parla Rossini di MutuiSupermarket
Come si vive con i tassi al 3 per cento. Oggi nuovo rialzo della Bce
L'obiettivo è riportare l'inflazione vicino al 2 per cento. E il restringimento della politica monetaria non toccherà solo alle famiglie: per le imprese è previsto un aumento dei costi sui prestiti
L’inflazione ha superato il picco. O forse non lo ha superato ancora. Sono discordanti le previsioni alla vigilia del board della Bce che si riunirà oggi con all’ordine del giorno un nuovo aumento dei tassi d’interesse e l’avvio dell’alleggerimento del bilancio. Comunque vada, è sicuro che il costo del denaro sarà ancora più caro, poco cambia se di 50 punti base oppure di 75 a seconda da come saranno interpretate le ultime mosse della Fed. Quella di oggi è una tappa intermedia di un percorso che la Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde ha intrapreso per combattere l’inflazione nell’Eurozona e che dovrebbe portare il tasso ufficiale vicino al 3 per cento a giugno del 2023 (dal 2,05 per cento attuale).
È questa, infatti, l’aspettativa del mercato che si può desumere dall’andamento dei futures dell’Euribor sulla Borsa di Londra. Secondo queste stime, infatti, i tassi subiranno altri due incrementi nei prossimi sei mesi (oltre a quello di oggi) fino ad arrivare al 3 per cento. E nei tre-quattro anni successivi oscilleranno tra il 2,6 e il 3 per cento. Insomma, l’era del denaro che costa poco o nulla – durata sette-dieci anni – è davvero finita.
Ma che cosa vorrà dire nel concreto vivere con i tassi al 3 per cento? Il Foglio lo ha chiesto a Stefano Rossini, fondatore di MutuiSupermarket e di un osservatorio che insieme al sistema di rilevazioni creditizie Crif segue l’impatto degli aggiustamenti di politica monetaria sui prestiti per la casa. “Il mutuo tipico degli italiani è di 140 mila euro per una durata di 25 anni – comincia Rossini – se a marzo la rata mensile era di 500 euro, adesso è arrivata a 660 euro e a giugno del prossimo anno salirà a 740 euro, con un incremento secco di 240 euro. In un anno fanno circa 3 mila euro in più che peseranno sul budget delle famiglie”.
Non ci vuole molto a immaginare che l’effetto della manovra restrittiva della Bce sarà una contrazione della domanda di consumi in seguito alla quale i prezzi cominceranno a scendere, come del resto è appena successo in America. Il che è esattamente quello che la Banca centrale vuole per tentare di riportare l’inflazione vicino all’obiettivo del 2 per cento. Se questo porterà una recessione più morbida o più dura è oggetto di dibattito tra economisti divisi tra scettici, i quali vedono un pil addirittura in calo per il prossimo anno, e gli ottimisti, più propensi a pensare che la crescita economica dell’Italia superiore alle attese nel 2022 possa riflettersi positivamente per buona parte del 2023. “A ogni modo per le famiglie sarà dura sopportare i rincari delle rate dei mutui ed è per questo che in tanti approfitteranno della finestra di mercato che si sta aprendo per passare con una surroga ai mutui al tasso fisso, in modo da proteggersi da futuri rincari”, prosegue Rossini.
Il paradosso è che mentre l’Euribor, riferimento per i finanziamenti a tasso variabile, è in evidente ascesa perché fortemente ancorato alle decisioni della Bce, l’Eurirs, base di calcolo per i mutui a tasso fisso, ha insolitamente imboccato la discesa poiché riflette le aspettative sui tassi per un periodo molto più lungo (10-15 anni). Il restringimento della politica monetaria non toccherà solo le famiglie. Ci sarà un aggravio dei costi sui prestiti alle imprese pari a 15 miliardi tra gli aumenti dei tassi di quest’anno e quelli previsti per il prossimo.
A dirlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre secondo cui le regioni più penalizzate saranno quelle dove sono maggiormente concentrate le attività produttive che si avvalgono dell’aiuto degli istituti di credito, vale a dire Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. Anche se, proprio la prospettiva di un costo del denaro sempre più caro sta spingendo le aziende a procurarsi la liquidità attraverso altri canali (minibond, private equity e crowdfunding) come risulta dall’ultimo rapporto del Politecnico di Milano sulla finanza alternativa.
In conclusione, vivere con i tassi al 3 per cento sarà inevitabile, almeno fino a quando l’inflazione sarà al 10,6 per cento nell’Eurozona e all’11,8 in Italia per effetto soprattutto dello choc energetico dovuto alla guerra in Ucraina. Come ha rilevato di recente il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, l’onere dello choc energetico è “ineludibile”, come lo fu negli anni Settanta la “tassa dello Sceicco”. Al governo il compito di redistribuirne il peso tra cittadini e imprese.