(Getty Images) 

Le grandi scorte europee di gas non escludono un inverno di razionamenti

Federico Bosco

Gli stoccaggi pieni sono una condizione necessaria ma non sufficiente per evitare la riduzione dei consumi. “Se dovesse venire meno tutto l'apporto di gas russo, in alcuni giorni di picco dovremo necessariamente tagliare la domanda”, dice Davide Tabarelli di Nomisma Energia

Se l’invasione dell’Ucraina ha ridimensionato il mito dell’efficienza delle forze armate russe, la guerra energetica contro l’Europa sta dimostrando che al Cremlino conoscono bene i mercati dell’energia e sanno come militarizzare i propri flussi di gas naturale. L’attività di diversificazione dei fornitori condotta con successo dall’Italia e dagli altri paesi europei non risolverà nel breve periodo i problemi che stanno facendo tremare l'Unione europea, dove i prezzi dell’energia sono fuori controllo e la carenza di gas comincia a causare riduzioni dei consumi come in Germania.

 

La piattaforma Gie-Agsi rileva che le scorte dei paesi dell’Ue hanno raggiunto complessivamente il 78,3 per cento. In Germania gli stoccaggi sono pieni all’81,3 per cento, in Italia all’80,4 con l’obiettivo del 90 per cento previsto per ottobre, un risultato che Francia e Svezia hanno già raggiunto. Sono dati che fanno pensare che almeno da questo punto di vista la situazione è sotto controllo, ma le scorte piene non assicurano nulla: sono una condizione necessaria ma non sufficiente. Gli stoccaggi infatti vengono riempiti e consumati ogni anno, e servono a coprire i picchi di domanda e al momento non permettono di rinunciare al gas russo.

 

Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli ha spiegato al Foglio che l’Italia avrà ancora bisogno delle forniture della Russia per coprire i picchi di domanda invernali, come lo ha avuto negli anni passati. “Per esempio, anni fa cosumavamo 400 milioni di metri cubi (mcb) al giorno durante il picco di domanda, metà provenienti dalle scorte e metà dalle importazioni. Se dovesse venire meno la Russia, che ci dava 90 milioni di mcb al giorno, in quei giorni di grande consumo dovremo necessariamente ridurre la domanda”.

 

Tabarelli sottolinea che non si tratta di razionare i consumi industriali per tutto l’inverno. Va fatto un esercizio per vedere quanto, come e dove tagliare i consumi nei giorni di picco. “Ovviamente si parte dagli impianti più grandi, che si offrono di tagliare dietro compensazioni economiche. Non sarà comunque sufficiente perché avremo bisogno di coprire una domanda pari a 40-50 milioni di mcb, ma quelli che si possono interrompere nell’industria arrivano a cinque, massimo dieci milioni”, e quindi bisognerà fare altre cose, spiega Tabarelli, ipotizzando un taglio dei consumi anche per le imprese medio-piccole, molto diffuse in certe aree del territorio.

 

La fase successiva (in uno scenario più severo) è l’interruzione della fornitura di gas alle centrali elettriche. Qui le cose si complicano davvero perché smettendo di rifornire le centrali elettriche bisogna ipotizzare di tagliare le forniture di corrente: e di nuovo si parte dalle grandi industrie e poi si passa alle più piccole, fino a tagli del riscaldamento o black-out mirati. Quest’ultima è un’ipotesi estrema, speriamo non si verifichi, ma bisogna essere pronti a farla e spiegarla agli italiani”.

 

Dal punto di vista pratico è una mobilitazione d’emergenza paragonabile a quella della pandemia, ma non si può far finta che il problema non esista sperando che non si verifichi. “Altrimenti si rischia di essere risucchiati dall’emergenza, che è peggio di interrompere in maniera programmata e intelligente i grandi consumi industriali. C’è una guerra in corso, non è una passeggiata, ma se si agisce consapevolmente può essere affrontata senza che diventi una tragedia”, conclude Tabarelli.

 

La Russia è disposta a bruciare il suo gas pur di ridurre i flussi per l’Europa con l’obiettivo, ormai palese, di infliggere agli europei un inverno di crisi economica e disagio sociale per far capitolare le opinioni pubbliche affinché obblighino i governi a cedere, o a eleggere leader disponibili ad abbandonare l’Ucraina. Qualche cedimento c’è. La fragile Bulgaria, con gli stoccaggi al 59,4 per cento, sta bussando alle porte di Gazprom dopo che i russi avevano interrotto le forniture di gas a causa del rifiuto di Sofia di pagarlo in rubli. Vladimir Putin scommette che per gli europei le comodità contano più del destino degli ucraini e delle questioni di libertà e democrazia. I mesi a venire metteranno alla prova questa strategia.

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