Il tetto energetico
Il price cap non fa più paura all'Ue. I tempi dettati da Berlino
Oggi sono arrivati gli annunci di von der Leyen sul gas e del G7 sul petrolio. Anche la Germania ha dato il suo via libera (tardivo): “È giunto il momento”
Bruxelles. “E’ giunto il momento per un tetto al prezzo del gas russo esportato attraverso i gasdotti in Europa”, ha detto oggi Ursula von der Leyen, preannunciando una svolta della Commissione per rispondere alle “manipolazioni” di Vladimir Putin sull’energia. Poche ore dopo i ministri delle Finanze del G7 hanno raggiunto un accordo su un meccanismo per imporre un tetto al prezzo del petrolio esportato dalla Russia a livello globale. Sono passati quasi sei mesi da quando Mario Draghi ha proposto per la prima volta un “price cap” sul gas russo. E quatto mesi da quando lo stesso Draghi è tornato da Washington dove aveva elaborato con Janet Yellen quello sul petrolio russo.
La Germania si era opposta a entrambi i tetti per timore di un taglio delle forniture da parte della Russia. La minaccia persiste: “Come con il petrolio, semplicemente non ci sarà più gas russo in Europa”, ha detto Dmitri Medvedev. Eppure, con i prezzi e le entrate di Putin alle stelle, anche la Germania si è convinta. La svolta di von der Leyen non ci sarebbe stata senza il via libera di Berlino. Ma, come dimostra la proposta della Commissione su un altro “price cap”, questa volta sull’elettricità, la Germania continua a essere un freno per una risposta efficace e tempestiva dell’Ue.
In realtà, l’intervento di emergenza proposto da von der Leyen non è un “price cap” e non permetterà di abbassare direttamente le bollette. In un “non paper” che sarà discusso dai ministri dell’Energia dell’Ue il 9 settembre, la Commissione prevede di instaurare un sistema simile alla tassazione degli extraprofitti. Il “price cap” verrebbe applicato all’elettricità prodotta con tutte le fonti tranne il gas. La differenza fra il tetto e il prezzo sul mercato dovrebbe essere versata dai produttori allo stato per finanziare sconti per alcune categorie di consumatori.
Il sistema proposto da von der Leyen è costruito su misura delle esigenze della Germania, ma penalizzerebbe altri paesi. Il “non paper” rigetta le proposte di altri stati membri: il tetto al prezzo del gas per produrre elettricità della Spagna, il pagamento del costo maggiorato ai produttori della Grecia, le compensazioni per le quote di emissioni Ets della Polonia. Ogni modello ha vantaggi e controindicazioni. Quello di von der Leyen, ispirato da Berlino, ha vantaggi più limitati per famiglie e imprese.
Le esigenze della Germania sono all’origine anche della conversione di von der Leyen sul “price cap” sul gas russo. La presidente ha spiegato che “ora i nostri impianti di stoccaggio sono pieni all’80 per cento”, che “la Norvegia consegna più gas all’Europa della Russia” e che “gli Stati Uniti stanno fornendo considerevoli volumi di gas liquido”. Un taglio totale delle forniture fa meno paura, in primo luogo alla Germania che ha ridotto la domanda, ha stoccaggi pieni all’85 per cento e cinque rigassificatori galleggianti in arrivo.
Sul petrolio, l’embargo deciso dall’Ue a giugno è allineato alla tempistica del governo Scholz per smettere di importare dalla Russia: 5 dicembre 2022 per il greggio, 5 febbraio 2023 per i prodotti raffinati. Il “price cap” sul petrolio del G7 è in linea con quel calendario. “Il price cap è stato specificatamente progettato per ridurre le entrate russe e la capacità della Russia di finanziare la sua guerra di aggressione, limitando l’impatto sui prezzi globali dell’energia”, ha detto il G7. Un po’ meno di avversione tedesca al rischio avrebbero forse permesso di realizzare questo obiettivo prima.