Foto di Anatoly Maltsev, via Epa, via Ansa 

l'analisi

Il prezzo del gas sta crollando. L'Europa spaventa Gazprom (e viceversa)

Claudio Cerasa

La combinazione tra gli annunci sul price cap e gli stoccaggi di gas ha fermato gli speculatori. Risultato: meno 30 per cento (la multinazionale russa reagisce). Due buone notizie indicano la strada per uscire dalla pandemia energetica

Prezzi, bollette, tetti, speculazione, gasdotti, sanzioni, panico: ma qual è il punto? Ci sono due grandi emergenze, oggi, che riguardano il futuro energetico dell’Italia. La prima emergenza ha a che fare con i volumi, con la capacità cioè che il nostro paese sappia far fronte a una possibile chiusura dei rubinetti della Russia (a inizio anno, su 75 miliardi di metri cubi di gas consumati annualmente dall’Italia, 29 arrivavano dalla Russia).

 

La seconda emergenza ha a che fare invece con le bollette, e con la capacità cioè che la politica, quella nazionale e quella europea, sappia trovare in modo urgente per poter intervenire sul caro energia (caro energia che secondo il centro studi di Confcommercio potrebbe portare, a questi ritmi, alla chiusura entro il giugno del 2023 di oltre 120 mila imprese del commercio, con una conseguente perdita di oltre 380 mila posti di lavoro). Bene, ma qual è il punto? E che possibilità ci sono, nei prossimi mesi, di vedere le due crisi domate e persino governate? Molto dipenderà, sul breve termine, dalla capacità dell’esecutivo in carica per gli affari correnti di trovare misure utili a tamponare la crisi, e l’idea per esempio di garantire un credito di imposta del 50 per cento del costo dell’energia per le imprese italiane dando precedenza a quelle energivore, come suggerito due giorni fa dal numero uno di Conad Francesco Pugliese, potrebbe essere presa in considerazione dal governo.

 

Ma al netto dei provvedimenti interni ci sono almeno due buone notizie che si possono mettere insieme e che potrebbero aiutarci a intravedere una luce in fondo al tunnel della crisi energetica. La prima luce, incoraggiante, deriva dagli stoccaggi italiani. Il governo, come è noto, ha fissato al 90 per cento la quota di riempimento degli stoccaggi entro il 1° novembre del 2022 e sia Mario Draghi sia il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sostengono che quella quota verrà raggiunta, anche in anticipo, e che durante l’inverno l’Italia, dal punto di vista dei volumi, non dovrà fare sacrifici importanti.

 

Lo spiegano i numeri. La stima sulle importazioni di questo inverno, per l’Italia, è questa: circa 250 milioni di metri cubi al giorno a fronte di un consumo di circa 330 milioni medio previsto. Durante l’inverno, tra gennaio e febbraio, nel momento più freddo, il consumo di gas solitamente oscilla fra 300 milioni e 400 milioni di metri cubi. Con uno stoccaggio pari al 90 per cento l’Italia può avere nel momento di picco 150 milioni di metri cubi di gas in più ogni giorno fino a marzo, per poi scendere gradualmente. E se la stagione fredda si concluderà a marzo, con questi ritmi, l’Italia può farcela.

 

La seconda debole luce che si intravede all’orizzonte riguarda invece proprio il caro energia. Intravedere un po’ di speranza in un momento in cui le famiglie soffrono, le imprese patiscono, le bollette impazziscono non è semplice ma per la prima volta da qualche mese a questa parte quelle tre lettere da incubo che abbiamo imparato a conoscere come Ttf (acronimo di Title Transfer Facility, l’indice di Borsa del gas naturale nel mercato dei Paesi Bassi) hanno offerto segnali incoraggianti. Quali? Semplice. Fino al 26 agosto, un megawattora costava circa 345 euro. Dal 26 agosto in poi, sono cominciate le dichiarazioni sempre più convinte da parte di alcuni leader europei, in primis Ursula von der Leyen (che ieri lo ha ribadito) e in seguito anche il ministro dell’Ambiente tedesco Robert Habeck, di sostegno al price cap europeo.

 

Non tutti i paesi europei, in verità, hanno in testa lo stesso price cap (Draghi vorrebbe un tetto alla radice, vorrebbe cioè che in Europa venisse posto un tetto al prezzo del gas tale da pagare meno i fornitori russi, la Germania vorrebbe un tetto del gas diverso, che permetterebbe ai privati e alle imprese che comprano gas in Europa di averlo a un costo più basso e che permetterebbe a chi vende il gas in Europa di recuperare la differenza fra il tetto massimo fissato e il prezzo del mercato attingendo da un fondo comune europeo). Ma l’effetto degli annunci europei (price cap più decoupling, disaccoppiamento cioè del prezzo del gas da quello dell’energia) sommato alle buone notizie sul riempimento degli stoccaggi europei (buona parte dei paesi dell’Unione europea ha uno stoccaggio pari all’80 per cento) hanno generato un crollo del Ttf. 

 

Il 26 agosto, un megawattora costava 345 euro, come detto, oggi costa circa il 30 per cento in meno (e non a caso ieri Gazprom ha annunciato di aver chiuso “per manutenzione” il gasdotto Nord Stream 1, per provare a far risalire i prezzi).


In assenza di regole forti, la speculazione arriva dove vuole. In presenza di regole forti, la speculazione si ferma. Due luci in fondo al tunnel ci sono. La prima luce, quella dei volumi, sarà compito dell’Italia tenerla accesa. La seconda luce, quella delle bollette, sarà compito dell’Europa non spegnerla. L’emergenza energetica fa paura, ma esiste una speranza di dominarla: conviene seguirla.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.