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nel mediterraneo orientale

Eni ha scoperto altro gas a Cipro, ma serve un piano per portarlo in Europa

Maria Carla Sicilia

Il Mediterraneo orientale si conferma una regione ricca di metano. È ora di decidere su EstMed. L'alternativa del Gnl e le scelte che attendono Bruxelles: è meglio un matrimonio o un fidanzamento con i prossimi fornitori di energia? 

Una nuova scoperta di gas annunciata da Eni al largo delle coste di Cipro conferma il valore strategico del Mediterraneo orientale, ancora poco collegato con l’Europa dal punto di vista energetico. Ora che la Russia non è più un partner commerciale dell’Unione europea, la regione è destinata ad assumere una nuova centralità geopolitica, ma Bruxelles deve decidere che tipo di relazione impostare con i questi nuovi potenziali fornitori.

Secondo le stime del Cane a sei zampe i volumi di gas individuati nel pozzo Zeus-1 non sono inferiori a 56 miliardi di metri cubi, ma potrebbero arrivare fino a 85 miliardi: per avere un termine di confronto, l’Italia nel 2021 ne ha consumati 76,1. Zeus è solo l’ultima delle scoperte fatte da Eni con le sue attività di ricerca condotte nel blocco 6, una delle zone in concessione alla compagnia italiana, che lavora in partnership con la francese Total. Lo scorso agosto è stato individuato il giacimento Cronos, da cui Eni si aspetta di estrarre più di 70 miliardi di metri cubi di gas, mentre nel 2018 è stato scoperto Calypso, un’altra promettente riserva di cui non sono mai state rese note stime sui potenziali volumi. 

I pozzi operati da Eni nel blocco 6 non sono gli unici a custodire grandi quantità di metano in quell’area del Mediterraneo. Sempre nell’offshore cipriota c’è Aphrodite, mentre al largo delle coste egiziane c’è Zohr, uno dei più grandi giacimenti mai scoperti dall’azienda guidata da Claudio Descalzi. Nel mare israeliano sono invece in produzione Leviathan, che ha riserve stimate per circa 600 miliardi di metri cubi di gas ed è in mano all’americana Noble Energy, e Tamar, controllato da Chevron, che ha da poco annunciato un nuovo investimento per aumentarne la produzione. Per un continente come l’Europa – che dall’inizio del conflitto in Ucraina ha deciso di rinunciare a 155 miliardi di metri cubi di metano per spezzare la dipendenza energetica da Vladimir Putin – questi campi di gas sono come acqua nel deserto. Ma senza infrastrutture di collegamento restano solo un miraggio. 

Da anni i paesi del Mediterraneo discutono della fattibilità di EastMed, un gasdotto di 1.900 chilometri che potrebbe congiungere le reti di Grecia, Cipro, Israele e Turchia con l’Italia e dunque con l’Europa, trasportando fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso le coste pugliesi di Otranto, passando per il gasdotto Poseidon. L’opera ha il benestare della Commissione europea, che l’ha inserita nell’elenco dei progetti di interesse comune e nel piano REPowerEU, e all’indomani della guerra in Ucraina anche gli Stati Uniti hanno aperto alla sua realizzazione. Dal 2020 esiste anche un’organizzazione internazionale per favorire i colloqui tra i paesi coinvolti, l’East Mediterranean Gas Forum, che riunisce a un unico tavolo Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania e l’Autorità nazionale palestinese. Il contesto geopolitico della regione infatti è tutt’altro che semplice, con la Turchia che rivendica i diritti esplorativi di buona parte delle acque orientali di Cipro. Ma questo è solo uno dei problemi che tiene lontano il gas del Mediterraneo orientale dalla nostra rete.

I dubbi sull’opera, espressi anche da Eni che avrebbe tutto l’interesse a creare un ponte tra i suoi giacimenti e l’Europa, riguardano la complessità tecnica del progetto e gli investimenti necessari per realizzarlo: senza una forte spinta politica e nuovi finanziamenti pubblici difficilmente si faranno passi avanti. L’alternativa per non lasciare isolata la regione è investire in nuovi terminali di liquefazione da affiancare a quelli che già esistono in Egitto per trasformare il metano in Gnl, ampliando dall’altra parte del Mediterraneo la capacità di rigassificazione. Con una metafora efficace che paragona le infrastrutture alle relazioni d’amore, gli esperti del settore energy dicono che il gas trasportato via tubo è come un matrimonio fra i paesi d’origine e d’approdo. Se le commodity viaggiano via nave è più facile evitare divorzi e la relazione commerciale assomiglia più a un fidanzamento. Dopo il divorzio con la Russia è ora che l’Unione europea decida come impostare le prossime relazioni in materia di energia. Nessuna soluzione sarà immediata e il prossimo inverno si prospetta più complicato di quello in corso. 
 

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.