l'analisi
Suggerimenti a Meloni per aiuti mirati contro il caro energia
In una fase storica in cui torna di moda l’intervento pubblico è bene che lo stato, se vuole adempiere a questo compito in modo equo e senza intaccare i precari equilibri del bilancio pubblico, sia molto forte in un senso ben definito: cioè capace di selezionare tra sussidiati e no
Giorgia Meloni si è impegnata ad affrontare l’emergenza energia senza ulteriori scostamenti di bilancio. Quali criteri potrebbe seguire per una scelta razionale? Per le famiglie un criterio immediato è quello di concentrare le risorse sulle fasce più deboli, quelle per le quali l’inflazione energetica rischia di pregiudicare i consumi essenziali. Vanno in questa direzione alcuni provvedimenti del governo Draghi, che sarebbe opportuno confermare, quali il bonus sociale e i bonus da 200 e da 150 euro, rivolti persone sotto una certa soglia Isee.
Per le imprese il tema è più complesso. In generale, imprese più energivore andrebbero protette di più. Ma non tutte le imprese energivore sono uguali e non tutte sono colpite allo stesso modo. In linea di principio, alcune imprese potrebbero trasferire l’aumento dei costi nei prezzi di vendita mantenendo inalterati i margini. In un caso del genere è tutt’altro che ottimale sussidiare quelle imprese (il sussidio andrebbe semmai dirottato sugli acquirenti). La teoria economica suggerisce che la capacità che le imprese hanno di trasferire sui consumatori un rialzo dei costi dipende dall’elasticità della domanda e dell’offerta, ovvero da quanto domanda e offerta siano reattive alle variazioni di prezzo. Senza entrare nei dettagli, potrebbe essere preferibile sussidiare di più le imprese esposte alla concorrenza internazionale, per le quali un rialzo dei prezzi sarebbe più facilmente punito da una perdita di quota di mercato, rispetto a chi opera su mercati più protetti e che può quindi traslare a valle più facilmente gli extracosti. Ciò è tanto più vero quanto più aziende del primo tipo si confrontano con competitor stranieri che hanno accesso all’energia a costi più contenuti, o perché si trovano in aree del pianeta che non sono investite quanto noi dall’inflazione energetica (per esempio il Nordamerica) oppure perché sono oggetto di misure nazionali più aggressive delle nostre (come accade in altri stati membri dell’Ue: Francia, Spagna e Germania).
Questo ragionamento rimanda al concetto più generale di disegnare al meglio le politiche per selezionare correttamente i beneficiari degli aiuti. Diamo pure per buono il principio secondo il quale in un ambiente economico in cui gli choc sono frequenti e poco prevedibili sia desiderabile che lo stato agisca da assicuratore di ultima istanza. Il tema allora è: chi aiutare? Nella stanza dei bottoni della politica economica abbiamo oggi le informazioni, gli strumenti analitici e i processi decisionali per selezionare solamente chi merita gli aiuti ed evitare spese a pioggia, meno efficaci e più costose? Temiamo che la risposta sia negativa. Eppure, si tratta di un tema molto attuale e che attraversa la storia economica recente.
Dopo il fallimento di Lehman Brothers, il sistema finanziario si è inceppato e occorreva evitare l’asfissia finanziaria delle imprese: sarebbe stato molto importante conoscere quali imprese avessero effettivamente vincoli di liquidità e quali no. Quando, in una fase di crescita debole, il governo ha stimolato i consumi dando 80 euro al mese ad alcuni contribuenti, sarebbe stato utile conoscere quali contribuenti avessero una propensione al consumo più elevata, così da massimizzare l’impatto macroeconomico dell’intervento. Quando è cresciuta la povertà e occorreva contrastare questa tendenza, saper discriminare tra veri e finti poveri sarebbe stato fondamentale, specie considerando l’alta evasione fiscale. Quando la pandemia e i lockdown hanno fatto crollare i fatturati di alcune imprese ed era giusto sostenerne la liquidità, ci siamo accorti che non sempre eravamo in grado di individuare i bisognosi.
E arriviamo così a oggi e alla domanda di protezione dai rincari dei prezzi energetici. In una fase storica in cui torna di moda l’intervento pubblico, anche nella forma di protezione da choc più o meno attesi e intensi, è bene che lo stato, se vuole adempiere a questo compito in modo equo e senza intaccare i precari equilibri del bilancio pubblico, sia molto forte in un senso ben definito: sia cioè capace di selezionare tra sussidiati e no. D’altronde, l’impossibilità di proteggere tutti da tutto non dipende solo dalla scarsità delle risorse pubbliche ma anche dal fatto che l’ondata inflattiva, almeno per quanto riguarda l’energia, ha radici profonde, legate sia a problemi di offerta sia alle conseguenze della politica fiscale e monetaria degli anni passati. Non può esistere alcuna politica che, attraverso la mera redistribuzione, impedisca all’economia di aggiustarsi: sarebbe come pretendere di tappare i buchi di una diga a mani nude.