Sorpresa: Fornero promuove la ministra del Lavoro di Meloni e Salvini

Luciano Capone

Determinata, ambiziosa, competente ma con qualche potenziale conflitto d'interesse. Chi è Marina Elvira Calderone, la zarina dei consulenti del lavoro, di cui anche un'avversaria della destra come Elsa Fornero dice: “È una buona scelta”

Tutti la descrivono come una donna determinata e ambiziosa, capace nel corso degli anni di aver dato rilevanza alla professione dei consulenti del lavoro. Per i critici il nuovo ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone, si porta dietro un conflitto d’interessi per il ruolo di zarina dell’Ordine dei consulenti del lavoro, che ha presieduto dal 2005 fino alla chiamata di Giorgia Meloni. Ma tutti le riconoscono una certa conoscenza della materia, in particolare una competenza giuridica. Per questa ragione per Elsa Fornero, non certo una personalità vicina alla destra, “è complessivamente una buona scelta. In attesa di conoscere le proposte, darei un giudizio moderatamente positivo”, dice al Foglio.

 

Quella di Marina Claderone non è stata comunque una scelta semplice, per un ministero così delicato come quello di Via Veneto. Proprio perché nel corso dei suoi numerosi mandati al vertice dei consulenti del lavoro è riuscita a valorizzare una professione che prima godeva di minore spazio e considerazione, nel tempo è spesso entrata in contrapposizione con altri mondi professionali come gli avvocati giuslavoristi e, soprattutto, le organizzazioni datoriali, in particolare quelle che fanno assistenza alle pmi nel commercio e nell’artigianato a cui i consulenti “rubano il lavoro”. In questo senso, proprio per l’audacia e la determinazione mostrata negli anni a favore della sua categoria, ci sono state rassicurazioni da parte dei vertici politici di FdI per rasserenare gli animi e tranquillizzare le organizzazioni datoriali che il ministro del Lavoro avrà un atteggiamento neutro e non aggressivo.

 

L’altra nota critica riguarda il rapporto con i sindacati, sempre per la funzione di “disintermediazione” svolta spesso dai consulenti del lavoro rispetto alle parti sociali. Un altro tema che inquieta un poco i sindacati è il retropensiero, abbastanza diffuso, che imputa ai consulenti del lavoro e ai commercialisti la proliferazione dei contratti collettivi, spesso definiti “pirata”: su circa 1.000 contratti collettivi depositati al Cnel solo 300 sono firmati da Cgil, Cisl e Uil, mentre gli altri da sigle minori e alcune sconosciute. Ovviamente non c’è una responsabilità diretta dell’Ordine dei consulenti del lavoro, ma di sicuro i sindacati guarderanno con attenzione a come il ministro gestirà questo fenomeno.

 

Come si diceva all’inizio, chi si occupa del settore, anche i più critici, riconoscono che sul lavoro “sa di cosa parla”. Un’innovazione rispetto agli ultimi ministri del Lavoro – Andrea Orlando, Nunzia Catalfo e Luigi Di Maio, per stare ai più recenti – che non avevano una grande esperienza tecnica, ma di cui si conosceva l’indirizzo politico. Nel caso di Calderone è un po’ l’inverso. Che non vuol dire distanza dalla politica, anzi. Nel corso degli anni, soprattutto attraverso il Festival di consulenti del lavoro, Calderone ha costruito fitte relazioni con la politica, riuscendo a strappare risultati per la sua categoria, e anche a costruire rapporti trasversali. Ad esempio, fu nominata nel cda di Finmeccanica-Leonardo dal governo Renzi e durante il primo governo Conte era candidata a diventare presidente dell’Inps. Alla fine fu scelto Pasquale Tridico, ma nel cda dell’Inps fu nominato Rosario De Luca, marito di Calderone, che si è dimesso dal cda dell’Istituto appena prima che la moglie diventasse ministro. Dopo Renzi, Conte e Salvini, si è avvicinata sempre più a Meloni e FdI.

 

Eppure, nonostante la prossimità alla politica non è chiara la sua visione d’insieme e su alcune questioni cruciali. Ad esempio, non si conosce la sua posizione sulle pensioni, anche se difficilmente avallerà il superamento della legge Fornero con la Quota 41 voluta da Salvini e Landini, non fosse altro che per mancanza di soldi. Sul Reddito di cittadinanza Calderone si è espressa a favore del sussidio alle famiglie povere, ma ha proposto di modificare la parte di politiche attive per rendere il sistema più “fluido” dando un ruolo maggiore alle agenzie private e riducendo la possibilità di rifiutare un’offerta di lavoro da parte dei beneficiari. Calderone ha fatto della “sburocratizzazione” una bandiera, quindi è probabile che interverrà per introdurre flessibilità (precarietà dicono i critici) e facilitare le assunzioni (una delle prime misure candidate a essere riviste è il “decreto dignità”). Rispetto ai suoi ultimi tre predecessori è contraria al salario minimo (“Non ci serve, abbiamo bisogno di sostenere la contrattazione decentrata”), e probabilmente non toccare questa materia, come pure il tema della rappresentanza, non dispiacerà ai sindacati.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali