Una donna mentre fa la spesa in un supermarket a New York (Getty Images)

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L'inflazione americana rallenta a luglio: finalmente

Alberto Chiumento

Rispetto a giugno i prezzi non sono cresciuti: è la prima volta da maggio 2020. La riduzione del costo dei beni energetici ha avuto un impatto significativo, così come i diversi aumenti dei tassi di interesse eseguiti dalla Federal Reserve

Negli Stati Uniti a luglio la crescita dell'inflazione si è bloccata. L'indicazione arriva dallo U.S. Bureau of Labor Statistics secondo cui i prezzi a luglio su base mensile non sono aumentati (+0 per cento): l'ultima volta che l'inflazione non era cresciuta tra un mese e l'altro era maggio 2020, quando addirittura il dato fu negativo (-0,2 per cento) e la pandemia era nella sua fase più intensa. Il dato di luglio è quindi un netto cambiamento anche perché sia a giugno, sia a luglio l'aumento del livello dei prezzi era stato piuttosto consistente: rispettivamente +1,3 per cento e +1 per cento.

 

Un rallentamento dell'inflazione era atteso, anche se non di questa entità. Gli indici energetici hanno addirittura registrato una crescita negativa: quello che calcola la variazioni di prezzo dei carburanti è diminuito del 7,7 per cento rispetto al mese precedente. Proprio al settore energetico molti analisti legavano parte della prevista frenata dell'inflazione. Da qualche settimana, infatti, il prezzo della benzina alle stazioni di servizio è sensibilmente calato: lunedì un gallone di benzina negli Stati Uniti costava in media 4,01 dollari – come rilevato da AAA - mentre negli ultimi mesi aveva raggiunto quota 5 dollari.

 

Ma il calo generale dell'inflazione non è imputabile soltanto al settore energetico dato che l'inflazione core, escludendo cioè i beni energetici e alimentari - che sono quelli maggiormente volatili -, è aumentata dello 0,3 per cento su base mensile: un valore inferiore rispetto a quello dei tre mesi precedenti che variava tra lo 0,6 e lo 0,7 per cento.

 

Su base annuale, l'inflazione a luglio è cresciuta dell'8,5 per cento, un valore certamente elevato ma inferiore a quello di giugno (+9,1 per cento) che è stato il più grande incremento annuo da novembre 1981. Il dato potrebbe quindi essere letto come l'inizio di una traiettoria discendente dell'inflazione. Ed è quello che si augura anche la Federal Reserve, che per riportare sotto controllo i prezzi, è intervenuta con diversi aumenti dei tassi d'interesse. Dopo aver deciso di alzare i tassi dello 0,5 per cento in maggio, la Fed ha eseguito un doppio incremento da 0,75 punti percentuali a giugno e luglio. Un aumento di 150 punti base totali in due mesi consecutivi non veniva fatto nell'economia americana dagli anni '80.

 

La stretta monetaria della Federal Reserve è probabile che continui a settembre, quando il board della banca centrale si riunirà il 20 e 21 settembre, anche perchè l'obiettivo di riportare l'inflazione al suo obiettivo originario del 2 per cento è ancora distante. Powell ha già anticipato che ogni decisione sarà basata sui dati e che eventuali aumenti avverranno singolarmente mese per mese. La scelta della Fed si baserà anche sullo stato di salute del mercato del lavoro, che presenta ottimi dati. A luglio il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 3,5 per cento, proprio come a febbraio 2020.

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