Un negoziante usa una cassa da tè per conservare denaro che non entra nel registratore di cassa durante l'alta inflazione tedesca (Hulton Archive/Getty Images) 

vivere con l'inflazione

Convivere con alta inflazione è dannosissimo, ma anche combatterla ha costi elevati

Luca de Angelis

Lasciarla correre e vivere con prezzi galoppanti o alzare il costo del denaro e tenere una politica di bilancio prudente, rallentando l’economia e inducendo con altissima probabilità una recessione? Il prezzo delle scelte

Non ricordiamo cosa voglia dire vivere con l’inflazione. E non ricordiamo le scelte politiche alle quali ci obbliga. Mentre l’impatto ci verrà ricordato dalla realtà che si fa pian piano largo, la risposta a quell’impatto è qualcosa che la politica e la tecnica devono ricordare in autonomia. Altrimenti rischiamo di generare una crisi peggiore di quanto la risposta a questa comporterà. 

  
L’inflazione ci pone davanti a una scelta. Se lasciarla correre e vivere con prezzi galoppanti o combatterla. Combatterla ha dei costi seri: vuol dire alzare il costo del denaro e tenere una politica di bilancio prudente, rallentando l’economia e inducendo con altissima probabilità una recessione. Sì, perché l’inflazione è sempre generata da troppi soldi che rincorrono beni scarsi. E per limitarla bisogna rallentare la spesa di tutti i partecipanti l’economia: famiglie, imprese e governo. Alcuni si oppongono a questa visione sostenendo che alzare i tassi non c’entra nulla con le cause che generano l’inflazione di oggi, ovvero il caro energia. Ma si sbagliano. Primo, l’inflazione è spinta sia dal caro energia, sia dai trasferimenti erogati a famiglie e imprese durante il Covid, che ancora stanno spendendo - ricordiamoci che gli stimoli-Covid hanno totalizzato circa il 10 per cento del pil globale - cifre da guerra. Inoltre, sarà maggiormente spinta da adeguamenti automatici del costo della vita come quello appena concordato sulle pensioni in Italia. Secondo, i price cap e i razionamenti aiutano sicuramente nel breve periodo a contenere i prezzi energetici e dei beni energivori, ma se questi strumenti non si combinano a una politica generalmente restrittiva si rischia che i prezzi continuino a correre
   
Lasciar correre i prezzi comporta infatti rischi di molto maggiori. Se combattere l’inflazione vuol dire generare quasi sicuramente una recessione (temporanea), vivere con l’inflazione aumenta il costo delle recessioni future. Perché? Perché un mondo ad alta inflazione non è un mondo facile da vivere. Rende molto complicato programmare investimenti, per esempio, non sapendo che prezzi ci saranno nel medio periodo; rende svantaggioso risparmiare, perché per ogni euro risparmiato si perde potere d’acquisto quando i prezzi dei beni acquistabili con quell’euro crescono di giorno in giorno; e si rischia, nel tempo, di generare iperinflazione, quel meccanismo per il quale i prezzi corrono talmente tanto che è sempre più vantaggioso comprare qualcosa oggi rispetto a domani (quando sarà più caro). Virtualmente, si cerca di sbarazzarsi dei soldi il prima possibile. Questo ovviamente comporta il collasso della moneta, come accadde a Weimar negli anni 20 o sta accadendo oggi stesso in Argentina. 
    

Bambini che giocano con la carta moneta, resa praticamente inutile dall'iperinflazione in Germania, intorno al 1923 (foto di FPG/Getty Images) 
    
L’area euro non ha ancora fatto una scelta chiara, ma dovrà farlo e proseguire nell’alzare i tassi in modo deciso. Qui l’inflazione è tra le più alte al mondo – 10,7 per cento – e i tassi tra i più bassi – al due per cento. Brasile e Messico, paesi tra i più abituati e bravi a combattere l’inflazione, hanno rispettivamente il 7,2 e l’8,2 di inflazione con tassi al 12,2 e 9,7 per cento.  Negli Stati Uniti (inf 8,2; tassi 4), in Canada (inf 6,9; tassi 3,4), Regno Unito (inf 10,3; tassi 3,7), e Australia (inf 7,3; tassi 3,9) non si è arrivati a tanto, forti di maggior credibilità internazionale, ma si sta affrontando la crisi di petto. Nell’area euro abbiamo atteso molto, pensando che l’inflazione energetica sarebbe stata temporanea. Ma i recenti dati sull’inflazione suggeriscono altrimenti e si dovrà procedere a rialzare i tassi in modo sostenuto. 
 
Ma la parte dura della scelta sarà dopo. Cioè quando l’inflazione comincerà a scendere, saremo già in recessione e la Bce terrà i tassi a livelli elevati per assicurarsi che l’inflazione scenda sul serio. Là la tentazione politica di usare il bilancio per mitigare gli effetti della recessione sarà altissima. Ma sarebbe un errore: iniettare ulteriori risorse quando si cerca appunto di calmare l’economia vuol dire non combattere l’inflazione e vanificare lo sforzo della banca centrale. Questa è la tentazione alla quale il Governo Truss in Regno Unito ha ceduto. Ed è stato severamente punito. L’Italia rischierebbe di rimanere intrappolata in un morso tra alta inflazione, bassa crescita e, appunto, sfiducia finanziaria. 
 
Sarà questa la vera prova del nove di questo governo. Non i migranti, non il contante, non il reddito di cittadinanza. Ma quando, con una recessione in corso, famiglie in sofferenza e imprese in bilico, la banca centrale si rifiuterà di abbassare ancora i tassi proprio per assicurarsi che l’inflazione sia vinta. Ovvero quando il costo politico di combattere l’inflazione potrebbe essere troppo alto e si sarà tentati di usare il bilancio per vivacchiare e passare il problema al prossimo governo. Questa sarebbe una strada molto pericolosa. Che speriamo di non intraprendere.

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