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l'analisi

Bce e governi sono davanti a una sfida di credibilità sull'inflazione

Francesco Lippi

Le previsioni dipingono un quadro incerto e in queste situazioni la funzione delle banche centrali è quella di coordinare le attese del pubblico. Ma è assolutamente necessaria la piena collaborazione delle politiche fiscali

In Europa un’inflazione vicina al 10 per cento non si vedeva da 40 anni. Gli aumenti dei prezzi, avviatisi con le strozzature alla produzione post pandemia, sono stati ulteriormente sospinti dalla crisi energetica legata all’invasione dell’Ucraina. Anche l’inflazione core, la misura depurata dalle componenti più volatili (tra cui l’energia), è salita ben sopra l’obiettivo della Bce avvicinandosi al 6 per cento. Il ritorno dell’inflazione solleva quindi domande importanti. Quanto durerà? Stiamo forse tornando agli anni settanta quando, dopo gli choc petroliferi, l’inflazione rimase alta a lungo?

 

La risposta dipende dalle azioni delle banche centrali e delle autorità fiscali. Sebbene gli choc energetici impattino meccanicamente sull’inflazione nel momento in cui compaiono, l’evoluzione dell’inflazione dipende da quello che imprese e lavoratori si aspettano per il futuro.  Se imprese e consumatori si aspettano che l’inflazione sarà contenuta, allora negozieranno prezzi e salari come in passato, e l’inflazione tornerà sotto controllo. Se invece si aspettano aumenti generalizzati dei prezzi, allora negozieranno prezzi e salari elevati, rendendo persistente uno choc che poteva essere temporaneo.  Peraltro, elevati aumenti dei prezzi comportano aleatorie redistribuzioni di ricchezza, senza risolvere il problema originario del rincaro energetico.  Cercare di spostare gli aumenti su qualcun altro è vano perché il rincaro dell’energia non dipende da fattori interni, e né la politica monetaria né quella fiscale possono evitare che il conto sia pagato.

 

E’ quindi evidente che molteplici scenari possono seguire allo choc iniziale, a seconda delle attese sul futuro da parte di imprese e risparmiatori. Le diverse esperienze dei paesi europei negli anni Settanta, a fronte di rincari energetici praticamente uguali, ne sono un esempio. La funzione delle banche centrali in queste situazioni di grande incertezza è quella di coordinare le attese del pubblico, ancorando tutti gli aumenti dei prezzi intorno a un comune livello di bassa inflazione.  Se le aspettative d’inflazione scappassero di mano diventerebbe ancor più costoso riportarle sotto controllo.


Le informazioni sulle attese d’inflazione del prossimo futuro per l’area dell’euro, desumibili dai sondaggi degli operatori finanziari, delle famiglie, e dai prezzi dei titoli, dipingono un quadro incerto. La mediana delle aspettative per il prossimo anno è vicina al 5 per cento, è più bassa sugli orizzonti successivi. Al contempo, la distribuzione delle attese è asimmetrica: cresce il peso degli operatori che si attendono che l’inflazione rimanga sopra il 5 per cento, o che superi l’obiettivo Bce nei prossimi 5 anni.  E’ fondamentale che la politica monetaria monitori continuamente l’evoluzione di queste grandezze e si adoperi per frenare sul nascere i segnali di disancoraggio impliciti nella dinamica di salari e prezzi. La credibilità delle istituzioni monetarie, in Europa e altrove, è un bene conquistato a fatica che va preservato. E’ assolutamente necessaria la piena collaborazione delle politiche fiscali. Lanciare segnali contraddittori o confusi, di nuovi deficit di bilancio o di dissenso sulla strada da seguire, contribuirebbe a ridurre la credibilità degli obiettivi antinflazionistici, come accaduto nel Regno Unito nelle ultime settimane.

 

La Banca centrale europea ha di fronte una scelta difficile: da un lato rischiare che sui mercati si ingrossino le fila di chi si aspetta un’inflazione elevata. Dall’altro, rischiare che il proseguimento delle misure restrittive, i cui effetti si dispiegano lentamente, contribuisca al rallentamento congiunturale già in atto.  La seconda considerazione suggerisce prudenza. Ma il nervosismo dei mercati e i movimenti nella coda alta della distribuzione delle aspettative ci ricordano che siamo in un momento cruciale per la credibilità, che deve essere difesa senza titubare. Questo obiettivo richiede una comunicazione con i mercati continua e trasparente, e una politica che sia pronta a sostenere, con parole ed azioni, gli aumenti dei tassi di interesse necessari a contenere le pressioni sui prezzi. Quello che succederà dipende da queste scelte. 

 

Francesco Lippi
economista, Università Luiss

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