Editoriali
Dopo i primi giorni di price cap al petrolio, Mosca vuole puntare sul price floor
Rispondere al tetto del prezzo con un “pavimento” significherebbe da un lato accettare la logica delle sanzioni e dall’altro fissare un limite al ribasso, dando ai trader il benchmark di un negoziato che può tradursi solo con offerte più vicine al limite minimo che al limite massimo
Dopo due giorni dall’entrata in vigore dell’embargo dell’Unione europea e del price cap del G7 sono almeno 22 le petroliere bloccate per controlli tra gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La Turchia si sta prendendo tutto il tempo che ritiene necessario per controllare la validità delle assicurazioni delle navi che trasportano il petrolio russo attraverso il Mar Nero. Ankara vuole accertarsi che le navi che passano nei suoi stretti siano coperte dal rischio di incidenti potenzialmente molto gravi, come le collisioni e le fuoriuscite di petrolio. Rischi reali, che devono essere coperti da assicurazioni affidabili e riconosciute in tutto il mondo. Il price cap proibisce alle navi che trasportano greggio russo di accedere alle assicurazioni occidentali (in assoluto le migliori) a meno che non venga venduto sotto i 60 dollari al barile.
Quella del Mar Nero è la migliore delle quattro rotte di esportazione marittima russe. Le altre, più impervie, partono dal Baltico, dall’Artico e dal mar del Giappone. Per aggirare le sanzioni Mosca sta mettendo insieme una “flotta ombra” sul modello iraniano, ma Ankara non vuole che i suoi stretti diventino un passaggio sicuro per le petroliere non assicurate. I guardiani delle altre rotte non si comporteranno tanto diversamente, pertanto, non sarà la flotta di Vladimir Putin a salvare l’industria petrolifera russa, né a tenere alte le quotazioni del suo greggio. La pressione è tale che Mosca sta valutando l’introduzione di un price floor. Ma rispondere al tetto del prezzo con un “pavimento” significherebbe da un lato accettare la logica delle sanzioni e dall’altro fissare un limite al ribasso, dando ai trader il benchmark di un negoziato che può tradursi solo con offerte più vicine al limite minimo che al limite massimo. Con una sola decisione la Russia dimostrerebbe di temere il price cap e, allo stesso tempo, di essere costretta a riconoscerlo indirettamente. Una linea molto diversa da quella, che il Cremlino annuncia da mesi, di bloccare le esportazioni verso i paesi che avessero accettato il price cap.