L'intervista

“La legge di Bilancio? Ci sono misure identitarie, ma la direzione è giusta". Parla Giovanni Tria

Mariarosaria Marchesano

“Tutti vorremmo fare manovre espansive, ma lì fuori non c’è un esercito di economisti keynesiani pronti a plaudire all’aumento della spesa pubblica, ci sono coloro che ti finanziano il debito e ai quali devi dar conto. Il rdc?Serve una fortissima revisione. Ma c’è un tema di stabilità sociale di cui tenere conto”, dice l'ex ministro dell'Economia

“Il mio giudizio sulla manovra del governo Meloni è positivo. Fa quello che deve fare e cioè si sforza di mitigare l’impatto dell’inflazione su famiglie e imprese. E agendo anche sul potere d’acquisto dei lavoratori evita che si inneschi quella spirale prezzi-salari che farebbe aumentare l’inflazione stessa. In questo senso, la manovra è in continuità con l’impostazione del governo Draghi”. L’economista Giovanni Tria, che è stato ministro dell’Economia nel primo governo Conte (a trazione M5s-Lega) ha sperimentato in prima persona cosa voglia dire provare ad aumentare il deficit sfidando i mercati. Ma erano tempi diversi, nel 2018 sul giudizio degli investitori pesavano soprattutto le tensioni con l’Europa e le tentazioni di Italexit. In quell’esecutivo, Tria ebbe un ruolo fondamentale nel cercare – in una manovra che introduceva il Reddito di cittadinanza e Quota 100 – un punto d’incontro tra le misure volute dai partiti e l’equilibrio dei conti pubblici. “Tutti vorremmo fare manovre espansive, ma lì fuori non c’è un esercito di economisti keynesiani pronti a plaudire all’aumento della spesa pubblica, ci sono coloro che ti finanziano il debito e ai quali devi dar conto”, osserva Tria. 

 

A giudicare dall’andamento dello spread, da qualche settimana sceso sotto i 200 punti “ancora troppo alto rispetto ai fondamentali dell’Italia”, dice l’economista, ma ormai lontano da soglie d’allarme, la legge di bilancio da 35 miliardi approvata da Palazzo Chigi non ha turbato i mercati finanziari pur essendo in deficit per circa il 60 per cento, il che corrisponde a un rapporto deficit-pil pari al 4,5 per cento rispetto al 3,4 per cento previsto a settembre. “E pensare che quando ero ministro per scatenare la reazione dei mercati bastò ipotizzare un rapporto deficit-pil al 2,4 per cento poi rinegoziato al 2 per cento con Bruxelles”, ricorda Tria senza alcun rammarico. In effetti, uno scostamento di bilancio che era la metà di quello attuale generò l’impressione di un aumento del “rischio Italia” tra i detentori di Btp, cosa che adesso non è accaduta, anche se bisogna considerare che nel frattempo il differenziale tra i titoli di stato italiani e i bund tedeschi è diventato stabilmente più elevato della media europea. Ma nel governo Meloni nessuno parla più di uscire dall’euro e il pacchetto di misure economiche approvato, che sarà discusso in Parlamento, si concentra essenzialmente sul contenimento delle bollette energetiche – per il quale sono stati stanziati 21 miliardi – e sui tagli alle tasse nel prossimo anno per i lavoratori dipendenti e autonomi (cuneo fiscale e flat tax), lasciando al Pnrr gli investimenti per la crescita economica. “Le misure approvate sono finanziate in parte con il debito e in parte attraverso tagli di spese e di bonus e questo aiuta a rendere la manovra sostenibile per la finanza pubblica. Certo, poi sono state introdotte misure che potremmo definire ‘identitarie’, come la flat tax per i liberi professionisti, e si è voluto dare un segnale politico con la drastica riduzione del Reddito di cittadinanza, ma la direzione è quella giusta”. 

 

Vuole dire che il governo Meloni dimostra consapevolezza della necessità di conquistare la fiducia dei mercati più di quanto abbiano fatto alcuni governi italiani nel passato e di quanto, più di recente, abbia dimostrato il governo conservatore inglese di Liz Truss? “Mi pare proprio che sia così, anche perché si è finalmente compreso che una volta acquisita credibilità per quanto riguarda la gestione dei conti pubblici poi, più avanti, se necessario, si possono approvare scostamenti di bilancio senza provocare effetti destabilizzanti sui mercati”. Cosa pensa Tria del fatto che il Reddito di cittadinanza rischia di scomparire, lui che lo ha visto nascere nel 2018, tra mille polemiche, e ne ha testato, però, anche gli effetti calmieranti con la crisi pandemica essendo stato, tra l’altro, consigliere economico del governo Draghi? “Penso che quella legge fu scritta in gran fretta e sono d’accordo che occorra una fortissima revisione. Ma bisogna valutare con calma le modifiche da apportare perché c’è un tema di stabilità sociale di cui tenere conto”. 

 

Ma c’è un altro aspetto più macroeconomico nella valutazione della legge di bilancio che Tria considera in modo positivo: “Non si può lasciare alla sola Bce il compito di contenere la corsa dell’inflazione attraverso l’aumento dei tassi d’interesse, bisogna che i governi facciano la loro parte con manovre fiscali che possono aiutare a scongiurare una stretta monetaria troppo severa”. 
 

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