tregua fiscale
Gli annullamenti delle microcartelle sono opportuni ma non risolutivi
Questi micro-debiti, pur rappresentando circa il 78 per cento delle pratiche che “ingolfano” le scrivanie dei funzionari della riscossione, valgono solo il 5,6 per cento del carico complessivo di ruoli ancora da riscuotere. È il sistema nel suo complesso che non funziona e deve essere riformato
Le più recenti dichiarazioni di esponenti apicali del ministero dell’Economia e delle Finanze quantificano in 1.132 miliardi di euro l’ammontare totale del carico residuo contabile dei ruoli affidati (e non ancora riscossi) all’Agenzia delle Entrate Riscossione. Questo dato ammontava a 1.099 miliardi di euro al 31 dicembre 2021 e a 999,1 miliardi di euro al 31 dicembre 2020 (dati rinvenibili dal Rapporto di verifica 2021, a cura del Dipartimento delle Finanze, dei risultati della gestione di Agenzia delle Entrate Riscossione, pag. 56), mentre al 30 giugno 2020 si attestava a 986,7 miliardi (dato rinvenibile dall’Audizione del Direttore di Agenzia delle Entrate Riscossione avanti la VI Commissione del Senato in data 6.10.2020, Tabella 1), a fronte, rispettivamente, di 954,7 miliardi di euro al 31 dicembre 2019 e 909,5 miliardi di euro al 31 dicembre 2018 (dati rinvenibili dal Rapporto di verifica 2019, a cura del Dipartimento delle Finanze, dei risultati della gestione di Agenzia delle Entrate Riscossione, pag. 55).
Un trend di crescita che sembra dunque inarrestabile, nonostante i numerosi provvedimenti di rottamazione, definizione agevolata e, per quelli di minore importo, finanche di annullamento.
In particolare, con riguardo all’annullamento dei singoli ruoli di importo fino a 1.000 euro, l’art. 4 del DL 119/2018, che lo ha disposto con riguardo a tutti quelli affidati all’agente della riscossione fino al 31 dicembre 2010, l’effetto della misura ha determinato una riduzione del “magazzino dei ruoli” di circa 32,2 miliardi di euro e 123 milioni di partite di ruolo, pari a quasi il 40 per cento degli oltre 309 milioni di singole partite di ruolo che risultavano ancora in essere alla data di quel provvedimento. Secondo quanto riferito in audizione dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione a fine 2020, i ruoli di importo inferiore a 1.000 euro, anche dopo questa significativa sforbiciata, continuano a essere numerosissimi: oltre 171 milioni sui circa 220 milioni di singole partite di ruolo in essere alla data del 30 giugno 2020, corrispondenti a un importo totale pari a circa 55 miliardi di euro sul totale di 986,7 miliardi di euro in essere a quella medesima data. Ciò che va sottolineato è anche che questi micro-debiti, pur rappresentando circa il 78 per cento delle pratiche che “ingolfano” le scrivanie dei funzionari della riscossione, valgono solo il 5,6 per cento del carico complessivo di ruoli ancora da riscuotere; mentre le singole partite di importo superiore a 100.000 euro (che, a regole vigenti, devono essere “seguite” dagli agenti della riscossione con le stesse identiche procedure e tempistiche di quelle “micro”) valgono il 63 per cento del carico complessivo di ruoli ancora da riscuotere, pur essendo meno di un milione di pratiche.
La scelta del governo di ritornare sulla misura dell’annullamento dei ruoli di importo inferiore a 1.000 euro, estendendola di altri cinque anni, ossia ai ruoli fino a 1.000 euro affidati all’agente della riscossione sino al 31 dicembre 2015, è dunque certamente opportuna, per quanto altrettanto certamente non risolutiva.
È il sistema nel suo complesso che non funziona e deve essere riformato, con regole chiare e automatiche di abbandono delle partite ormai perse, assistite ovviamente da ferrei meccanismi di controllo sulla linearità e trasparenza dell’operato dell’agente della riscossione, per altro già oggi significativi.
Senza questi asettici e “silenziosi” automatismi, si dovrà continuare ancora e ancora, volenti o nolenti, a periodici interventi di condono, che consentano l’annullamento di questi o quei ruoli palesemente irrecuperabili, i quali, per il “rumore” che fanno, favoriscono la percezione di uno Stato più incapace di quel che in effetti è (posto che in tutti i Paesi del mondo una fetta assai significativa delle contestazioni, che finiscono nell’ultima spiaggia della riscossione coattiva, non viene riscossa), indebolendo così quella propensione del contribuente a essere a sua volta rigoroso nell’ottemperare ai propri obblighi verso lo Stato che, paradossalmente, vorrebbe rafforzare proprio chi si oppone ad automatismi di cancellazione dei ruoli irrecuperabili.
Nonostante queste evidenze vengano portate da anni all’attenzione del legislatore non da fantomatici “amici degli evasori”, ma dagli stessi vertici dell’ente pubblico preposto alla riscossione, lo strisciante comun denominatore di tutti gli ultimi governi e relative maggioranze parlamentari ha reso impossibile questa riforma e gettato le basi perché i tanto odiati condoni continuino a rendersi necessari.
Chissà che non sia la volta buona per battere l’ideologia di chi non saprebbe distinguere un condono da una riforma nemmeno dopo un master tributario da mille ore e voltare finalmente pagina.
Enrico Zanetti
già viceministro dell’Economia