il 30 per cento rispetto all'andamento del prezzo del Brent, il petrolio prodotto nel mare del Nord. 

 

Per quanto riguarda il gas, l'export europeo dalla Russia si è notevolmente ridotto: -65 per cento rispetto a giugno 2021, anche se va detto che in questo caso è stata la Russia a decidere i tagli, usando le riserve di gas come minaccia verso l'Europa. La Russia ha infatti bloccato i rifornimenti verso Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Lituania, Paesi Bassi e Polonia mentre ha ridotto i flussi verso altri paesi, tra cui Italia e Germania. Nonostante i flussi siano diminuiti, l'aumento del prezzo del gas ha permesso alla Russia di recuperare importanti risorse economiche, che le hanno facilitato la difesa del valore del rublo.

 

Anche il commercio russo dei beni agricoli via mare è diminuito drasticamente dall'inizio delle guerra. Benché il governo di Putin abbia dirottato parte dei suoi beni agricoli verso Egitto e Turchia, l'export russo è diminuito del 40 per cento rispetto a giugno 2021. In realtà, l'export russo non è diminuito solo verso l'Europa. Per tutelare la sicurezza alimentare del paese sono stati temporaneamente ridotti anche gli scambi di cibo con i paesi dell'ex Unione Sovietica che ancora sono molto legati alla Russia attraverso l'Unione Economica Euroasiatica. I beni agricoli ucraini via mare invece sono stati completamente bloccati fino a mercoledì, quando la prima nave contenente grano ucraino ha potuto raggiungere la Turchia. Queste rilevazioni della Bce confermano il funzionamento delle sanzioni, i cui effetti potranno diventare ancora più evidenti con il passere del tempo.

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