Una veduta della torre degli affari Lakhta Center, sede del monopolio russo del gas Gazprom, a San Pietroburgo (AP/Dmitri Lovetsky) 

Perché il ricatto energetico di Putin funziona sempre meno

Federico Bosco

Secondo l’economista Jeffrey Sonnenfeld, professore alla Yale School of Management, la crisi energetica non rappresenta una minaccia per il sostegno a Kyiv, né per il benessere degli europei. Le macchinazioni di Putin stanno invece avendo un effetto negativo sulle entrate di Mosca

Vladimir Putin non piegherà gli europei. La sua scommessa sul ricatto energetico è destinata a fallire mentre a essere distrutta sarà la reputazione della Russia come fornitore affidabile di gas e petrolio, violando un principio dell’interesse nazionale russo che neanche l’Urss aveva mai messo in discussione. Secondo l’economista Jeffrey Sonnenfeld, professore alla Yale School of Management, la crisi energetica non rappresenta una minaccia per il sostegno a Kyiv, né per il benessere degli europei

  

In un commento per il Financial Times, Sonnenfeld spiega che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina l’approvvigionamento di gas russo nel mix dell’Ue è crollato dal 46  al 9 per cento, sostituito da un aumento dei flussi dalla Norvegia e Algeria. Ad aumentare sono anche le spedizioni di gas naturale liquefatto (Gnl) dai paesi non connessi “fisicamente” al continente, in particolare gli Stati Uniti: nel terzo trimestre del 2022 l’import europeo di Gnl statunitense si è attestato a 12 miliardi di metri cubi, superando per la prima volta nella storia la Russia. 

  

Le macchinazioni di Putin stanno invece avendo un effetto negativo sulle entrate di Mosca. Fatih Birol, il direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), ha mostrato i dati che rivelano come a settembre i ricavi russi dall’export di gas verso l’Europa sono per la prima volta inferiori rispetto allo stesso mese del 2021. Con gli stoccaggi dell’Ue pieni al 91 per cento (94 in Germania e 93 in Italia) è terminata la corsa all’acquisto, e il calo della domanda ha fatto scendere i prezzi ai minimi da tre mesi (pur rimanendo storicamente alti). Per il Cremlino il periodo dei super-profitti sta finendo insieme alle esportazioni verso l’Europa, quello che era il suo più grande mercato.

  

Il settore petrolifero, voce principale per il bilancio della Russia, è una fonte di preoccupazione ancora più grande. Secondo Bloomberg, dall’inizio dell’invasione Mosca ha perso il 60 per cento delle esportazioni via mare di petrolio in Europa, un mercato che sparirà tra otto settimane quando entrerà in vigore l’embargo europeo sul greggio degli Urali e, da febbraio, anche sui prodotti petroliferi russi.  

   

Le sanzioni dell’Ue sono state riviste per incorporare il price cap del G7 sostenuto dagli Stati Uniti, in base al quale i compratori di greggio russo potrebbero usare petroliere europee, assicurazioni e altri servizi, solo a patto di pagarlo al di sotto di un certo prezzo. Mosca ha già detto che non venderà il suo petrolio a chi impone un price cap, avvertendo che introdurlo potrebbe portare a un taglio della produzione e che è improbabile che i suoi principali clienti (Cina, India e Turchia) si adeguino al tetto al prezzo. La Russia però sta già producendo circa 1 milione di barili al giorno in meno rispetto agli impegni presi in sede Opec+, e il price cap del G7 aumenterà il potere contrattuale anche dei paesi che non vi aderiscono.  

   

Tuttavia, per l’Europa sarà comunque un inverno difficile. Nel Gas Market Report del quarto trimestre 2022, la Iea evidenzia i rischi per quest’anno e il prossimo, in particolare il mantenimento degli stoccaggi a livelli adeguati, un fattore cruciale per garantire gli approvvigionamenti anche l’anno successivo. Semplificando, quando gli stoccaggi non sono abbastanza pieni perdono pressione e diventano meno efficaci nel pompare gas per rispondere alle variazioni di domanda tipiche della fine della stagione invernale, rendendo il sistema vulnerabile alle ondate di freddo tardive.

  

Come sottolinea la Iea, solidarietà e responsabilità saranno fondamentali per garantire la sicurezza del sistema. Le azioni coordinate a livello europeo sono essenziali per prevenire una crisi, costruire le infrastrutture (gasdotti e rigassificatori) necessarie a importare e distribuire gas, incentivare la riduzione dei consumi di gas a uso industriale, e prepararsi a gestire nel modo più efficace le piccole e grandi misure di razionamento.

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