Perché serve un processo ai sindacati
Proteste contro green pass e sblocco dei licenziamenti, sciopero contro Draghi. Ma l'Italia ha avuto crescita sostenuta, record di occupati e calo della disuguaglianza. Prima di mobilitarsi di nuovo, Landini & co. dovrebbero guardare con spirito critico all'ultimo anno e mezzo
Per ora si parla solo di “mobilitazione”, anche perché sarebbe inopportuno indire uno sciopero generale prima dell’incontro con il presidente del Consiglio che Cgil, Cisl e Uil terranno mercoledì. Ma è praticamente certo che finita la riunione a Palazzo Chigi Maurizio Landini, e verosimilmente Pierpaolo Bombardieri (anche se nella Uil c’è un po’ di scetticismo), torneranno in piazza. Replicando la rottura dell’unità sindacale con la Cisl, contraria allo sciopero, che si è già vista lo scorso anno.
La Cgil è quasi costretta a farlo da due ragioni che prescindono dal merito della legge di Bilancio: la prima è che ha scioperato contro il governo Draghi e non può non farlo contro Giorgia Meloni; la seconda è che M5s e Pd hanno già annunciato manifestazioni e Landini non può farsi sottrarre la protesta di piazza da Conte e dai dem. A fianco a queste condizioni oggettive, ci sono poi le ragioni di merito contro alcune misure della manovra: voucher, taglio del Reddito di cittadinanza, flat tax, allentamento della lotta all’evasione, pensioni, etc.
Ma una volta finito lo sciopero dovuto, il sindacato – e specialmente la Cgil – dovrà probabilmente riflettere in maniera autocritica sull’anno e mezzo passato. In questo periodo, durante il governo Draghi che pure si era mostrato molto dialogante, l’azione sindacale si è distinta per tre grandi prese di posizione che poi si sono dimostrate sbagliate. La prima è stato il no al green pass, che Landini definì un “colpo di sole” della Confindustria, una proposta “inaccettabile”, perché basato su una “logica sanzionatoria e punitiva verso il mondo del lavoro”: il tempo e i dati hanno dimostrato che il green pass è stato importante per far aumentare il tasso di vaccinazione, producendo due importanti risultati: maggiore sicurezza negli ambienti di lavoro e una maggiore crescita economica dovuta alle aperture possibili grazie all’ampia copertura vaccinale.
Il secondo fronte di contrasto ha riguardato la fine del blocco ai licenziamenti a giugno 2021, che secondo il sindacato avrebbe fatto esplodere una “bomba sociale”: “700 mila licenziamenti attesi dal 1° luglio”, diceva la Cgil; “1 milione di licenziamenti”, alzava la posta la Uil. I recenti dati Istat dimostrano l’esatto contrario: a ottobre prosegue la crescita occupazionale, in calo disoccupati e inattivi, con un tasso di occupazione ai massimi storici. Non ci sono stati 700 mila licenziamenti, ma quasi 600 mila occupati in più. E, considerando i dati dell’ultimo anno, quasi tutti a tempo indeterminato (500 mila in più rispetto a ottobre 2021). L’ultimo fronte di lotta è stato lo sciopero generale contro il governo Draghi per una legge di Bilancio “regressiva” e “socialmente ingiusta”, che avrebbe aggravato il problema delle “diseguaglianze”. Anche qui, un anno dopo una netta smentita. L’Istat ha mostrato i provvedimenti fiscali di quella manovra – riforma Irpef e Assegno unico – hanno ridotto la diseguaglianza e il rischio povertà.
In pratica, mentre il paese viveva una sostenuta crescita economica, un boom occupazionale e dei posti di lavoro stabili e una riduzione della diseguaglianza, il sindacato protestava e scioperava prevedendo l’esatto contrario. Anche sul lato della proposta le cose non vanno bene. Attualmente la riforma sul lavoro più popolare nell’elettorato di centrosinistra, e che ormai tutti i partiti di opposizione appoggiano, è il salario minimo. Non una bandiera del sindacato, ma anzi una misura che viene vista come una minaccia per la contrattazione collettiva e il ruolo del sindacato. Le uniche idee chiare e forti sono sulle pensioni (molta più spesa), mentre molto poco si parla di giovani, formazione e politiche attive.
Va bene quindi il rito dello sciopero, che Landini non può permettersi di non celebrare contro un governo di destra. Ma una volta arrotolate le bandiere e tornati in sede dalla piazza, forse è il caso, in questo periodo di transizione per tanti attori politici e sociali, che i sindacati ripensino al passato recente con spirito critico.