Perché i mercati non sono (ancora) spaventati dal governo Meloni
Misure contro il caro energia e sostenibilità dei conti pubblici, su questo a breve giudicheranno gli investitori. Un girotondo con gli esperti
“L’esito elettorale non ha affatto sorpreso i mercati e non cambia le domande che gli investitori si pongono: quali saranno i prossimi passi in tema fiscale, quale l’atteggiamento nei confronti del deficit e quali le tempistiche in cui questi temi verranno affrontati?”, Filippo Taddei, senior economist per l’Europa di Goldman Sachs, sintetizza così il sentiment degli investitori internazionali sul risultato elettorale italiano che ha visto una netta vittoria del centro-destra guidato da Giorgia Meloni.
“La scorsa settimana – dice al Foglio – abbiamo rivisto al ribasso le stime di crescita per l’economia italiana, che nel 2023 potrebbe anche portare il segno negativo. Il tema di fondo è il caro energia: il nostro paese insieme alla Germania rappresenta l’ossatura manufatturiera dell’Europa e questo rende questi stati particolarmente vulnerabili all’aumento dei prezzi energetici”. Per l’esperto della banca d’affari americana il caro energia è quindi una priorità assoluta per gli stati dell’Unione europea e per l’Italia. “Guardando ai prossimi mesi, pensiamo che l’attenzione dei mercati sarà concentrata su due tematiche: quanto efficaci saranno le misure che i governi, incluso quello italiano, implementeranno per gestire la transizione al di fuori delle forniture di gas russo e verso un’autonomia energetica dalla Russia; e quanto questo percorso possa essere gestito senza minare la credibilità dei conti pubblici”. Taddei riporta così la discussione sulla questione italiana (esiste o no un rischio paese?) sul piano della concretezza: “Non è questione di identità politica, ma della rapidità ed efficacia delle risposte che il nuovo esecutivo sarà in grado di dare su questioni come la crisi energetica e la sostenibilità del debito”.
Eppure, due fattori strettamente legati all’esito elettorale hanno dato il loro contributo a mantenere una certa calma sui mercati oggi: il fatto che i partiti più estremisti, come ad esempio Italexit, non siano entrati in Parlamento e che la maggioranza di centrodestra, seppure molto ampia, non raggiungerà la soglia dei due terzi, il che vuol dire che non potrà cambiare la costituzione senza il contributo di altre forze politiche. A torto o a ragione, nelle valutazioni degli investitori queste elezioni presentavano un rischio per la democrazia che adesso è scomparso. Così quello emerso dalle urne è un risultato in linea con i sondaggi e le aspettative più ottimiste dei mercati. Non c’è da sorprendersi, dunque, se il Ftse Mib sia stato il miglior indice d’Europa con un rialzo dello 0,7 per cento.
Ma se Giorgia Meloni ha superato il test di Piazza Affari, il mercato dei titoli di stato è finito sotto pressione con i rendimenti dei Btp decennali tendenti al rialzo. “Lo spread si attesterà a 230-250 punti base aspettando la squadra di governo”, prevede Equita. E Alessandro Allegri, amministratore delegato di Ambrosetti Am, pur osservando che “la prospettiva di un governo stabile è un fattore positivo”, dice che bisognerà capire la direzione che prenderà questo esecutivo avendo davanti delle scadenze tecniche importanti che riguardano il Pnrr: “Più saremo allineati e in continuità con le linee guida del governo Draghi e meno avremo problemi”, dichiara. Anche per Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.
“Gli acquisti in Borsa sono legati al fatto che in un brevissimo periodo potremmo avere un governo con una maggioranza chiara e forte”, tuttavia non manca di segnalare le nubi all’orizzonte. “In settimana (venerdì 30 settembre, ndr) avremo il giudizio di Moody’s sul debito italiano. Con una valutazione Baa3 con outlook negativo il rischio è che gli esperti dell’agenzia di rating possano decidere per il downgrade a junk. Pensiamo che Moody’s rimanderà tale decisione dopo la scelta della composizione del governo e della legge di bilancio 2023. Proprio questi due ultimi punti sono particolarmente seguiti dagli investitori. La scelta dei ministri (in particolare il ministro dell’economia) sarà fondamentale per capire le probabili intenzioni del nuovo governo su temi caldi (rapporti con Unioe europea, Pnrr, relazioni con Stati Uniti, politica estera). La legge di bilancio sarà significativa per comprendere le decisioni sulla spesa e il possibile intervento governativo per il caro-bollette. Abbiamo già visto nel Regno Unito come il piano di budget del ministro delle finanze Kwarteng sia stato bocciato pesantemente dal mercato”.
Secondo Piero Baffico, economista europeo del gruppo Abrdn, l’approvazione della Finanziaria sarà un banco di prova importante. “Le tensioni tra il nuovo governo e le istituzioni europee sono quindi un rischio, che potrebbe compromettere l’erogazione dei fondi europei, aggiungere rischi al ribasso per le prospettive dell’Italia e limitare la capacità della Bce di contenere gli spread sovrani”. Su questo punto è intervenuta oggi la presidente della Bce, Christine Lagarde, lanciando un monito: “Lo scudo antispread non copre gli errori dei governi”, ha detto in un discorso davanti al Parlamento europeo in cui ha voluto ricordare quali sono le condizioni che fanno scattare la “solidità federale” di Francoforte di fronte a un innalzamento dei rendimenti sovrani (in sintesi rispetto delle regole di bilancio europee, sostenibilità del debito e rispetto dei requisiti e delle scadenze del Pnrr).
Attualmente, l’Italia non si trova in una situazione di allarme e tra, l’altro, il patto di stabilità europeo resterà sospeso fino al 2023. Ma è qui che si apre un’altra grande questione. Molto presto (prossima primavera) cominceranno i negoziati tra i governi dell’area euro sulla riforma delle regole di bilancio: quale posizione assumerà il governo italiano? Questa è una delle domande ricorrenti che si fanno gli investitori intuendo che potrebbe rappresentare un terreno di scontro tra Palazzo Chigi e l’Europa, in considerazione, tra l’altro, del fatto che il nuovo esecutivo dovrà occuparsi anche del Mes, trattato che non è mai stato ratificato anche per l’opposizione di Lega e FdI a cui non è mai piaciuto.