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Un incontro inedito apre il dialogo sindacato-Meloni sull'Ilva
Con ArcelorMittal sono partiti gli investimenti per la realizzazione del piano ambientale: un miliardo per cupole, coperture, filtri. Ma la produzione è ferma a metà e la crisi energetica non aiuta. Il segretario nazionale dei metalmeccanici Uil: “Non si vede ancora una soluzione per mancanza di volontà dei vari governi"
Taranto. Sono le due persone che più di tutte hanno difeso l’Ilva in questi anni difficili: Rocco Palombella e Angelo Mellone. Uno segretario nazionale dei metalmeccanici della Uil, l’altro scrittore e vicedirettore Rai. Due figli dell’acciaio e di Taranto. Palombella in fabbrica ci ha lavorato tanti anni, Mellone aveva 13 anni quando ci ha visto morire dentro suo padre.
E sono quelli che la conoscono meglio di tutti. Uno è stato capace di stordire sia i ministri sia l’amministratore delegato parlandogli del ciclo dell’acciaio nei tavoli di crisi, l’altro è l’unico che è riuscito a girare un documentario per Rai 1 all’interno del siderurgico. Palombella e Mellone erano entrambi ieri sul palco del congresso nazionale della Uilm. Insieme al segretario generale Pierpaolo Bombardieri e al presidente di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè. Erano lì perché parlano la stessa lingua di verità, lavoro e sviluppo, libera da populismo, faciloneria e luoghi comuni. Due persone che non hanno avuto paura di affrontare le piazze che li chiamavano assassini dentro e fuori Taranto.
Eppure è la prima volta che Mellone ha partecipato a un incontro del sindacato. Il giornalista non ha mai nascosto la sua storica militanza nella destra sociale, che ritorna in tutti i suoi romanzi, alcuni ambientati proprio attorno al siderurgico di Taranto. E da un anno è vice direttore di Rai 1, si dice in quota Fratelli d’Italia. Ma è stato Bombardieri nel suo intervento a dire che accoglie con favore l’apertura fatta da Giorgia Meloni al dialogo con i sindacati, cosa che il segretario della Uil si augura parta quanto prima. “L’Ilva, dopo dieci anni, non vede ancora una soluzione a causa della mancanza di volontà dei vari governi – dice Palombella nella relazione – e gli impianti sono quasi in una situazione di non ritorno. La produzione è ai minimi storici, mancano le risorse finanziarie per la gestione ordinaria, e 3 mila lavoratori sono in cassa integrazione straordinaria che noi non abbiamo firmato. A questi si aggiungono i 1.700 dell’Amministrazione straordinaria, in cassa da 4 anni e l’indotto che è quello più colpito. I decreti Aiuti bis e ter, hanno concesso 2 miliardi, ma i tempi sono medio-lunghi, per questo la situazione rischia di precipitare da un momento all’altro. E nessuno ne parla”.
“Noi non abbiamo visto nessuno di questi finanziamenti che il governo ha stabilito di dare ad Acciaierie d’Italia – risponde il presidente Bernabè –. Sicuramente ci saranno e li utilizzeremo, ma fino ad ora devo dire che Acciaierie sono state gestite in una situazione che in tanti anni di esperienza non ho mai visto: senza accesso al credito bancario, senza finanziamenti degli azionisti. Abbiamo fatto uno sforzo importante per mantenere un’azienda che è stata abbandonata per 7 anni, gestita da due commercialisti e un avvocato (i commissari, ndr). Ma come ha potuto sopravvivere l’azienda in queste condizioni?”. A queste condizioni industriali si è sommato un contesto di accanimento mediatico, politico e giudiziario. Eppure da quando è arrivata ArcelorMittal sono finalmente partiti gli investimenti per la realizzazione del piano ambientale anticipato dal ministro Carlo Calenda nel 2017. Un investimento di un miliardo per cupole, coperture, filtri, che oggi consentono di produrre fino a 6 milioni di tonnellate senza danni sanitari. Ma la produzione è ferma a meno della metà, e la crisi energetica non aiuta. Per fortuna non è stata trasformata a gas. “Tutto il mondo va a carbone e noi vogliamo spegnere gli altiforni più moderni d’Europa”, dice Palombella mentre Mellone si emoziona sentendo citare gli altoforni.
Il problema è prevalentemente politico. Il centrodestra ha eletto quattro parlamentari tarantini, due il M5s, nessuno il Pd. Eppure Letta è stato l’unico a presentarsi a Taranto per incontrare i sindacati, ma senza dire cosa intendesse fare. Il presidente della Puglia Michele Emiliano, due giorni fa, a Taranto ha detto: “Se avessi potuto Ilva l’avrei chiusa, ma i governi non me l’hanno mai permesso”. Dopo la quiete durante il governo Draghi torna all’attacco. Meloni farebbe bene a farsi scudo con Mellone e Palombella.