Foto di Christian Chavez, AP Photo, via LaPresse 

demografia

Facciamocene una ragione: in futuro la crescita sarà garantita solo dagli immigrati

Roberto Volpi

La revisione mondiale della Population Division dell'Onu. In 20 anni (fino al 2020) la popolazione ad alto reddito è cresciuta di 80,5 milioni grazie ai movimenti migratori. L'occidente dovrà comportarsi di conseguenza

Facciamocene una ragione – governi e istituzioni, forze politiche e classi dirigenti, fino alle stesse opinioni pubbliche: l’ultima revisione della popolazione mondiale da parte della Population Division dell’Onu ha messo nero su bianco, e convenientemente sottolineato, che “nelle prossime decadi le migrazioni internazionali rappresenteranno il solo volano della crescita demografica nei paesi ad alto reddito”.

 

Non semplicemente un apporto, un aiuto, una medicina per le claudicanti popolazioni delle società occidentali (giacché in pratica è soltanto l’occidente a essere “ad alto reddito”), ma il solo volano della crescita, la sola possibile soluzione del problema demografico – almeno, s’intende, per quelle società occidentali che capiranno l’antifona e si organizzeranno per programmare, accogliere, inserire e integrare flussi di migranti indispensabili alla loro vita produttiva e riproduttiva.

 

La Population Division ragiona sui dati e i dati non sono disputabili: dal 2000 al 2020 l’aumento della popolazione dei paesi ad alto reddito è stato per 80,5 milioni determinato dai movimenti migratori e per 66,2 milioni dalla differenza tra nati e morti. Ma mentre i movimenti migratori non conosceranno declini, non almeno per molto tempo, la differenza tra nati e morti si ridurrà fino a diventare negativa – com’è in Italia già da tanti anni. In conseguenza dei bassi livelli delle nascite degli anni trascorsi si avranno infatti meno donne che entrano nell’età feconda di quante escono da quell’età, cosicché il motore delle nascite nei paesi ad alto reddito considerati nel loro complesso è destinato a indebolirsi ancora a lungo.

 

I movimenti migratori intercontinentali seguiranno un’unica direzione, come già succede da decenni: dall’Asia e dall’Africa all’America del nord, all’Europa (con l’eccezione dell’est Europa), all’Australia fino al Giappone. Tra i dieci paesi che nel periodo 2000-2020 hanno registrato un saldo netto di migranti in uscita superiore al milione di persone è possibile   distinguere quelli in cui questo saldo è dovuto principalmente a un eccesso di forze di lavoro e generalmente produttive/riproduttive (Pakistan, India, Bangladesh) da quelli in cui ciò succede principalmente a causa degli alti livelli di insicurezza e conflittualità (Siria, Venezuela, Myanmar). Si tratta di una distinzione destinata a tenere anche in futuro, stante sia l’aumento, sia pure a un passo sempre più ridotto, della popolazione mondiale che il manifestarsi e il perdurare di sempre nuovi conflitti regionali sulla scena mondiale.

 

Ma l’univocità della direzione dei movimenti migratori intercontinentali, oltre a rappresentare la leva demografica della quale si avvarranno, ci auguriamo in modo al tempo stesso aperto e accorto, i paesi occidentali, suggerisce un paio di considerazioni oltremodo interessanti, anche e proprio alla luce di certe correnti culturali che segnatamente nell’ultima dozzina di anni si sono accollate la mission, sembrerebbe, di processare, in blocco o quasi, la storia e la cultura dell’occidente. Dovrebbe infatti far riflettere, prima considerazione, il fatto che i flussi migratori cercano invariabilmente l’approdo in paesi a economia capitalistica e mercato libero, nonché di consolidata vita democratica e ampiezza di diritti umani. E che ciò succede, seconda considerazione, pur in un mondo ch’è già pienamente un mondo multipolare in cui il dominio economico, tecnologico e culturale degli Stati Uniti che ha improntato di sé il XX secolo è chiamato a misurarsi con l’emergere e il consolidarsi di altre potenze su scala planetaria, prima tra tutte quella cinese.

 

Ai ritmi dei primi venti anni arriveremmo alla fine di questo secolo con 400 milioni di saldo netto del movimento migratorio a favore dei paesi occidentali: 400 milioni di persone che hanno preso la via dell’occidente provenendo dai quattro angoli della terra: i più sovraffollati, i più instabili, i più pericolosi. Potrebbero essere di meno o, più improbabilmente, perfino di più. Ma 50 milioni in più o in meno non cambiano la portata della cifra e del fenomeno: quanti cercano la salvezza o una vita migliore o la speranza di una vita piena e soddisfacente guardano all’occidente e dell’occidente americano ed europeo prendono la via. Se pure si trattasse di una pura questione di prospettive economiche e materiali resterebbe il dato di fatto che è nei paesi occidentali che quei 400 milioni di persone pensano che sia possibile raggiungerle. Non in altri. Fuori dall’occidente i flussi migratori intercontinentali non conoscono approdi.

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