l'intervista
"Crisi demografica? I bonus non bastano, serve crescita economica", ci dice Galasso
Nel 2030 la popolazione italiana sarà diminuita di 1,3 milioni di persone. Il calo delle nascite e l'invecchiamento creano problemi di sostenibilità al welfare. Oltre ai sostegni alla genitorialità, servono stabilità e fiducia. Appunti per il prossimo governo
I nuovi dati sull'andamento demografico italiano preoccupano, ma non sorprendono. Che la popolazione italiana stia diminuendo e invecchiando infatti non è una novità e le nuove stime di Istat indicano una tendenza che difficilmente potrà essere modificata: da qui al 2030 ci sarà una diminuzione demografica di 1,3 milioni di persone, passando dai 59,2 milioni del 2021 ai 57,9 milioni del 2030. Nel 2050 il numero scenderà a 54,2 fino a raggiungere i 47,7 milioni nel 47,7.
Tra gli effetti più allarmanti c'è la diminuzione del rapporto tra popolazione in età lavorativa e quella non, che attualmente è di 3 a 2, ma che nel 2050 potrebbe arrivare alla parità di 1 a 1, rendendo così molto complicata la sostenibilità del sistema previdenziale. Inoltre, il tasso di fecondità italiano (1,25 figli per donna) è uno dei più bassi in Europa. “Il problema italiano è quello di avere una popolazione vecchia (età media 46 anni) e una economia che non cresce”, dice Vincenzo Galasso, professore di politica pubblica e welfare all'Università Bocconi. “Un sistema pensionistico con moltissimi anziani e un'economia in espansione è perfettamente sostenibile. Da noi, però, l'elemento di anzianità si fonde con quello della scarsa dinamicità e quindi il nostro sistema è a rischio”.
Poche persone in età da lavoro rendono meno ricco il paese e complicano il pagamento delle pensioni, la cui quota viene spalmata su un numero inferiore di persone e quindi si appesantisce. Ma il problema principale è l'assenza di un partito politico interessato a cercare di invertire l'andamento demografico favorendo politiche giovanili e familiari piuttosto che quelle rivolte a persone più anziane. “Per molti partiti questa non sembra essere una priorità: rivolgersi agli anziani produce un vantaggio elettorale numerico perchè sono molti e lo saranno ancora di più nei prossimi anni”. Nel 2021 gli over 65 erano il 23,5 per cento della popolazione, mentre gli under 14 soltanto il 12,9 per cento, dato che diminuirà fino al'11,7 per cento entro il 2050. E se le previsioni guardano così in là nel tempo, lo stesso non può dirsi delle proposte politiche in materia. Se sul clima si pianificano obiettivi trentennali, perché per la demografia non si fa? “Oltre a motivi elettorali, il punto è che i giovani stanno giovani per poco tempo e quindi la loro richiesta di rappresentanza si esaurisce dopo poco tempo, mentre le aziende hanno orizzonti temporali più ampi e più prolungati. Per risolvere questo bisognerebbe che fossero anche i genitori a domandare di più ai politici per i loro figli. Il concetto di giovani va inteso come generazioni e non come singolo individuo, questo è l'unico modo affinchè ne vengano rispettate le esigenze”.
La dinamica delle nascite, che nel 2021 ha toccato il record negativo dai tempi dell'unità d'Italia (399.431), è certamente influenzata dalle politiche familiari, ma molto dipende anche dallo stato dell'economia del paese in cui si vive, secondo Galasso. “E' la crescita economica a dare stabilità e fiducia, due elementi fondamentali per creare una famiglia. I giovani che oggi entrano nel mondo del lavoro faticano a trovare condizioni favorevoli e quindi hanno difficoltà nell'avere figli. Per risolvere i problema di fondo, non sono sufficienti bonus e politiche specifiche. Si deve investire in capitale umano e ridurre le rendite di posizione, che tra l'altro sono spesso detenute da persone anziane".
“I partiti potrebbero – propone Galasso – darsi una regola intergenerazionale: per ogni euro addizione di spesa in programmi di welfare per anziani (come quota 100 nel sistema pensionistico), dovrebbe essere speso anche un euro sui giovani (ad esempio su politiche familiari o scolastiche)”. In questo modo si avrebbe più equità intergenerazionale e si aumenterebbe il costo delle promesse elettorali perché un euro promesso agli anziani impone di dedicarne uno anche ai giovani. “I partiti sarebbero così costretti a elaborare soluzioni migliori”.