l'intervista
Cosa può combinare Meloni con il golden power? Parla Giulio Napolitano
Nel linguaggio dei sovranisti il concetto di attrattività dell’Italia è sostituito da quello di tutela dell’interesse nazionale e si spinge fino al limite del protezionismo.. L'uso dei poteri speciali per bloccare gli investimenti esteri in settori strategici preoccupa gli operatori economici. "Il nuovo governo sceglierà la continuità con quello Draghi", dice il prof. di diritto amministrativo di Roma Tre
Una delle maggiori preoccupazioni degli operatori economici nei confronti di un governo con tendenze sovraniste è l’uso che potrebbe fare del golden power, vale a dire dei poteri speciali per bloccare gli investimenti esteri in settori considerati strategici. Nell’ipotesi di un esecutivo guidato da Giorgia Meloni questa preoccupazione sarebbe giustificata dalle posizioni che il suo partito, Fratelli d’Italia, ha sempre assunto su questo tema, basta ricordare la relazione 2020 del Copasir presieduto da Adolfo Urso che lanciava l’allarme sull’invasione dei francesi nelle banche italiane ma anche, più di recente, il pressing esercitato sul governo Draghi per l’interesse del fondo americano Kkr per Tim.
Nel linguaggio dei sovranisti il concetto di attrattività dell’Italia è sostituito da quello di tutela dell’interesse nazionale e si spinge fino al limite del protezionismo. Così è lecito domandarsi se un governo Meloni potrebbe fare un uso eccessivo della golden power rendendo di fatto più difficile attrarre capitali esteri in Italia nel momento in cui c’è una prospettiva di recessione economica con una previsione di pil negativo per il 2023. “Credo che in questo campo la scelta sarà di continuità con quanto fatto dal governo Draghi, che è intervenuto più volte su operazioni cinesi, ma senza mai mettere in discussione l’importanza di accogliere nuovi capitali e nuove tecnologie che sono fondamentali per aiutare le nostre imprese a competere sui mercati globali”, dice al Foglio Giulio Napolitano, ordinario di diritto amministrativo all’Università di Roma Tre e partner dello studio legale Chiomenti.
Solo nel 2021, si legge nel rapporto annuale sul golden power, a Palazzo Chigi sono arrivate ben 496 notifiche, una media di 1,3 al giorno, a fronte delle 343 del 2020 e delle 83 del 2019. E, in effetti, sono state diverse le operazioni con gruppi cinesi bloccate, anche in via preventiva, da Draghi, una su tutte quella della Iveco (gruppo Exor) con la Faw Jiefang. “E’ probabile che il nuovo governo di centro-destra che sta per formarsi prosegua con quest’indirizzo; sarebbe invece controproducente se puntasse a un’applicazione più ampia e stringente della normativa, bloccando o disincentivando operazioni d’investimento di aziende europee o anche americane, a meno che, certo, queste non siano davvero lesive di un interesse pubblico essenziale. La procedura di golden power è utile per assumere maggiori informazioni su chi mette piede nel nostro paese ma non può diventare uno strumento d’interdizione – prosegue Napolitano - Una sua interpretazione troppo estesa metterebbe a rischio la compatibilità della normativa italiana con quella europea che ha cercato di armonizzare le regole che si sono dati i paesi dell’Unione”.
Eppure, con lo scoppio della pandemia e la crisi economica che ne è seguita è aumentata la tendenza degli stati a proteggere le proprie economie, paesi come Germania e Francia non si sono fatti troppi problemi nel porre paletti agli investitori stranieri. Ed è innegabile che l’ombrello del golden power sia cresciuto molto in Europa da quando è nata l’esigenza di tutelare le infrastrutture di comunicazione di fronte all’imporsi della Cina nel settore del 5G. La ripresa post Covid ha poi lasciato più spazio ad operazioni di merger and acquisition, complice anche l’abbondanza di liquidità a disposizione dei fondi di private equity. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la corsa dell’inflazione e le prospettive di recessione economica, c’è il rischio che torni il bisogno degli stati di tutelare banche e imprese domestiche? “Un governo ha altri strumenti per incidere sull’assetto economico del suo paese; se, per esempio, ritiene che lo stato debba essere più presente nella gestione delle imprese, può dar vita a una politica economica e industriale con questo indirizzo, naturalmente chiarendo anche come intende reperire le relative risorse. Sarebbe fuorviante, invece, se usasse la disciplina del golden power solo per rimarcare la propria identità politica”.
Tra l’altro, uno dei provvedimenti più recenti del governo Draghi è stato quello di snellire le procedure e di consentire anche una prenotifica per verificare in anticipo se un’operazione è soggetta al controllo golden power. Su questa strada si può andare ancora avanti: “Per aiutare gli operatori economici a capire e interpretare l’ambito di applicazione del golden power, il governo francese ha elaborato delle linee guida molto dettagliate. E’ un’esperienza interessante che potrebbe essere replicata anche in Italia”.