l'analisi
Alla voce “energia” i programmi dei partiti sono vaghi (con un'eccezione)
Molte rinnovabili e un po' di gas. Quasi per tutti restano i tabù nucleare e risorse fossili nazionali. Dal Pd al centrodestra, passando per il Terzo Polo: ecco come la politica affronta il tema della crisi energetica in campagna elettorale
Si avvicinano a grandi passi l’autunno e l’inverno più minacciosi per l’Italia da lungo tempo. Un’agenda piena di problemi fra cui spicca quello relativo alla sicurezza e ai costi dell’energia. Gas ed elettricità costano almeno 10 volte quanto costavano prima dell’inizio di questa crisi, il differenziale di prezzo fra l’area Ue e gli Usa è di 9 volte e l’inflazione vine continuamente spinta verso l’alto. Le conseguenze sulle bollette delle famiglie e sui costi per le attività economiche sono drammatiche e difficilmente compensabili con ulteriori politiche di aiuto gravanti sul debito pubblico. L’ Europa si trova di fronte a un fallimento della sua politica energetica, tutta fondata sul green deal, su una speranza eccessiva nelle fonti rinnovabili e completamente dimentica delle ragioni di sicurezza che dovrebbero essere al primo posto nelle scelte energetiche.
Il caso più eclatante è probabilmente quello della Germania. Qualche esponente politico di rilievo comincia a parlare di completo fallimento della transizione energetica tedesca. Costretta al ricorso massiccio al carbone, ai rigassificatori, alla riapertura di attività estrattive di gas e carbone, al prolungamento della vita utile delle centrali nucleari. Come affrontano questa congiuntura le forze politiche italiane? A giudicare dai loro programmi, con una certa superficialità, come se il tempo a loro disposizione fosse eterno. Con qualche eccezione.
Il programma del Pd spicca più per le assenze che per le proposte. Fondamentalmente una. Insistere con le fonti rinnovabili. Per carità nulla in contrario, ma un po’ poco. I rigassificatori, a denti stretti, vengono riammessi (ricordate quando Letta dichiarò che il gas non era strategico nella transizione?), ma solo per un periodo transitorio di pochi anni. Un’evidente bugia, forse bianca per convincere Piombino, ma generatrice di confusione. Il nucleare ovviamente no, ma la motivazione è alquanto modesta. Non sarebbe pronto per il 2030, quasi che la famosa transizione si potesse chiudere in un decennio e il 2030 fosse lo spartiacque della storia, anziché una mera scadenza burocratica. E naturalmente nessun accenno alle ingenti risorse nazionali di gas e petrolio che arricchiscono gli altri paesi costieri. Non manca, noblesse oblige, un riferimento all’abolizione dei sussidi ambientalmente dannosi. Forse da quelle parti non si sono accorti che da mesi il governo diminuisce le tasse sui combustibili fossili per proteggere almeno un poco i consumatori e che il gasolio, una volta il principale imputato, viaggia a livelli di prezzo stratosferici. Dell’altra costola del centrosinistra, Verdi e Sinistra italiana, c’è poco da dire. Nessuna misura per l’emergenza – addirittura il rischio, secondo loro, che nuove strutture (leggi rigassificatori) portino a un eccesso (sic) di offerta di gas – e praticamente solo rinnovabili.
Il centrodestra osa un poco di più, ma intanto piazza la parte energetica del suo programma al posto numero 11 (su 15) e se la sbriga abbastanza rapidamente (10 righe in tutto). Non proprio una priorità. Spinge sul pieno utilizzo delle risorse energetiche nazionali, anche attraverso l’utilizzo del gas nazionale, fa riferimento al possibile ricorso al nucleare “pulito e sicuro” e naturalmente spinge per le rinnovabili. Non male, ma l’impressione che si tratti più di un diligente compitino che di una piena consapevolezza delle responsabilità del momento è forte.
Rimane il programma di Azione/Italia viva dove si vede, occorre dirlo, una mano ben diversa: pochi slogan e molta sostanza. Agenda Cingolani ancor più esplicita. Il capitolo “Energia e ambiente” sta al terzo posto nelle proposte, è organizzato secondo priorità temporali, breve, medio e lungo periodo e va al sodo: rigassificatori, risorse nazionali, price cap europeo, prezzo della CO2. Entra in particolari tecnici come l’istituzione di una piattaforma per contratti di lungo termine per le rinnovabili e, sul medio-lungo periodo, punta anche sul nucleare, oltre che sulle rinnovabili, per raggiungere gli obbiettivi di decarbonizzazione. Sarò di parte, ma direi che non c’è partita. Si può dissentire ma ci hanno lavorato sopra per benino. Consiglierei vivamente a chi vincerà le elezioni di studiarselo.