Il sabotatore ungherese
La dipendenza politica di Orbán dal gas russo è un freno per la strategia europea
L’economia in Ungheria potrebbe essere salvata, ma non da Putin: la Commissione europea minaccia di bloccare al paese 7,5 miliardii di fondi e spera che la promessa di denaro possa far cambiare la linea al paese filorusso
Bruxelles. Nel momento in cui l’Unione europea si divide su come reagire all’aumento dei prezzi dell’energia, Viktor Orbán ha deciso di chiedere direttamente aiuto a Vladimir Putin. Lunedì Gazprom ha concesso all’Ungheria di dilazionare i pagamenti del gas. La benevolenza russa nei confronti di Orbán contrasta con la decisione di Gazprom di tagliare del tutto il gas ai paesi che hanno rifiutato di pagare in rubli e di ridurre le forniture alla Germania e all’Italia usando pretesti tecnici o regolamentari. “Più che energetica quella di Orbán è diventata dipendenza politica”, dice al Foglio un diplomatico europeo. Con il suo potere di veto il premier ungherese sta sabotando la strategia dell’Ue e della Nato.
Ma dietro alla spavalderia orbaniana si nascondono le debolezze della sua Ungheria.
Non è la prima volta che il governo Orbán annuncia un’intesa energetica con la Russia in contraddizione con gli obiettivi dell’Ue nel contesto della guerra russa contro l’Ucraina. A fine agosto, Budapest aveva concluso un accordo con Gazprom per aumentare le forniture di 5,8 milioni di metri cubi al giorno, prendendo in contropiede gli altri partner europei che stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dalla Russia e le entrate con cui il Cremlino finanzia la guerra. Il sospetto sempre più forte a Bruxelles è che il debito energetico ungherese venga ripagato con sostegno politico alla Russia. Tra maggio e giugno, Orbán aveva bloccato per oltre un mese l’adozione dell’embargo dell’Ue sul petrolio russo ed era riuscito a far togliere dalla lista nera dell’Ue il patriarca di Mosca Kirill.
Ora, l’Ungheria sta ostacolando il via libera all’ottavo pacchetto di sanzioni, che include il “price cap” sul greggio russo concordato al G7 e il divieto di esportazione di tecnologia usata dall’industria militare russa. Orbán ha anche annunciato la sua intenzione di non rinnovare le misure restrittive in scadenza a fine anno e ha avviato una “consultazione” dei cittadini ungheresi contro le sanzioni imposte dall’Ue. L’Ungheria e la Turchia sono i soli due paesi della Nato a non aver ratificato l’ingresso di Svezia e Finlandia: una mozione dell’opposizione per forzare il voto nel Parlamento di Budapest è stata bocciata lunedì dalla maggioranza di Orbán. Il sabotaggio passa anche dai forum e dalle crisi internazionali. L’Ungheria impedisce all’Ue di presentare mozioni contro la Russia all’Assemblea generale dell’Onu. Orbán è stato l’unico leader europeo a congratularsi con Milorad Dodik per la sua rielezione a presidente della Republika Srpska, malgrado le sue minacce di secessione in Bosnia-Erzegovina sostenute dalla Russia.
L’intesa di lunedì tra Gazprom e la società statale ungherese, Mvm, prevede la possibilità di dilazionare i pagamenti in tre anni delle forniture di gas, se il prezzo supererà una certa soglia che è comunque al di sotto di quello attuale. Il credito a tasso agevolato della Russia all’Ungheria vale tra i 2 e i 4,5 miliardi di euro. Ci sono anche dilazioni sui pagamenti mensili per dare più tempo all’Ungheria di effettuare la conversione tra fiorino ed euro. Il governo Orbán ha rivendicato un accordo che rafforza la sicurezza energetica, ma diversi analisti vedono una mossa disperata per contenere un ulteriore aggravamento della crisi valutaria in cui è piombato il paese da diversi mesi. Il fiorino lunedì ha toccato il livello più basso di sempre nel cambio con l’euro, malgrado il fatto che la Banca centrale ungherese a fine settembre abbia portato i tassi di interesse al 13 per cento. Nel frattempo, il deficit di bilancio dell’Ungheria si sta allargando sempre più a causa delle sovvenzioni distribuite da Orbán prima delle elezioni di aprile e dei sussidi concessi successivamente per contenere i prezzi dell’energia.
La crisi finanziaria dell’Ungheria sta spingendo Orbán non solo a chiedere aiuto alla Russia, ma anche a fare sempre più concessioni all’Ue sullo stato di diritto. La Commissione non ha ancora approvato i 5 miliardi del Pnrr ungherese e minaccia di bloccare 7,5 miliardi di fondi comunitari ordinari. Sotto la pressione dei mercati, il governo ungherese ha accettato di adottare una serie di riforme contro corruzione e conflitti di interesse. Negli ultimi due giorni, il Parlamento di Budapest ha approvato in tutta fretta una decina di provvedimenti chiesti da Bruxelles.
Molti osservatori ritengono che le riforme siano solo cosmetiche. Ma la loro adozione dovrebbe comunque aprire la strada al via libera al Pnrr ungherese e disinnescare la minaccia di congelare altri fondi. “Con le misure promesse, l’Ungheria ha fatto dei passi avanti importanti nella giusta direzione”, ha detto ieri il commissario al Bilancio, Johannes Hahn. La Commissione spera che la promessa di miliardi di aiuti dell’Ue convinca Orbán a rientrare nei ranghi europei sull’Ucraina. È una scommessa che in passato non ha pagato. Ora il rischio è di salvare un regime, diventato cavallo di Troia della Russia nell’Ue, nel momento in cui i mercati lo stanno punendo per il suo populismo economico.