l'intervista
Abbecedario per dummies agricoli utile anche alla classe politica. Parla Giansanti (Confagricoltura)
Aggregazioni, manodopera, svecchiamento, digitalizzazione: le urgenze del settore. Un campo pieno di contraddizioni e di necessità: dal rafforzamento della capacità produttiva allo sviluppo scientifico
L’agricoltura: il regno delle contraddizioni. Vogliamo esportare i nostri prodotti ma non vogliamo importarli. Vogliamo il chilometro zero ma a patto che sia il consumatore che prenda la macchina e vada fino all’azienda: i km sempre quelli sono, ma facciamo finta di niente. No alle culture intensive, ma il monito vale per quelle degli altri, le mele Val di Non, invece devono essere secolari e tradizionali. Vogliamo i prodotti senza pesticidi e poi quando abbiamo i gerani investiti da un lepidottero chiediamo se c’è in vendita un prodotto stermina insetti, anche il Napalm va bene. Desideriamo innovazione quando si parla di cellulari e strutture mediche, parliamo con orgoglio di femminismo ed emancipazione ma il contadino deve essere quello di una volta e la cucina ovviamente quella della nonna che si sa, come cucinava lei nessuno al mondo: è certo, le donne al tempo quello dovevano fare, faccende domestiche e cucinare a go go. Insomma, l’agricoltura è il regno delle contraddizioni perché in pochi conoscono la sua grammatica e dunque ci sono parole in libertà e in pochi conoscono i reali strumenti usati in agricoltura, fate un test semplice: provate a chiedere la differenza tra zappa e vanga.
Proprio perché tanta è la confusione in cielo, figuratevi in terra, sarebbe importante che si vendesse (a prezzo popolare) un abbecedario per dummies agricoli, hai visto mai che un politico ne faccia buon uso.
Nel tentativo di scrivere le bozze di questo abbecedario, abbiamo sentito Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, la più antica e importante confederazione agricola, nonché vicepresidente del Comitato delle organizzazioni professionali agricole (Copa), di spiegarci alcune caratteristiche dell’agricoltura italiana, a cominciare dalle basi, per esempio quali sono i problemi reali che l’agricoltura italiana incontra? “In primo luogo, occorre evidenziare come l’agricoltura copra oltre il 60 per cento del territorio italiano tra campagne e boschi, ma in maniera estremamente frammentata, con aziende agricole per la maggior parte molto piccole e a conduzione familiare, con una scarsa tendenza all’aggregazione operativa per ammortizzare i costi e incrementare la produttività. Inoltre, le aziende agricole sono spesso gestite da imprenditori dall’età media avanzata e, pertanto, tendenzialmente meno propensi all’innovazione, rispetto a quelle condotte dai giovani, sempre più connesse e digitali. Quanto alle filiere agroalimentari, processi che vanno dalla produzione fino alla commercializzazione del prodotto, la loro ampia diversificazione rende molto difficile intervenire uniformemente a livello statale. Infine, tra le varie problematicità strutturali, deve essere ricordato come una costante crescita del settore sia costantemente accompagnata da una persistente carenza di manodopera”.
E se a questo quadro volessimo aggiungere il famoso carico da 90, e cioè il problema dell’energia e della guerra? “L’agricoltura è un settore particolarmente energivoro nei suoi processi produttivi e l’attuale situazione geopolitica non gioca a favore nella gestione dei consumi energetici; il conseguente aumento dei costi di produzione e la contestuale riduzione del potere di acquisto dei consumatori hanno inciso in maniera determinante sulla produttività agricola, che deve tuttavia mantenere livelli estremamente elevati per sopperire al deficit mondiale e garantire una sicurezza alimentare complessivamente solida, specie dopo la crisi del grano ucraino”.
Ora si studia l’abc per immaginare un futuro solido su cui lavorare; quello dell’agricoltura italiana, per esempio: “Vaste sono le potenzialità del settore: il gap energetico contemporaneo ha visto nell’agricoltura un formidabile investimento per la trasformazione del settore in uno dei principali produttori di energie rinnovabili, senza incidere minimamente sulla produzione agricola. Naturalmente, la transizione energetica ha dei costi particolarmente elevati e il Pnrr, con la sua pianificazione di lungo periodo, sta contribuendo in larga misura affinché ciò accada. Inoltre, l’agricoltura viene spesso posta sul banco degli accusati quando si parla di inquinamento atmosferico: al contrario, sia con la produzione di energia pulita, sia con i nuovi processi produttivi, riveste una parte fondamentale nell’abbattimento della presenza di CO2 nell’aria. Si pensi, per esempio, alle tecniche di sequestro del carbonio nel terreno, meglio conosciuto come carbon farming. Se invece si guarda all’apporto economico del settore esso ha una componente fondamentale sul pil italiano. Solo nel 2021, le esportazioni agroalimentari hanno raggiunto il record di 50 miliardi di euro di esportazione, mentre quest’anno si prospetta il superamento di 60 miliardi, nonostante le difficoltà del settore. Il vero problema riguarda l’importazione: l’Italia importa molto dall’estero, ma spesso per sopperire all’alta richiesta di prodotto da esportare, non si può infatti pensare che il territorio italiano riesca da solo a produrre tutto il grano necessario per esportare pasta in tutto il mondo. Se dunque l’importazione da un lato è necessaria per mantenere alti i livelli di esportazione, dall’altro vi è il rischio di creare dipendenze con il mercato estero per beni primari, tendenza che deve essere superata con un regime di autosufficienza, visto che oggi siamo al 75 per cento, per cui è necessario pianificare una strategia di rafforzamento della nostra capacità produttiva di almeno il 25 per cento”.
Per finire, che innovazioni sarebbero auspicabili? “La digitalizzazione del settore. Naturalmente per ottemperare a questo cambio di paradigma occorre investire nella diffusione della banda ultralarga in tutta Italia, garantendo alti livelli di formazione per l’imprenditore e la manodopera, che dovranno specializzarsi nei nuovi processi produttivi. Tra l’altro, a proposito di digitale, Confagricoltura ha sviluppato come principale sostegno per gli agricoltori “Hubfarm”, una piattaforma digitale sviluppata con Microsoft, motore del sistema, che aggrega le imprese agricole, gli sviluppatori, il mondo della ricerca, con l’agroindustria più avanzata e con partner tecnologici e player di altissimo livello. Per sopperire ai cambiamenti climatici in atto, come Confagricoltura sosteniamo da diversi anni gli investimenti nelle nuove tecniche genomiche: processi scientifici che modificano un segmento di Dna della coltura rendendola più resistente alle avversità senza incidere minimamente sulle sue qualità e proprietà organolettiche. Allo stesso modo stiamo investendo sulle più recenti tecniche di produzione sostenibile, come il vertical farming e le coltivazioni in serra, che pongono al riparo le colture dalle intemperie rendendo necessario contestualmente un minor dispendio di acqua, fertilizzanti e fitofarmaci per il loro regolare sviluppo.”.
Prima conclusione di questo abbecedario minimo? Viene meno la confusione sulla terra poi si può guardare al cielo senza inutili voli pindarici.