Il pasticcio di Truss
Dove porta il populismo fiscale. La lezione inglese per Meloni
“Se un governo vara una manovra fiscale espansiva senza copertura e tagliando le tasse ai ricchi, deve aspettarsi una reazione molto negativa dei mercati, com’è successo nel Regno Unito", dice Andrea Ferrero, economista dell’Università di Oxford,
“Se un governo vara una manovra fiscale espansiva senza copertura e tagliando le tasse ai ricchi, deve aspettarsi una reazione molto negativa dei mercati, com’è successo nel Regno Unito. E questo vale anche per un paese che ha un indebitamento contenuto perché quello che guardano gli investitori non è quanto aumenta il debito ma la direzione che prende”. Andrea Ferrero, economista dell’Università di Oxford, commenta il pasticcio inglese combinato dal neo primo ministro conservatore Liz Truss insieme con il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng costato, finora, 65 miliardi di sterline alla Bank of England (BoE). “Non sono molto sorpreso – prosegue – considerata la scarsa preoccupazione tecnica di questo governo, che vorrebbe apparire di destra liberista ma in realtà incarna una destra populista o forse cerca di essere entrambe le cose. Il risultato non cambia perché rischia di arrecare gravi danni al paese”.
Il piano di espansione fiscale annunciato nel Regno Unito ha provocato un tale terremoto (dopo il richiamo del Fondo monetario internazionale, l’agenzia di rating Moody’s lo ha definito dannoso per la crescita e le finanze pubbliche) da spingere un personaggio influente come Mark Carney, ex governatore della BoE, a criticare apertamente il gabinetto di Truss tacciandolo di mancanza di senso di responsabilità. Un fatto inedito per un paese la cui credibilità sui mercati finanziari internazionali non era stata mai messa così in discussione. Ma dopo il tonfo della sterlina, l’impennata dei rendimenti dei titoli di stato decennali, ormai superiori a quelli dei Btp, e il default sfiorato dei fondi pensione, il tutto nel giro di un paio di giorni, il tempo che Dowing Street ha annunciato la manovra fiscale, non ci sono dubbi su quanto possano essere pericolose certe ricette destinate a far contento l’elettorato.
“In effetti, gli investitori sono sempre più propensi ad apprezzare il senso di responsabilità fiscale nelle politiche economiche messe in atto dai governi e per questa ragione temono l’approccio ideologico. Detto questo, una mossa analoga a quella di Truss è stata tentata dalla destra americana di Ronald Reagan negli anni Ottanta, senza successo – osserva Ferrero –. La storia dimostra che ridurre le tasse ai più ricchi nel tentativo di stimolare un'economia debole non solo aumenta le diseguaglianze ma rischia di far salire l’inflazione. Cioè va nella direzione esattamente opposta a quello che stanno cercando di fare le banche centrali: aumentare i tassi d’interesse per cercare di contenere la corsa dei prezzi”. In questo caso, il governo inglese, non si sa quanto in maniera consapevole, si è messo in aperta contrapposizione con la Banca centrale, è così? “Politiche monetarie e fiscali hanno ormai la tendenza a divergere un po’ in tutto il mondo, ma nel Regno Unito la politica economica del governo Truss rischia addirittura di far peggiorare la situazione che vuole migliorare e di questo i mercati si sono accorti subito”.
Intanto, però, il primo ministro difende a spada tratta la sua ricetta il cui unico scopo, si è giustificata, è aiutare l’economia che sta arretrando per cause esterne. In effetti, dopo due anni di pandemia Covid la ripresa globale è stata ammazzata sul nascere dalle turbolenze belliche e dal conseguente choc energetico. E’ comprensibile che i governi cerchino di aiutare famiglie e imprese ad affrontare i rincari delle bollette. “Nessuno mette in dubbio la necessità di un pacchetto fiscale, ma, evidentemente, non convince come è stato disegnato. Se si vuole davvero sostenere le popolazioni bisogna avere il coraggio di far pagare più e non meno tasse alle classi con reddito elevato. L’approccio del governo britannico è di tipo ideologico e non è basato su presupposti reali, anche se bisogna dire che nel partito dei Tory non sono mancate voci dissenzienti”.
E’ giustificata una reazione così repentina e di totale sfiducia dei mercati? “Se mi chiede se si tratta di un attacco speculativo, rispondo che non sono mancate situazioni simili in passato. Gli investitori fanno il loro mestiere e quando si convincono che il debito di un paese va in una direzione di scarsa sostenibilità fanno valere il loro potere d’influenza, riducendo l’esposizione su titoli di stato e riserve monetarie. E’ successo anche con la sterlina all’inizio degli anni Novanta”. In molti credono che il governo italiano di centrodestra che si sta formando debba imparare qualcosa dall’esperienza inglese. “Potrebbe essere una lezione e speriamo che venga compresa”.